Lavoro e professione

Finanziamento del Ssn, i confini entro cui candidare le donazioni a sostenere gli stipendi dei medici

di Stefano Simonetti

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24 Esclusivo per Sanità24

Le regole del finanziamento del Ssn sono state disegnate dal Dlgs 56/2000 che ha previsto un sistema di finanziamento della Sanità pubblica basato sulla capacità fiscale regionale, anche se corretto da adeguate misure perequative, stabilendo che al finanziamento stesso concorrano l’Irap, l’addizionale regionale all’Irpef e la compartecipazione all’Iva. Il fabbisogno sanitario nazionale standard è pertanto finanziato dalle seguenti fonti:
• entrate proprie delle aziende ed enti del Ssn : compartecipazione alla spesa (il cosiddetto ticket), ricavi per prestazioni sanitarie rese a terzi o derivanti dall’attività intramoenia dei propri dipendenti, sponsorizzazioni, vendita di prestazioni aggiuntive, altri ricavi e proventi strordinari;
• fiscalità generale delle Regioni: Irap (nella componente di gettito destinata alla sanità) e addizionale regionale all’Irpef;
• compartecipazione delle Regioni a Statuto speciale e delle Province autonome di Trento e di Bolzano: tali enti infatti compartecipano al finanziamento sanitario fino a concorrenza del fabbisogno non soddisfatto dalle fonti di cui ai precedenti punti, tranne la Regione siciliana, per la quale l’aliquota di compartecipazione è fissata dal 2009;
• bilancio dello Stato: finanzia il fabbisogno sanitario non coperto dalle altre fonti di finanziamento.
Tra le entrate proprie di cui al primo punto rientrano anche le donazioni, strumento di finanziamento molto particolare che ha avuto un momento di grande importanza nel 2020 all’esplodere della pandemia con l’art. 99, comma 5, del Dl 18/2020. Da sempre la Sanità, pubblica e privata, costituisce un destinatario elettivo della liberalità, anche se naturalmente le situazioni sono abbastanza differenziate a livello geografico ma anche tra aziende sanitarie territoriali e aziende ospedaliero-universitarie per la peculiare attività assistenziale svolte dalle seconde. Anche rispetto alle patologie o discipline si rilevano distinzioni e, come è naturale, sono più numerose le donazioni finalizzate a studi o interventi nei reparti dove si curano le malattie più delicate o i soggetti più fragili. Non va dimenticata, a tale ultimo proposito, la particolare situazione degli ospedali pediatrici che, per la sensibilità tutta propria nei riguardi degli assistiti, raccolgono importanti importi in donazione: senza pretesa di esaustività si citano il Gaslini di Genova, il Meyer di Firenze, il Buzzi di Milano, il Regina Margherita di Torino, il Burlo di Trieste, il Santobono di Napoli. L’entità del fenomeno è difficile da quantificare a livello nazionale ma, operando per simulazioni, si può prendere ad esempio una azienda ospedaliero-universitaria di medio-grandi dimensioni che nel 2023 ha contabilizzato 182.000 euro di donazioni per complessivi 46 atti. Gli importi passano da un minimo di 70 euro a un massimo di 26.000 e riguardano quasi sempre beni mobili specifici.
Le aziende e gli enti del Ssn possono ricevere da singoli privati, comitati, associazioni e da soggetti economici (aziende, fondazioni bancarie, altri enti) denaro, titoli, immobilizzazioni strumentali e non strumentali, in seguito ad atti di liberalità (donazioni, legati ed eredità, 5 per mille dell’Irpef). Queste operazioni possono ricomprendersi negli scenari del fundraising e crowfunding – quaranta anni fa si sarebbe parlato di beneficienza e collette – a seconda che si tratti di iniziative individuali o coordinate da gruppi. Una categoria molto diffusa di liberalità è quella che riguarda i dispositivi e gli elettromedicali e le attrezzature in generale. Tutte le aziende sanitarie hanno un proprio Regolamento per disciplinare la materia che è particolarmente delicata in alcuni aspetti quali i comodati d’uso da parte delle ditte e la formale accettazione che necessita di una puntuale verifica di taluni aspetti che possano garantire la piena “spontaneità” della donazione. Le erogazioni liberali possono essere classificate sulla base della presenza o meno di vincoli rispetto all’utilizzo delle risorse trasferite e, più in particolare, sulla finalizzazione all’acquisto di immobilizzazioni strumentali. Si considerano vincolate le donazioni e i lasciti il cui mancato utilizzo, secondo le modalità prestabilite, comporti la possibile revoca delle donazioni e dei lasciti stessi. Sono altresì vincolate donazioni e lasciti che nell’atto di origine del donatore non presentano vincoli di destinazione, ma che nell’atto di accettazione vengono vincolate dall’azienda. Donazioni e lasciti vincolati sono iscrivibili in bilancio al momento dell’esistenza di un atto formale di liberalità (atto notarile, testamento, ecc.). Le donazioni e i lasciti in denaro vincolati a investimenti vengono trattati dall’azienda in analogia con i contributi in conto capitale da Regione, fatti salvi gli specifici conti di credito e di patrimonio netto da utilizzare. Laddove, anziché una somma di denaro da destinare a investimento, all’azienda sia direttamente conferito o donato un cespite, il valore del cespite stesso è trattato in analogia con i contributi in conto capitale da Regione, fatti salvi gli specifici conti da utilizzare (dovranno pertanto essere contabilizzate rilevando il controvalore dell’immobilizzazione nell’apposita posta del patrimonio netto). Le donazioni e i lasciti in denaro non vincolati ad investimenti devono invece considerarsi sempre proventi straordinari. Pertanto l’azienda può ricevere denaro vincolato ad investimenti o direttamente cespiti.
I Regolamenti aziendali prevedono molte fattispecie con le relative puntuali procedure di accettazione e contabilizzazione, ma non ho notizia di norme regolamentari specifiche riguardo alla possibilità di finalizzare le donazioni – ovviamente in denaro – a strumenti premianti o incentivanti per il personale.
In altre parole, la domanda che spesso si pongono le Direzioni strategiche e gli uffici aziendali è se le donazioni possano rientrare fra le somme per l’ incremento dei fondi di risultato e produttività di cui all’art. 43 della legge 449/97, riferimento legislativo presente in tutti e tre i contratti collettivi.

