Lavoro e professione
Coronavirus/ Lo scudo legale va esteso a tutto il sistema sanitario
di Stefano Simonetti
24 Esclusivo per Sanità24
Dopo lo tsunami normativo degli ultimi tre mesi e l'inizio faticoso della fase due, alcune problematiche sembrano essersi assestate o quantomeno si è persa la speranza che siano affrontate fino in fondo e efficacemente. E' il caso, ad esempio, dei premi al personale direttamente impegnato nel contrasto all'epidemia che, come più volte segnalato su questo sito, ha visto realizzare una soluzione compromissoria del tutto insoddisfacente. Ma un altro aspetto critico continua ad alimentare polemiche. Si tratta del cosiddetto scudo legale per i medici coinvolti in eventuali procedure giudiziarie a causa di errori commessi nell'emergenza. E' del 31 maggio scorso la notizia che la Fnomceo durante un evento presso l'Ordine di Firenze ha rilanciato la richiesta dello scudo penale e civile dopo che le varie proposte si sono arenate in Parlamento in sede di conversione del decreto "Cura Italia". La richiesta continua però a voler tenere distinta la responsabilità dei medici da quella dei dirigenti amministrativi.
I rischi giudiziari in una fase straordinaria
E' del tutto evidente che i medici e gli infermieri hanno tutte le ragioni del mondo per pretendere una specifica tutela dai rischi giudiziari ma va aggiunto che o si capisce che tutto il sistema sanitario – non solo medici e infermieri ma tutti gli addetti, dalle direzioni strategiche al personale amministrativo rimasto fisicamente in servizio – è stato coinvolto in qualcosa di enorme e impensabile che non può essere gestito con le regole ordinarie, peraltro astruse e complicate a volte al limite della inapplicabilità (basterebbe ricordare la normativa concorsuale o il codice degli appalti) o si accelera in modo irreversibile la fine del sistema sanitario pubblico. A scanso di equivoci e per evitare fraintesi e facili speculazioni deve anche essere chiaro che con lo stesso provvedimento normativo devono essere istituiti due specifici fondi per indennizzare il personale contagiato e per risarcire le vittime. I fondi devono essere a totale carico dello Stato e non dei bilanci delle aziende sanitarie perché altrimenti si profilerebbe il loro fallimento completo.
L'acquisto urgente dei ventilatori: il caso Estar in Toscana
La vicenda accaduta in Toscana per la fornitura urgente di ventilatori è emblematica di questo stato di cose. Riferisce il Corriere della Sera del 31 maggio (pag. 11 dell'edizione fiorentina) che ESTAR – l'ente sovraziendale che gestisce gli acquisti per tutte le aziende sanitarie – è attualmente sotto indagini penali per una gara bandita ma poi annullata per l'arrivo dei dispositivi da parte della Protezione civile; tuttavia il pagamento della merce era stato già integralmente effettuato. E' ovvio che i profili penali della questione saranno accertati dalla Procura ma alcune considerazioni devono essere fatte. Senza le pressioni e le urgenze generate anche dalla confusione e dalle sovrapposizioni di competenze con la Protezione civile, nessuno si sognerebbe di bandire una gara, anticipare il pagamento, revocarla e passare alla trattativa privata. La difficoltà di reperire i dispositivi – ai limiti dell'aggiottaggio – ha sicuramente causato qualche ingenuità ed errori; lo stesso pagamento anticipato – guarda caso come nella vicenda del ponte di Genova – era plausibilmente uno strumento per garantirsi la fornitura in tempi rapidi in un surreale contesto di accaparramento di beni. Ora, in disparte dall'ipotesi del dolo rispetto alla quale non ci sarebbe alcun commento da fare, quello che preme è verificare se, per ciò che concerne i risvolti di responsabilità amministrativa, gli eventuali errori commessi siano addebitabili a colpa grave o lieve.
Il Codice degli appalti e il condizionamento dell'emergenza
Sfido chiunque a gestire una procedura di acquisto urgente e delicatissima nell'ambito di un mercato completamente anomalo nel rispetto completo del Codice degli appalti. In situazioni come quelle createsi nei mesi di marzo e aprile le procedure di acquisto, come peraltro quelle di assunzione di personale, sono state messe in atto in una la situazione organizzativa e logistica fortemente condizionata dalla novità ed eccezionalità del contesto emergenziale, dal numero di pazienti su cui è stato necessario intervenire e dalla gravità delle loro condizioni, dalla disponibilità di attrezzature e di personale, nonché dal livello di esperienza e di competenze del singolo operatore o funzionario. La colpa si dovrebbe considerare grave laddove consista nella palese e ingiustificata violazione dei principi basilari che disciplinano il buon andamento della pubblica amministrazione.
