Lavoro e professione
Welfare: Itinerari previdenziali, Irpef non copre sanità e assistenza, cercare soluzioni nuove
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“Il 75,8% degli italiani dichiara redditi fino a 29mila euro, corrispondendo solo il 24,43% di tutta l’Irpef, un’imposta neppure sufficiente a coprire la spesa per sanità e assistenza. I numeri migliorano ma meno di quanto la crescita del Pil e dell’occupazione lascerebbero auspicare e, soprattutto, meno di quanto richiederebbe la sostenibilita’ del nostro welfare”. È il quadro delineato dal Centro studi e ricerche Itinerari previdenziali con l’undicesimo Osservatorio sulle entrate fiscali e sul finanziamento del welfare, relativo ai redditi 2022, realizzato in collaborazione con Cida e presentato alla Camera nel corso del convegno ’Il difficile finanziamento del welfare italiano’.
Per il presidente del Centro studi, Alberto Brambilla, «è dunque il momento di lavorare, in ambito fiscale, su soluzioni nuove, concretamente calate sulla realtà del Paese. Se il contrasto di interessi tra clienti e fornitori diretti di beni e servizi potrebbe rivelarsi un ottimo modo per favorire l’emersione e al tempo stesso agevolare le finanze delle famiglie italiane, un maggiore sviluppo del welfare aziendale, insieme alla detassazione di premi, aumenti salariali e straordinari, potrebbe essere la giusta via per ridurre il cosiddetto cuneo fiscale-contributivo a carico dei lavoratori dipendenti in modo equo e sostenibile per le finanze dello Stato. Certamente, più della decontribuzione, che negli ultimi 3 anni ha portato a un mancato gettito nelle casse Inps pari ad almeno 66 miliardi».
In particolare, il totale dei redditi prodotti nel 2022 e dichiarati nel 2023 ai fini Irpef, evidenzia l’Osservatorio, è ammontato a 970 miliardi, per un gettito Irpef generato, al netto di trattamenti integrativi e detrazioni, di 189,31 miliardi (in aumento del 6,3% rispetto all’anno precedente ma inferiore alla crescita del Pil nominale (+7,7%), con una crescita sia dei dichiaranti, sia dei contribuenti versanti. Quello che emerge, si legge nel rapporto, ’sembrerebbe un quadro in apparenza positivo se non fosse che, dati alla mano, resta sostanzialmente invariata la quota di contribuenti che effettivamente sostiene il Paese con tasse e contributi, e di contro troppo alta quella di cittadini totalmente o parzialmente a carico della collettività: malgrado il miglioramento Pil e occupazione, il 45,16% degli italiani non ha redditi e di conseguenza vive a carico di qualcuno. Su 42 milioni di dichiaranti, poi, il 75,57% dell’intera Irpef è pagato da circa 10 milioni di contribuenti, mentre i restanti 32 ne pagano solo il 24,43%. Mentre nello stesso periodo di rilevazione sono stati necessari 131 miliardi per la spesa sanitaria, oltre 157 per l’assistenza sociale e altri circa 13 miliardi per il welfare degli Enti locali. Un conto totale che supera i 300 miliardi che, in assenza di tasse di scopo, come, ad esempio accade, si evidenzia, per le pensioni che sono in attivo al netto dell’Irpef, viene finanziato attingendo fiscalità generale.
«In Italia - commenta il presidente della Confederazione italiana dei dirigenti e delle alte professionalità, Stefano Cuzzilla - vale il principio che maggiore è il contributo fiscale, minori sono i servizi pubblici di ritorno. Quindi chi guadagna, ad esempio, dai 55.000 euro in su (oggi poco più del 5% del totale) si fa carico da solo di circa il 42% del gettito fiscale e non riceve nulla in cambio. A peggiorare il quadro arriva la nuova Manovra, con tagli ai massimali delle detrazioni a partire dai 75.000 euro».
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