Medicina e ricerca

Una carta per le cure palliative pediatriche.In Italia sono 35mila i piccoli inguaribili

di Franca Benini ( responsabile Centro Cure palliative - hospice pediatrico di Padova)

Oggi 20 milioni di bambini al mondo hanno una malattia cronica inguaribile, ma molto spesso, per motivi culturali o economici, soffrono inutilmente perché non possono accedere ad antidolorifici e analgesici in grado di alleviare il dolore. È questo il tema del workshop internazionale «Le Cure palliative pediatriche e la voce delle religioni», organizzato dalla Fondazione Maruzza Lefebvre D’Ovidio, per il varo di una Carta comune sulle cure palliative pediatriche. L’evento si è svolto nella sede della Pontificia Accademia Pro Vita.

In questa occasione per la prima volta, i più importanti esperti a livello mondiale si sono incontrati con rappresentanti e teologi delle principali fedi per stilare un documento condiviso che rafforzi il ruolo delle cure palliative pediatriche. La giornata, , si è svolta con un lavoro in contemporanea di quattro tavoli tematici. Al primo hanno partecipato luminari ed esperti di medicina palliativa provenienti da tutto il mondo che si sono misurati sugli aspetti tecnici. Al secondo i rappresentanti delle istituzioni e gli esponenti di organizzazioni internazionali per i diritti umani, tema del loro confronto. Nel terzo si è parlato di spiritualità e religione con importanti esponenti di differenti culti. Il quarto tavolo, infine, ha analizzato la prospettiva di pazienti e famiglie con testimonianze dirette che hanno dato il senso più immediato della funzione fondamentale delle cure palliative pediatriche.

Franca Benini: In Italia più di 35mila bambini hanno bisogno di cure palliative

L’obiettivo del tavolo tecnico è di definire un consenso condiviso sui principi fondanti delle cure palliative pediatriche, sulle priorità assistenziali e su come tali priorità debbano essere definite “Cure palliative”. Tutti concetti che messi insieme fanno paura. Non se ne parla facilmente e nella maggior parte dei casi si subiscono quando non si possono evitare. Se poi a “cure palliative” si aggiunge anche l’aggettivo pediatriche, il tutto diventa inaccettabile, impossibile e la paura diventa facilmente rifiuto e negazione.

Ma la realtà dei fatti con cui quotidianamente ci confrontiamo, ci porta sempre più ad affrontare il problema delle cure palliative pediatriche (Cpp) e chiede sempre più frequentemente un ampio confronto, non soltanto fra gli operatori della salute, sul senso profondo di queste parole, sul vero significato e sul ruolo di questa parte della medicina.

Di che cosa si occupano le Cpp e a quali bambini sono rivolte?
Le Cpp sono quella parte della medicina pediatrica che in maniera specifica si occupa dei bambini che soffrono di una malattia inguaribile, una malattia per la quale non esiste possibilità di guarigione. Bambini che, spesso in maniera contraria alle aspettative e al percepito comune, sono in costante incremento come numerosità e gravità: il progresso medico e tecnologico ha di fatto ridotto la mortalità neonatale e pediatrica, ma nello stesso tempo ha aumentato la sopravvivenza di bambini portatori di malattia grave e potenzialmente letale.

Si stima che nel mondo vi siano più di 20 milioni di bambini eleggibili alle Cpp; negli Stati Uniti sono più di 500.000 i bambini che ogni anno sviluppano e/o nascono con patologie inguaribili. In Italia sono più di 35mila.

Si è creata pertanto una nuova tipologia di pazienti pediatrici con necessità di assistenza e cura peculiari, complessi nella gestione e che richiedono risposte competenti, continue, multispecialistiche e costantemente contestualizzate al variare della situazione e dell’età.

Per questi pazienti l’obiettivo prioritario della cura è la vita, la sua qualità, la possibilità, pur nella malattia, di continuare ad essere un bambino, che cosciente dei limiti invalicabili che la malattia impone, continua a fare quelle esperienze e ad avere quelle relazioni, azioni, desideri e pensieri possibili, che lo fanno sentire tale.

L’obiettivo di cura è e deve essere la salute del bambino
Salute intesa nell’accezione vera e globale del termine e non limitata al controllo di un sintomo o al recupero della funzione di un organo o di un sistema indipendentemente dalla globalità dell’essere “persona fisica, psichica e sociale” di cui quel sintomo, quell’organo e sistema rappresentano solo una parte.

E queste sono le Cpp. L’Oms le definisce come l’attiva presa in carico globale del corpo, della mente e dello spirito del bambino e della sua famiglia. Queste cure devono iniziare al momento della diagnosi e il domicilio è il luogo ideale incui devono essere erogate.

Non è certo un ambito semplice d’intervento e talvolta portare quanto le definizioni propongono nella realtà clinica, sociale, culturale e familiare dove la vita vive e la morte può avvenire pone non pochi problemi: non sempre infatti vi è una risposta assoluta e univoca in grado di motivare e giustificare decisioni e azioni.

Diverse sono le motivazioni di questa difficoltà: l’estrema complessità delle situazioni e le peculiarità di approccio e relazione con un paziente-bambino, la necessità di risposte individualizzate e contestualizzate che devono tener conto di ambiti diversi come quelli culturali, sociali, etici, spirituali e religiosi, che interagiscono e modulano tutti i bisogni e condizionano l’efficacia degli interventi e l’accettazione delle decisioni e delle risposte assistenziali proposte.

La condivisione, il confronto sulla base dei dati della letteratura e dell’esperienza, il lavoro di equipe, la comunicazione continua, il riconoscimento dei ruoli innegabili e basilari di bambino e famiglia, la professionalità degli operatori sono gli strumenti essenziali di lavoro di questa parte della medicina. In quest’ottica, si è deciso di riunire attorno a un tavolo i maggiori esperti al mondo di Cpp per cercare di focalizzare e definire i principi fondanti e indiscussi delle Cpp, i punti fermi a cui fare riferimento in ogni momento, in ogni situazione, in ogni luogo e per ogni bambino indipendentemente dalla sua età e alla malattia in causa, principi che possano guidare le decisioni e le scelte assistenziali trasversalmente alle culture, al credo religioso e alle risorse disponibili.

È un compito di analisi, un tentativo di riportare alla concretezza le risposte, non solo cliniche, al problema dell’inguaribilità, il tentativo di focalizzare l’attenzione di tutti sui diritti incontestabili e imprescindibili della persona bambino al rispetto e alla dignità della vita in tutte le sue fasi. È il riproporre il concetto della “medicina della persona”, come lo era in passato, arricchita certamente di tutte le conoscenze e competenze acquisite in questi anni, ma arricchita anche nella definizione realistica dei suoi limiti e nelle sue possibilità. È la medicina che ripropone una nuova definizione del termine “successo”, non più legata alla sola possibilità di portare il piccolo paziente alla guarigione (sarebbe per questi bambini sempre e solo un insuccesso), ma focalizzata e centrata alla cura alla persona, con tutti i suoi problemi, desideri, aspettative, paure, relazioni ed emozioni. Tutto ciò, perché finalmente le Cpp diventino non solo delle parole scomode, ma un obiettivo dovuto di salute e civiltà


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