Lavoro e professione

Relazioni sindacali e lavoro straordinario i nodi da sciogliere per la chiusura del contratto Area Sanità

di Stefano Simonetti

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24 Esclusivo per Sanità24

Come sanno bene tutti i diretti interessati e gli addetti ai lavori, proseguono serrate presso l'Aran le trattative per il rinnovo del contratto collettivo dell'Area della Sanità. Per il mese di luglio sono stati programmati almeno quattro incontri - il prossimo sarà il 17 luglio - ma è molto probabile che saranno più numerosi. A parte la ovvia volontà di ambedue le controparti di chiudere finalmente un contratto scaduto già da ben 19 mesi, si deve anche tenere conto che il Presidente dell'Aran finirà nel mese prossimo il proprio mandato quadriennale ed è plausibile che voglia concludere con un'altra chiusura - sebbene soltanto sotto forma di Pre intesa - dopo la firma dell'Area delle Funzioni centrali avvenuta il 25 maggio scorso. La parte strettamente economica non è negoziabile perché la percentuale di incremento, pari al 3,78% oltre ad uno 0,22% per il recupero dell’accessorio, è da ritenere blindata e gli stessi sindacati hanno consapevolmente dirottato la trattativa su altre tematiche. Al di là di molti aspetti minori di dettaglio, la chiusura del contratto è condizionata da due fondamentali nodi: il sistema delle relazioni sindacali in relazione alla rappresentatività periferica e la questione del lavoro straordinario. Su questi due aspetti può forse essere utile fornire alcune osservazioni oggettive al fine di una migliore e più completa comprensione dei termini della trattativa. Cercherò di non entrare nel merito di quanto abbiamo letto nel testo fornito dall'Agenzia lo scorso 4 luglio, ma di contestualizzare piuttosto i suddetti aspetti alla luce dei principi generali del nostro ordinamento giuridico e nel loro confronto sia con i contratti pregressi, sia con il Ccnl del comparto. Cominciamo con le relazioni sindacali.
La titolarità della contrattazione integrativa aziendale per la Dirigenza sanitaria è già oggi del tutto diversa rispetto al comparto. Nella comparazione con le corrispondenti clausole del comparto si può rilevare una evidente differenza. Nel Ccnl del 2 novembre 2022 alle sigle non firmatarie viene inibita sia la contrattazione che il confronto e la stessa informazione lascia dubbi. Per l’area della dirigenza, invece, è chiaro nel Ccnl del 2019 che sia l’informazione (art. 4, comma 3) che il confronto (art. 5, comma 1) e, addirittura, la contrattazione integrativa (art. 7, comma 3) spettano anche ai sindacati non firmatari: in buona sostanza viene superato il principio del collegamento negoziale e il vincolo della firma resta soltanto per la partecipazione all’Organismo paritetico (art. 6-bis, comma 1), oltre che per la partecipazione al confronto regionale e per la designazione del componente del Comitato dei Garanti. In tutte le norme riportate come soggetto titolare viene infatti indicata la Rsa – in attesa di una ipotetica costituzione della Rsu (che non avverrà mai) - alla quale non si impone di aver sottoscritto il Ccnl. Le differenze con il comparto sono notevoli ma dal punto di vista giuridico la scelta – benché assai complessa nella sua articolazione – appare ineccepibile. Alla luce di quanto appena detto, si ribadisce che le sigle che eventualmente nel 2019 non avessero sottoscritto il contratto avrebbero goduto di tutte le prerogative dei firmatari ad eccezione dei tre aspetti citati (partecipazione all’Organismo paritetico, partecipazione al confronto regionale, designazione del componente del Comitato dei Garanti). È facile riscontrare che l’ esclusione sancita per le sigle del comparto per la dirigenza non avviene in quanto l’art. 7, comma 3, lettera a), ammette anche le Rsa alla negoziazione interna. Il diverso trattamento discende dalla circostanza che per la dirigenza, non essendo mai state costituite le Rsu, la normativa vigente (art. 40, comma 2, del d.lgs. 165/2001) non può che fare riferimento alle rappresentanze sindacali aziendali (Rsa) di cui all’art. 19 dello Statuto dei lavoratori per le quali la sentenza della Corte costituzionale n. 231 del 23 luglio 2013 - la cosiddetta "sentenza Fiom" - ha sancito un importante principio. La pronuncia ha annullato l’art. 19, comma 1, lettera b), della legge 300/1970 "nella parte in cui non prevede che la rappresentanza sindacale aziendale possa essere costituita anche nell’ambito di associazioni sindacali che, pur non firmatarie dei contratti collettivi applicati nell’unità produttiva, abbiano comunque partecipato alla negoziazione relativa agli stessi contratti quali rappresentanti dei lavoratori dell’azienda". I terminali associativi dei sindacati medici assumono la veste di Rsa per cui ad essi non può essere imposto alcun vincolo, restrizione o limite alla libertà negoziale, compreso quello di essere esclusi dalla contrattazione integrativa per non aver sottoscritto il contratto nazionale. In piena adesione a questo principio, tuttavia, le sigle non firmatarie sono escluse dalla partecipazione all’Organismo paritetico, dalla designazione congiunta del componente del Comitato dei Garanti nonché dal confronto regionale perché tutti e tre questi momenti, non rivestendo natura negoziale, non costituiscono contrattazione di livello aziendale. Detto questo, una problematica conseguente e delicatissima appare quella delle condizioni per la stipula del contratto integrativo. A tale proposito, aderendo a quanto detto all’inizio, posso solo ricordare che la regola legale del 51% vale soltanto per la contrattazione nazionale.
