Lavoro e professione
La fuga dei medici, i rischi per il Ssn e l'esigenza di un fondo straordinario per il personale
di Claudio Testuzza
24 Esclusivo per Sanità24
Nel corso dell’anno 2020, per fronteggiare l’emergenza Covid-19, sono state emanate numerose norme a carattere nazionale e regionale finalizzate anche al reclutamento di personale da parte delle aziende e degli enti del Ssn. Tali norme hanno previsto la possibilità, in deroga ai limiti di spesa del personale, di stipulare contratti di lavoro flessibile, di conferire incarichi di lavoro autonomo o di collaborazione coordinata e continuativa nonché la possibilità, per le Regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, di incrementare le risorse destinate alla remunerazione del personale direttamente impiegato nelle attività di contrasto all’ emergenza epidemiologica. Tuttavia turni di lavoro massacranti, carenza sistematica di personale, carichi burocratici duplicati e stipendi fra i più bassi in Europa, sono state le premesse alla base di un vero proprio esodo dei medici italiani dal Servizio sanitario nazionale. La maggior parte va verso il sistema privato e, mentre gli anziani puntano al prepensionamento, chi ha appena finito gli studi e deve ancora costruirsi una carriera ambisce a ottenere incarichi all’estero.
Già dal conto annuale del Tesoro del 2019 risultava che il 2,9% dei medici ospedalieri avesse deciso di dare le dimissioni, con picchi in alcuni settori come quello dell’emergenza, dove il problema dei turni troppo pesanti a fronte di straordinari non pagati perché ritenuti non sicuri a tutela dei medici stessi, ha un peso ancora più rilevante. Nel Conto annuale, recentemente pubblicato dal Mef, gli assunti a tempo indeterminato nel Servizio sanitario nazionale hanno toccato nel 2020 quota 664.686 rispetto ai 649.523 del 2019. Ma quasi tutto l’aumento è dovuto agli infermieri e al personale non dirigente mentre il numero dei medici è rimasto inalterato.
A fronte dei 21 milioni di interventi registrati ogni anno, in Italia lavorano nell’emergenza urgenza 12 mila medici, ossia 4 mila in meno rispetto a quelli in realtà sufficienti. Se si considera poi il numero di specializzandi che concluderanno il percorso di formazione da qui al 2025 (rientrando quindi tra i potenziali candidati all’assunzione) e, contestualmente, lo si mette in relazione al numero di addetti che, nello stesso arco temporale, andranno in pensione, si scopre che in realtà l’organico subirà una riduzione ulteriore pari a circa 5 mila unità. Nel triennio 2019-2021 sono andati in pensione circa 4.000 medici specialisti ogni anno per un totale di 12.000 camici bianchi. Nel triennio 2022-2024 andranno in pensione circa 10.000 medici specialisti. Quindi in 6 anni il Ssn perderà 22.000 medici specialisti ospedalieri per pensionamenti. A impoverire le corsie si aggiunge il fenomeno della fuga dagli ospedali. Risulta, infatti, che dal 2019 al 2021 hanno abbandonato l’ospedale circa 9.000 camici bianchi per dimissioni volontarie.
Dal Pnrr con la missione 6 abbiamo investimenti su reti, su strutture, su tecnologia, su telemedicina, su innovazione digitale e ricerca. Il governo ha annunciato l’intenzione di creare 1350 Case di comunità, benissimo, ma con quale forza lavoro.
Se è vero che, come affermato in più sedi, i medici di famiglia sono essenziali per costruire un Ssn più forte, intanto il loro esodo diventa sempre più preoccupante. L’80% è nato negli anni Cinquanta del secolo scorso e la pensione - considerato il raggiungimento del 68esimo anno di età - è dietro l’angolo. Già nel 2021 solo a Roma, conteggia l’Ordine, sono andati in pensione più di 350 camici bianchi. Inoltre a fianco dei pensionamenti naturali, l’onda lunga del Covid-19 ha portato molti professionisti di 62-63 anni a chiedere il prepensionamento.
Nel 2021 sono andati in pensione 3.061 medici di famiglia. Nel 2022 getteranno la spugna altri 3.257. Più di 6.300 in due anni, senza un ricambio in grado di colmare la voragine. In 24 mesi ne perderà oltre 700 la Campania, 452 l’Emilia Romagna, 622 il Lazio, 687 la Lombardia, 526 la Puglia, 661 la Sicilia, 465 il Veneto. Paga un prezzo alto anche la Calabria, dove se ne andranno in 234. In Sardegna in 212, in Toscana appenderanno il camice in 437. E a questi numeri vanno aggiunti quelli relativi alla continuità assistenziale e alla pediatria. Sempre in due anni andranno in pensione infatti 678 guardie mediche e 749 pediatri di libera scelta.
Le due realtà, territorio e ospedale, soffrono e soffriranno sempre di più, nei prossimi anni di un depauperamento non solo numerico ma anche professionale. Per frenare la fuga dei medici dal settore pubblico, per colmare le disuguaglianze di salute, appare sempre più necessaria la formulazione di un fondo straordinario. Altrimenti, per il nostro Ssn sarà il default.
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