Lavoro e professione
Psichiatra uccisa: da Fnomceo all'Intersindacale il monito per la sicurezza e il rilancio del Ssn
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Diecimila a Pisa, la città di Barbara Capovani. Altre migliaia a Bari, Milano, Roma, Napoli, Genova, Ragusa, Siracusa, Cagliari, Perugia e in tantissime altre province: impossibile elencarle tutte. Sono i medici e cittadini che hanno partecipato, ieri sera, alle fiaccolate silenziose indette in memoria della psichiatra, barbaramente uccisa all’uscita dal suo reparto all’ospedale Santa Chiara. A loro si aggiungono tutti i professionisti che hanno aderito alle altre manifestazioni in suo ricordo, organizzate da ciascuno dei 106 Ordini territoriali: sit in, celebrazioni liturgiche, preghiere, accensioni di luci nei reparti, candele, minuti di silenzio, Consigli straordinari, striscioni.
“È stato un grande abbraccio – spiega il presidente della Fnomceo, la Federazione nazionale degli Ordini dei Medici, Filippo Anelli, presente in apertura del corteo a Pisa, insieme al vicepresidente Giovanni Leoni, al Segretario Roberto Monaco, e ai vertici di molti sindacati medici – che, lungo tutto il Paese, ha stretto tutti i 467mila medici e odontoiatri italiani intorno alla famiglia, ai colleghi agli amici di Barbara”.
“Ma è stato anche un monito – continua - ai nostri amministratori e governanti: i medici non permetteranno che questo straordinario strumento per rendere esigibili i nostri diritti costituzionali, il Servizio sanitario nazionale, sia ridimensionato o smantellato”.
“È stata una ribellione silenziosa – aggiunge - nello stile di chi, ogni giorno, lotta contro la morte e la sofferenza per aggiungere giorni e anni alla vita e ridare dignità alle persone. Nessuna manifestazione sguaiata, nessuna parola fuori posto; ma molta rabbia e la voglia di testimoniare il disagio, la preoccupazione per l’aumento esponenziale degli episodi di violenza ma anche la tenacia la voglia di lottare per rivendicare un diritto, quello alla sicurezza, che dovrebbe essere garantito a tutti i lavoratori, e ai medici due volte, in quanto presupposto della sicurezza delle cure”.
“L’amplissima partecipazione dichiara la profonda insoddisfazione – afferma - per come viene gestito un servizio che dovrebbe premiare gli operatori. Professionisti che si sono spesi e si spendono giornalmente, pur in mezzo a tante difficoltà, spesso create da una burocrazia pesante e inutile. Eppure, i medici ci credono! Credono in un Servizio sanitario nazionale che possa ancora essere equo, solidale ed universalistico, strumento di realizzazione e garanzia dei diritti e della dignità di tutte le persone, uguali, per legge, di fronte alla Salute”.
L'Intersindacale dal canto suo ha sottolineato "la grande prova di affetto, solidarietà, orgoglio di categorie professionali che hanno inteso richiamare l’attenzione della politica sulle criticità dei servizi di salute mentale, sul ripetersi delle aggressioni agli operatori sanitari, specie se donne, specie in ambito psichiatrico ed emergenziale, e sulla crisi della sanità pubblica. Morire per il lavoro e sul lavoro è inaccettabile e sottolinea l’urgenza di norme efficaci sulla sicurezza all’interno di strutture sanitarie diventate teatri di episodi di violenza che si ripetono al ritmo di 4 al giorno".
"L’Italia è il paese dell’OECD - sottolinea l'Intersindacale - dove la tutela della salute assorbe la minore spesa globale. I tagli di risorse e personale degli ultimi 2 decenni, sommati agli effetti della pandemia, hanno peggiorato lo stato di salute del Paese, riducendo allo stremo i servizi sanitari pubblici che fanno sempre più fatica a rispondere e intercettare i bisogni dei pazienti. I cittadini vivono gli esasperanti tempi di attesa come negazione del loro diritto alla salute, mentre i professionisti rimangono soli, in prima linea, a gestire la forbice tra domande crescenti e risorse decrescenti, rischiando ogni giorno la vita, con l’obiettivo di tornare a casa, dopo ogni turno, indenni".
Ma, “il rilancio della sanità pubblica passa dalla valorizzazione del personale” come afferma il ministro Schillaci, cui assicurare salari adeguati e condizioni di lavoro umane. "Il Ssn non è un diritto naturale e può liquefarsi se non viene difeso - avverte l'Intersindacale - . Curarsi nel pubblico è diventato un incubo. Siamo di fronte a un processo di consunzione che prepara il fallimento de facto della sanità pubblica, con sviluppo incontrollato della sanità privata e crescita delle diseguaglianze, con i ricchi che potranno scegliere ed i poveri nelle liste di attesa. E il ricorso al precariato e alle esternalizzazioni come ordinario sistema di reclutamento del personale, con conseguente svuotamento dei contratti e degli accordi di lavoro".
La sorte della sanità pubblica non è solo questione sindacale, ma anche sociale e politica. "Tocca al Governo, e al suo Capo - concludono i sindacati medici - dire ai cittadini e ai professionisti sanitari italiani se è a favore di un servizio sanitario pubblico e nazionale, come modello di tutela della salute, o contro".
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