L’altro nodo contrattuale è, come detto, quello del lavoro straordinario. Nel Ccnl del 2019 sono state individuate in via definitiva le ipotesi di ricorso allo straordinario nelle sole fattispecie delle guardie e della chiamata dalla pronta disponibilità. È stato finalmente abbandonato il caso delle "altre attività non programmabili" che aveva generato per anni un contenzioso notevole. Il richiamo all’art. 15, comma 3, del decreto 502 del 1992 secondo cui "il dirigente … è responsabile del risultato anche se richiedente un impegno orario superiore a quello contrattualmente definito" sembrava aver risolto la questione perché l’ambiguità delle formulazioni precedenti ha portato, come si diceva, a numerose pronunce di cui di seguito si riassumono le principali:
Le «eccedenze orarie» dei medici non sono straordinario
•Corte di cassazione – sez. lavoro – 4.6.2012, n. 8958
Le eccedenze orarie necessarie ai medici per raggiungere gli obiettivi non costituiscono lavoro straordinario
•Corte di cassazione, sez. lavoro – n. 21010 del 16.10.2015
Quando è che i medici hanno diritto al pagamento dello straordinario
•Corte di cassazione, sez. lavoro – n. 21262 del 20.10.2015
La corresponsione di una retribuzione di risultato compensa anche l’eventuale superamento dell’orario lavorativo per il raggiungimento dell’obiettivo assegnato ed esclude in generale il diritto del dirigente ad essere compensato per lavoro straordinario
•Corte di cassazione, sez. lavoro – n. 7921 del 28.3.2017
La possibilità di corresponsione di compensi per lavoro straordinario per i dirigenti sanitari si riduce ad un’ipotesi del tutto residuale, limitata ai soli casi in cui il superamento dell’orario sia reso necessario dal sopravvenire di fattori eccezionali e sempreché esso sia stato previamente autorizzato
•Corte di cassazione, sez. lavoro - ordinanza n. 17260 del 2.7.2018
Non è possibile distinguere tra il superamento dell’orario di lavoro preordinato al raggiungimento dei risultati assegnati e quello imposto da esigenze del servizio ordinario
•Corte di cassazione, sez. lavoro - n. 10332 del 26.4.2017
Si possono, inoltre, citare le conformi pronunce n. 16855 del 2020, n. 20801 del 2022 e n. 6588 del 2023. Ma esiste anche giurisprudenza contraria, in quanto la Cassazione ha riconosciuto possibili azioni risarcitorie dei medici a proposito dei danni da eccessive prestazioni di lavoro straordinario (ordinanza n. 16711 del 5.8.2020). Ancora, la sentenza della Suprema Corte n. 2403 del 27.1.202, trattando dell’abnorme ricorso allo straordinario addirittura di un primario, ha precisato che tale prassi “non costituisce fattore di esclusione della responsabilità datoriale”. E, soprattutto, si segnala l’ordinanza della Cassazione n. 6008 del 28.2.2023 che ha sancito la legittimità del risarcimento del danno biologico per il superlavoro del medico, stabilendo che "il limite dell'orario di lavoro deve coincidere con la tutela della salute”.
Tuttavia le criticità del passato non sono state affatto risolte con il CCNL del 2019 perché per molti motivi il lavoro straordinario nelle aziende sanitarie è diventato quanto di più “ordinario” si possa immaginare e il rispetto delle prescrizioni del contratto medesimo viene costantemente eluso dappertutto.
Bisogna, tuttavia, riconoscere che la previsione delle prestazioni aggiuntive – ormai strutturali nell’ordinamento contrattuale, anche per mano del legislatore statale – compensa sufficientemente la rivisitazione dello straordinario e il suo improprio utilizzo. Nel primo comma dell’art. 30 vigente sono confermate due disposizioni che necessitano di una precisazione perché in passato sono state spesso fraintese o applicate in modo non del tutto corretto. La prima riguarda i riposi sostitutivi che possono compensare il lavoro straordinario al posto del pagamento. Danno adito al riposo le ore di lavoro straordinario che rispondono alle caratteristiche sopra ricordate (quindi soltanto guardie, chiamata dalla PD e “situazioni di lavoro eccezionali”) e non mere eccedenze orarie rilevate rispetto alle 38 ore settimanali. E’ prassi diffusissima quella di considerare tutto il “timbrato” come lavoro straordinario – i sindacati parlano di milioni di ore regalate alle aziende - ma non è così perché il riconoscimento a monte dello straordinario “vero” vale sia per il pagamento sia per la concessione del riposo sostitutivo: principio questo che vale peraltro fino al limite della ragionevolezza che ormai è completamente saltato. La seconda precisazione concerne il rapporto con le ferie che non può esprimersi con la generica e inutile formula “tenuto conto delle ferie maturate e non fruite” perché molti anni fa il Comitato di Settore aveva indicato ben altro e cioè che il dirigente non deve fruire di riposi sostitutivi qualora abbia ferie pregresse da godere. Con la formula del CCNL del 2019 – priva di cogenza – è chiaro che decide comunque il diretto interessato e questa situazione aggrava la questione delle ferie accumulate. Ed è intuibile come le due situazioni rappresentate siano in stretta connessione tra di loro.


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