La burocrazia "difensiva"
Quello che è avvenuto a Firenze è un probabile caso di comprensibile bypass rispetto alla cosiddetta burocrazia difensiva che è stata oggetto di un illuminante articolo di Paola Severino su "La Repubblica" del 30 maggio. In particolare, viene trattato il tema della colpa grave che nella vicenda in parola e in tutte le altre similari, è difficilissima da concretizzare e spesso si identifica sbrigativamente con qualunque comportamento non conforme ai canoni interpretativi più consueti. Come è noto questa prassi dei magistrati contabili ha prodotto atteggiamenti difensivi da parte dei funzionari pubblici che possono andare da tattiche prudenziali e attendiste fino alla completa inerzia; ed è noto come siano immobilizzati quasi 30 miliardi di € di lavori pubblici proprio, o anche, per tali circostanze. Nell'articolo citato viene invocata la creazione di un parametro normativo di definizione della nozione della colpa grave che ne renda certi i confini se non, addirittura, la possibilità di limitare la responsabilità erariale alla sola ipotesi del dolo.
Il rimpallo delle responsabilità sulla semplificazione
In ogni caso, la burocrazia e le sue patologie sono da anni – se non da secoli – uno dei mali italiani, basterebbero a testimoniarlo i ricorrenti articoli di Sergio Rizzo su "La Repubblica". Dal 2006 per risolvere situazioni complesse ed urgenti per ben 25 volte è stato nominato un commissario con pieni poteri tra i quali spicca la deroga alle norma del Codice degli appalti e non in tutti i casi si trattava di situazioni gigantesche come il ponte di Genova. Sono centinaia di migliaia le norme in vigore e tutti coloro che hanno promesso "semplificazioni" e sburocratizzazione sono miseramente falliti nei loro intenti, dai famosi falò di un Ministro alla presuntuosa Riforma Madia che di quanto prescritto nell'art. 21 della legge 124/2015 non ha generato alcunché. Come dimenticare poi l'utopia della dematerializzazione e della decertificazione, mai veramente a regime. Continui sono i rimpalli di responsabilità: i tecnocrati dicono che la colpa è della politica che, da parte sua, si difende scaricando sugli alti burocrati l'accusa di autodifesa di privilegi e gestione del potere. Il risultato è, in ogni caso, un deprimente stato di fatto che vede norme incomprensibili e centinaia di decreti e provvedimenti attuativi – altro che mirabolanti leggi autoattuative ! - che quasi mai rispettano i termini di adozione fissati dalla legge primaria.
La tradizione millenaria dei cavilli
E se l'approccio giuridico non appare sufficiente proviamo a ricorrere alla letteratura per constatare che è proprio del DNA degli italiani l'eccesso di norme che molto spesso offrono copertura a situazioni non certamente limpide e trasparenti. Addirittura duemila anni fa Tacito affermava che "Corruptissima re publica plurimae leges" (Annales, libro III, 27- I secolo d.c.), nel senso che più si fanno leggi più la repubblica è corrotta. Per proseguire con Dante Alighieri il quale nel canto XVI del Purgatorio ci ricorda che "Le leggi son ma chi pon mano ad esse ?". Per arrivare alla famosissima costruzione manzoniana delle grida, non va dimenticato Giacomo Leopardi (Zibaldone 229) che lapidariamente ci dice che "L'abuso e la disobbedienza alla legge non possono essere impedite da nessuna legge". Ad onor del vero e a riprova che non è la legislazione o la pubblica amministrazione ad avere in esclusiva questa patologia, si potrebbero ricordare le procedure ai limiti della crisi di nervi che impongono banche e assicurazioni o il calvario che il cittadino è costretto a subire per eventi "semplici" come un check-in per l'imbarco in aereo o l'assistenza in garanzia di un elettrodomestico. La lettura di una bolletta del gas o della luce è praticamente impossibile per una persona "normale". E ancora, il modo con cui le società di calcio hanno applicato la legge Pisanu per entrare allo stadio. La banale resa di un prodotto del valore di 28 € acquistato in un noto e grande megastore ha comportato a chi scrive mezz'ora di tempo e una quantità indicibile di moduli da riempire. Non è una colpa specifica esclusiva di politici e burocrati: sono proprio gli italiani che per cultura e tradizione millenaria sono innamorati dei cavilli, dei bizantinismi e dei pezzi di carta. Un alibi abbastanza plausibile è che le complicazioni sono necessitate per prevenire imbrogli e truffe ma c'è un limite a tutto.
Temo che la questione della burocrazia e del contrasto dei suoi peggiori effetti sia davvero una questione insolubile. Sbaglia tuttavia chi persegue il totale superamento del Codice degli appalti perché sono evidenti i pericoli che ne conseguono in un contesto socio-economico che non è quello dei paesi ispirati dall'etica protestante e dove prosperano almeno quattro mafie diverse. Occorre tuttavia dire con franchezza che così non si può più andare avanti e non è possibile che ogni qual volta di deve realizzare un'opera pubblica o un intervento particolare si debba nominare un commissario speciale.
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