Lavoro e professione
Sorpresa: i giovani medici d’Italia sono «social» ed entusiasti. Ma scontano precarietà, divario di genere e geografico
di B.Gob.
Sarà la predisposizione innata a prendersi cura, la vocazione verso gli altri, sarà la consapevolezza che la carriera è un percorso irto di ostacoli, precarietà e incertezze. Sta di fatto che ai medici “under 40” fotografati dalla ricerca “Chi ci curerà nel 2020?” presentata a Roma al ministero da Ois, Osservatorio internazionale della salute e svolta in collaborazione con Omceo Roma, Fimmg Roma e Cimo, l’entusiasmo e la voglia di lavorare in Italia non mancano. Il ritratto messo in luce dal questionario on line inviato a tutti i medici tra i 25 e i 40 ani - 800 i rispondenti, pari a circa il 10% del campione - è sorprendentemente positivo. A tratteggiarlo è Annalisa Cicerchia, del comitato scientifico Ois: «Il profilo-tipo è quello di un giovane medico che inizia a lavorare prima dei 28 anni, aspira ad entrare in una struttura ospedaliera o in una clinica, oppure a svolgere attività di divulgazione medica e scientifica. Un altro aspetto è l’impegno sociale, espresso attraverso l’attività di volontariato. Il dato sull’inserimento lavorativo - continua Cicerchia - è molto postivo rispetto ad altre professioni (l’85,1% svolge attività medica retribuita) ma si segnala una grande frammentarietà con il 32,1% che ha fatto almeno due attività diverse nell’ultimo anno». Non è tutto oro, dunque. Anche perché l’indagine conferma «alcuni dei mali cronici che affliggono il mercato del lavoro italiano: ci sono ben 3 punti percentuali tra gli uomini e le donne occupate (86% o 83%) e oltre 4 punti rispetto alla quota di medici che sperimenta un ingresso precoce nel mercato del lavoro: il 59,9% delle donne comincia a lavorare entro i 28 anni, contro il 64,3% dei colleghi». Per quanto sempre più numerose, quindi, le donne continuano a scontare un gap che certamente pensalizza percorsi di carriera ed evoluzione personale. Anche in questo ampito si registra poi un gradiente geografico negli occupati: il 92% al Nord contro il 76,4% al Sud. Prima dei 28 anni la forbice è massima: 70,9% al settentrione e 40% nel meridione. Al centro - 83,8% di occupati - abbiamo la più alta propensione all’iniziativa professionale con il 75,2%. Al nord è il 59,3% e al sud il 58,3%.
La vocazione sociale. Malgrado la frammentarietà dell’inserimento lavorativo, i giovani medici hanno tutta l’intenzione di restare in Italia: solo il 4,7% ha scelto attività all’estero e sono propensi a dedicarsi anche ad altro. Il 37,7% dichiara di aver svolto o di svolgere attività di volontariato, per lo più al Sud (il 58,3%). Ben il 75,7% di quanti hanno prestato la propria attività come medici volontari ritiene che questa esperienza rappresenti un completamento importante della propria formazione. Formazione che l’89% dei giovani camici bianchi vorrebbe più orientata su etica e deontologia.
Alta l’attenzione alle tutele assicurative: l’87,5% e il 91% al Nord. Mentre quasi il 70% del campione sarebbe interessato a un programma di sostegno finanziario per avviare l’attività professionale.
Le proposte Ois. Gli spunti emersi dall’indagine spingono Ois a proporre modalità “innovative” di lavoro. «Una risposta all’esigenza di superare le difficoltà causate dal blocco del turnover del Ssn è costituita da forme innovative di economia sociale, come le startup di giovani medici - spiega il presidente del Comitato scientifico Ois Giuseppe Petrella - che potrebbero avere natura low profit e realizzare progetti di medicina preventiva come campagne di educazione sanitaria, screening, sensibilizzazione su tematiche di attualità per conto di enti pubblici o privati; iniziative e servizi innovativi per la cronicità; attività di medicina divulgativa come blog, siti, giornali, webTv. Ancora, queste startup potrebbero orientarsi all’assistenza primaria ambulatoriale, all’Adi e alla creazione di comunità assistenziali». Infine, dall’Ois con Petrella arriva la proposta di «creare pacchetti previdenziale integrativi dedicati ai giovani professionisti e programmi di sostegno finanziario da destinare a chi avvia l’attività professionale, finalizzati a specifiche iniziative».
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