Lavoro e professione
La morte di Barbara e il cordoglio della Psichiatria italiana. Chiesto un incontro urgente al ministro Schillaci
di Emi Bondi *, Liliana Dell’Osso **
24 Esclusivo per Sanità24
A dieci anni dalla violenta aggressione ai danni di Paola Labriola, uccisa da un utente nel servizio territoriale di Bari dove lavorava, la Psichiatria assiste, ancora, sgomenta alla perdita di una professionista sul luogo di lavoro. La conclusione della procedura di accertamento della morte cerebrale ha decretato la tragica scomparsa della nostra collega Barbara Capovani. Vogliamo qui esprimere il nostro cordoglio ai familiari della dottoressa anche a nome di tutti gli operatori della salute mentale che, in tutta Italia, attraverso le reti formali e informali, hanno condiviso il dolore per questa tragedia, e che non deve rimanere inascoltato. Perché non dobbiamo assuefarci a eventi di questo tipo e considerare l’aggressione nei confronti del personale sanitario come un ineluttabile dato di fatto.
Nel ringraziare il ministro della Salute Orazio Schillaci per la vicinanza e la sensibilità mostrata in queste ore la Società italiana di Psichiatria - che rappresenta da 150 anni tutti gli psichiatri italiani e, per il tramite delle sue sezioni speciali, tutti gli operatori della salute mentale – chiede un incontro urgente perché gli intenti comuni non si esauriscano nella commemorazione del fatto di cronaca lasciandoci inermi di fronte al dolore e per iniziare una collaborazione proficua.
Nel frattempo, fino al primo di maggio medici e operatori dei dipartimenti di salute mentale, delle Università e di tutte le strutture psichiatriche, porteranno al braccio, durante il servizio, un nastro nero in segno di lutto.
Il lavoro terapeutico e assistenziale in psichiatria, basato sulla relazione tra persone e sulla continua interazione con la sofferenza dell’altro, comporta un carico emozionale straordinario, che necessita di risorse e condizioni logistico-organizzative adeguate all’aumento, cui assistiamo, delle richieste di aiuto e della complessità dei bisogni emergenti da un contesto sociale in continuo cambiamento. Alla crescita esponenziale di bisogno di salute mentale si accompagna un progressivo e silenzioso smantellamento di quell’organizzazione, pur imperfetta, che è nata nei due decenni che hanno seguito l’applicazione della Legge 180. Con una perdita importante di risorse umane e il mancato avvicendamento delle nuove leve, si assiste a un impoverimento dei servizi pubblici senza precedenti negli ultimi anni, che riduce la capacità di risposta dei dipartimenti di salute mentale, già in seria difficoltà.La Società italiana di Psichiatria ha più volte invocato la necessità di mezzi adeguati ed evidenziato le criticità del modello attuale di assistenza psichiatrica, maturato in un’epoca e in un tessuto sociale differenti, e che attualmente si trova a gestire nuovi profili di gravità.È il caso delle problematiche dei pazienti psichiatrici autori di reato, di cui la psichiatria si trova a subire la delega, con personale sempre più esiguo e nella disattenzione delle amministrazioni, dovendo fornire risposte sulla gestione integrata e l’attuazione di programmi condivisi con i vari attori in gioco (circuiti penitenziari, tribunali, dipartimento per le dipendenze patologiche, servizi sociali). Servono percorsi che conferiscano dignità al lavoro dello psichiatra e una nuova centralità ai nostri servizi, che si cimentano con questi pazienti su un terreno difficile. Prevenire gli atti di violenza nei confronti degli operatori sanitari in psichiatria deve divenire un altro degli obiettivi principali e urgenti dell’agenda, per ridurre le condizioni di rischio attraverso protocolli operativi integrati con le forze dell’ordine e il sistema delle emergenze-urgenze. Occorre intraprendere iniziative di informazione e formazione, e sensibilizzare le aziende sanitarie ad adottare protocolli di sicurezza specifici per ogni situazione di rischio, che sostengano effettivamente gli esercenti le professioni sanitarie.Evidenti i limiti delle risorse, certo e concreto il rischio professionale dell’operare in psichiatria, indiscutibile il bisogno di sicurezza, intendiamo sollecitare alle Istituzioni una progettazione di ampio respiro, che riguardi l’assetto organizzativo e strutturale della salute mentale e che ne salvaguardi la sicurezza degli operatori. Per prevenire, in definitiva, lo stigma nei confronti dei nostri pazienti, evitare che i luoghi di cura della salute mentale, impoveriti e indeboliti, perdano la loro vocazione al dialogo e all’inclusione.
* Presidente Società italiana di Psichiatria (Sip)
** Presidente eletta Sip
(La presente nota è contestualmente firmata da tutto l’esecutivo della Sip, dalle altre società scientifiche impegnate in ambito psichiatrico e dai presidenti delle sezioni speciali della Sip)
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