Questo il dettaglio di tali clausole, peraltro identiche:art. 103 del Ccnl del Comparto del Ssn del 2.11.2022
6 . Il Fondo di cui al presente articolo può essere incrementato, con importi variabili di anno in anno:…….
b) delle risorse derivanti dall’applicazione dell’articolo 43 della legge n. 449/1997;art. 95 del CCNL dell’Area Sanità del 19.12.2019 - NON DISAPPLICATO
4. Il Fondo di cui al presente articolo può essere incrementato, con importi variabili di anno in anno:……d) delle risorse derivanti dall’applicazione dell’articolo 43 della legge n. 449/1997;art. 91 del CCNL dell’Area Funzioni locali del 17.12.2020 - NON DISAPPLICATO
4. Il Fondo di cui al presente articolo può essere incrementato, con importi che potranno risultare variabili di anno in anno:
…….d) delle risorse derivanti dall’applicazione dell’articolo 43 della legge n. 449/1997;La più volte citata legge 449/1997, all’art. 43 reca la rubrica “Contratti di sponsorizzazione ed accordi di collaborazione, convenzioni con soggetti pubblici o privati, contributi dell’utenza per i servizi pubblici non essenziali e misure di incentivazione della produttività”.

A un primo approccio, direi che alla domanda di cui sopra si dovrebbe rispondere negativamente perché, in termini formali e rigorosi, la fattispecie “donazioni” non è ricompresa nell’art. 43 in questione e credo che la maggioranza dei collegi sindacali ragioni in questo modo. In tutti e tre i vigenti contratti collettivi vengono elencate alcune modalità di incremento dei fondi che si fondano sullo stato delle cose negli anni 2018-2022 e su norme legislative obsolete (quella dell’art. 43 in questione è di 27 anni fa !). Ad esempio, e a valere per tutte e tre i contratti, si ricordano le lettere b), c) e d) del quinto comma l’art. 103 del Ccnl del 2.11.2022.
Non c’è però una sola clausola contrattuale che consenta espressamente di incrementare i fondi del comparto e delle aree dirigenziali con importi derivanti da donazioni. Tuttavia, se si ragiona in un contesto più ampio e si tiene conto di molti fattori congiunturali, si potrebbe arrivare alla conclusione che le somme di danaro donate alle aziende possono – magari in parte - confluire nei fondi di risultato del personale. Lo spunto motivazionale da cui partire è che sono risorse eterofinanziate le quali, quindi, non incidendo sul bilancio, consentono di superare una presunta iniziale declaratoria di illiceità, oltre alla coerenza con il vincolo dell’art. 23, comma 2, del d.lgs. 75/2017, anche alla luce dell’importante principio di diritto espresso dalla Corte dei Conti, sezione delle Autonomie, con la deliberazione n. 17 del 30.9.2024, concernente la neutralità degli stanziamenti per il welfare integrativo rispetto al vincolo finanziario sopra ricordato.
Esistono altre situazioni in cui è possibile (e viene diffusamente seguita tale prassi) incrementare i fondi di risultato con importi che non rientrano esplicitamente nelle tre fattispecie indicate nei contratti collettivi: si possono ricordare le sanzioni introitati dei Dipartimenti della prevenzione e una quota parte delle propine incassate per le spese legali cui viene condannata la controparte soccombente.
A voler essere positivi, vista anche la evidente non attualità dell’art. 43, si potrebbe arrivare a ricomprendere l’istituto giuridico della donazione nell’ambito del concetto di “contratti di sponsorizzazione e accordi di collaborazione, convenzioni”, con i quali ha in comune, in ogni caso, la forma contrattuale e la neutralità rispetto al bilancio aziendale.
