Lavoro e professione

Ricerca sanitaria pubblica a rischio, lettera aperta al Governo dei precari Irccs

di Il Coordinamento Nazionale dei Ricercatori Precari IRCCS pubblici

Siamo 3.500 lavoratori e siamo i precari della Ricerca nei 21 Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (IRCCS) pubblici. Siamo parte integrante da più di 10 anni della ricerca sanitaria pubblica e in molti casi attraiamo e ci “auto-sosteniamo” attraverso finanziamenti esterni provenienti da Enti, Associazioni di pazienti, Fondazioni private, fondi 5x1000 e dalla volontaria contribuzione dei cittadini.

In questi 21 Istituti di eccellenza per la Sanità pubblica italiana si hanno quindi migliaia di lavoratori con elevate competenze e professionalità che sono in realtà svilite da anni di politiche basate di fatto su una rinuncia alla valorizzazione delle persone e finalizzate esclusivamente ad una “comoda” e “conveniente” legittimazione del precariato con forme contrattuali al limite della decenza. Questo patrimonio di risorse, competenze ed agire scientifico non dovrebbe essere mortificato, ma valorizzato attraverso un piano programmatico nazionale per la ricerca sanitaria pubblica che preveda l'integrazione nei ruoli sanitari delle diverse professionalità rappresentate nel mondo precario.
Infatti, il particolare tipo di contratto (borse di studio, co.co.co., partite IVA) che abbiamo dovuto fino ad ora accettare, pur di dare continuità al nostro lavoro, comporta una serie di limitazioni dei diritti (malattia, maternità, contributi a fini pensionistici, ferie/orari, etc.) ed inoltre mina le basi per la continuità delle ricerche, costrette di anno in anno a continue restrizioni finanziarie nonché alla precarietà dello stesso personale. In questa situazione risulta molto difficile una programmazione lavorativa, lo svolgimento di progetti a medio e lungo termine e risulta seriamente ostacolata la formazione dei più giovani che si affacciano per la prima volta a questo mondo.

Sapete qual è il risultato di tutto questo? Che fra qualche anno questi Enti potrebbero perdere quell'eccellenza al servizio di tutti, con i ricercatori costretti ad andare in Istituti privati, industrie o, come tanto declamato, all'estero, portando con sé idee e terapie innovative. Questa non è solo una paura. I dati degli ultimi due anni mostrano come la “fuga di cervelli” sia un problema serissimo (con punte fino al 30%) all'interno di questi Enti. Questa perdita di personale di elevatissime competenze a favore soprattutto di aziende private e sanità privata ha sicuramente contribuito ad una perdita di competitività delle nostre strutture sanitarie (pubbliche) a favore di quelle private. Non a caso negli ultimi anni i dati di spesa per la sanità privata è aumentata considerevolmente fino a toccare i 36.5 miliardi di euro.

In questi giorni, è stata approvata la cosiddetta “Riforma Madia”. Questo provvedimento pensato, tra le altre cose, per eliminare la precarietà nella pubblica amministrazione, di fatto non risolve il problema che riguarda i Ricercatori degli IRCCS pubblici mettendo in serio pericolo gli stessi Istituti qualora non siano predisposti degli specifici fondi strutturali. Per arginare però gli inevitabili effetti dei decreti attuativi del Jobs act, e quindi per evitare il divieto di stipulare contratti co.co.co. anche nel settore pubblico dal 1° gennaio 2017, è stata infatti prevista solo una deroga in attesa di necessarie normative più specifiche.
Nessuno di noi lavoratori precari avrebbe in realtà pianto la scomparsa dei co.co.co., si sarebbe anzi aspettato un passaggio a forme contrattuali più adeguate, visto il fabbisogno costante negli anni di personale specializzato e quindi la non temporaneità e occasionalità del lavoro svolto. Invece, a più di due anni dall'entrata in vigore del Jobs act per tutto il settore privato, non è ancora stato predisposto nessun intervento programmatico a disposizione degli IRCCS e IZS pubblici. Di sicuro la deroga alla stipula di contratti co.co.co. per gli IRCCS e IZS scongiura il rischio concreto di paralisi delle attività della ricerca sanitaria italiana, ed evita ai lavoratori precari di rimanere senza lavoro. Va detto però che, a fronte di una crisi economica, norme di spending review e necessità di mantenimento di standard accettabili di riconoscimento internazionale della ricerca in sanità, debba essere il personale precario, già abituato a meno diritti non si sa in virtù di quale principio, il solo a farsi carico della situazione è civicamente inconcepibile.

Con la piena responsabilità che crediamo quindi di avere dimostrato in questi anni per la tenuta della ricerca italiana in sanità, chiediamo attraverso questa lettera che vengano assicurate delle adeguate risorse per un programmato fabbisogno organico di ricercatori e di tutte le altre professionalità che lavorano per la ricerca, risolvendo il problema legato al mancato riconoscimento del ruolo dei lavoratori oggi “atipici” della Ricerca Sanitaria pubblica e adeguandolo agli standard europei. La stabilizzazione di queste persone è certamente una questione etica e morale: un principio di giustizia che un Paese civile non può ignorare, ma rappresenta anche il più grande investimento per il futuro della ricerca italiana in sanità.

Per questi motivi, vogliamo sensibilizzare le Istituzioni affinché possano intervenire sostanzialmente in merito, attraverso un serio programma di stabilizzazione dei precari della ricerca sanitaria che rispetti il reale fabbisogno degli Istituti.
Non soluzioni tampone, come la proposta presentata agli Stati Generali della Ricerca Sanitaria dello scorso anno, che mirano solo a regolarizzare il precariato con percorsi di 10-15 anni, spostando il problema nel tempo, ma senza risolverlo.

La ricerca fatta negli IRCCS pubblici è, e deve essere, una risorsa per tutti i cittadini. Il diritto a delle cure di eccellenza non può essere demandato in toto ad ospedali di natura privata, e solo voi potete fare in modo di mantenere gli IRCCS pubblici realtà di alta specializzazione nel territorio italiano.


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