Esiste un precedente importante che risale ai primi mesi della pandemia ed è il ricordato l’art. 99, comma 5, del Dl 18/2020. L’operazione era collegata alla durata dello stato di emergenza e, dunque, almeno con quella causale normativa, non può più essere utilizzata. Ma il principio fondante, a mio parere, rimane in piedi perché anche in questo momento storico siamo in presenza di una situazione di assoluta criticità che potrebbe giustificare - come quattro anni fa - interventi di natura congiunturale.
Il fatto che ci si trovi in una profonda crisi è sotto gli occhi di tutti e basterebbe ricordate che fra due mesi scadono i contratti triennali le cui trattative non sono ancora iniziate per la dirigenza mentre per il comparto si fanno continui rinvii perché non esistono in alcun modo le condizioni per pervenire alla stipula. Si vuole dire che la odierna contingenza può essere assimilata a quella della pandemia - se non giuridicamente, senz’altro sul piano politico e sindacale - e poter fruire di risorse extra contrattuali sarebbe una piccola, ma significativa azione di supporto ai livelli retributivi del personale senza gravare sui bilanci.
È chiaro che l’operazione resta condizionata da alcuni passaggi:
• la donazione è un contratto “tipico”, ovvero espressamente disciplinato dagli artt. 769 e segg. del codice civile, e l’art. 782, salvo che per le donazioni di modico valore, ne richiede la forma scritta per atto pubblico. Poichè la forma scritta richiesta dalla norma è un elemento essenziale del negozio, in mancanza l’atto è giuridicamente nullo;
• la donazione può prevedere una condizione, come nel caso della donazione modale di cui all’art. 793 del codice civile. Se invece l’importo è “libero”, l’azienda decide direttamente la finalizzazione. A tale proposito potrebbe essere strategicamente importante “indirizzare” il donatore verso premi per il personale vincolando in tal modo l’utilizzo e semplificando le scelte strategiche aziendali. Alcuni anni fa una azienda sanitaria friulana ebbe una donazione di 100.000 € da una banca locale e negoziò la specifica indicazione che l’importo doveva essere destinato ad incentivazione del personale, rispettando peraltro la volontà del donatore;
• se la donazione risulta libera da vincoli, la discrezionalità è completa. Ad esempio, nel Regolamento di una azienda sanitaria toscana si legge: “Chi farà una donazione in denaro, quindi, contribuirà al funzionamento dei servizi sanitari e assistenziali erogati dall’Asl e sarà l’Azienda stessa a individuare le necessità e le priorità a cui destinarle per rispondere ai bisogni di salute dei cittadini”. E nel Regolamento di una azienda lombarda: “È possibile destinare le donazioni a specifiche progettualità ovvero ad obiettivi di ricerca. In mancanza di tale espressa destinazione, l’Asst destinerà la donazione come meglio ritenuto”;
• necessità di una corretta gestione contabile delle somme ricevute, secondo i Principi contabili ex Dlgs 118/2011 e la numerosa pareristica della Corte dei conti. Il principio contabile applicato concernente la contabilità economico patrimoniale - allegato n. 4/3 al punto 4.28 - testualmente recita “Trovano allocazione in questa voce i maggiori crediti derivanti dal riaccertamento dei residui attivi effettuato nell’esercizio considerato e le altre variazioni positive del patrimonio non derivanti dal conto del bilancio, quali ad esempio, donazioni, acquisizioni gratuite, rettifiche positive per errori di rilevazione e valutazione nei precedenti esercizi”. Forse è opportuna una contabilità separata che assicuri la completa tracciabilità e trasparenza, come fu per l’emergenza sanitaria.


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