Lavoro e professione
Risk, Troise (Anaao): scioperi confermati, giù le mani dal diritto alla salute. Ecco cosa cambiare del Ddl
di Roberto Turno
«Nessun s'illuda»: lo sciopero di 48 ore a marzo non si tocca. Il primo sì al Ddl sulla responsabilità professionale è solo un passo, anche se apprezzabile. Tutte le ragioni del malessere medico restano in piedi. Costantino Troise, segretario nazionale Anaao, spiega cosa di quella legge cambierebbe, a partire dal capitolo linee guida. E dice chiaro e tondo: «Giù le mani dal diritto alla salute e dalla Costituzione».
Troise, l'Anaao ha accolto il primo sì al Ddl sulla responsabilità professionale come un'ottima notizia, un risultato importante «da cui si può ripartire». Allora, tutto bene, ora è tutto a posto per i medici?
Calma e gesso, si dice in questi casi. Il primo sì alla legge è un'ottima notizia perché non c'è stata mai in questi anni, per troppi anni, alcuna manifestazione o sciopero di noi medici che non abbia assunto tra gli obiettivi la questione della responsabilità professionale. Diciamo che è un primo passo. Ma…
Ma?
Ma nessuno pensi che ci si può fermare qui. Non ci si illuda che le questioni possano risolversi semplicemente con una novità legislativa. E che dalla norma derivi anche una nuova cultura delle aziende sanitarie che le spinga a investire sulla formazione del personale, sulle dotazioni organiche, sugli aspetti strutturali delle aziende sanitarie, insomma. Perché manca sempre un bel pezzo di strada da compiere.
Cosa vi piace di più al momento di questo Ddl?
Va apprezzata la capacità di attribuire la responsabilità di tutti gli avventi avversi che accadono in medicina - e che non sono eliminabili completamente o riducibili ad errore o colpa grave - a chi ha l'obbligo costituzionale di garantire l'erogazione dei livelli essenziali di assistenza. La responsabilità non può non ricadere su chi ha il governo del Ssn, le aziende sanitarie. Il medico finisce sempre per metterci la faccia, resta col classico cerino acceso in mano, in troppe situazioni affrontando il proiettile che qualcuno ha messo in canna. Mentre il problema è anzitutto organizzativo. Lavorare in ambienti inadeguati, con mezzi inadeguati, con risorse e personale che scarseggiano sempre di più, non mi sembra una cosa da poco. Che colpa hanno i medici? Alle volte non c'è nemmeno il tempo per riflettere. Mentre servono assolutamente il tempo e la capacità del confronto e della comunicazione. Anche per poter risalire alle cause degli eventi. Peccato che le aziende non sembrano interessate a investire su questi aspetti.
E cosa invece va subito cambiato del provvedimento?
L'aspetto delle linee guida. Non mi piace che vengano assunte come esimente assoluto del comportamento del medico. Le linee guida sono tante e tali, mai però tali da essere esaustive dell'attività medica. Qualcuno ha calcolato che se mettessimo insieme tutte le linee guida che sono state prodotte nel mondo, copriremo la distanza che c'è tra la Terra e la Luna.
Il ruolo assegnato all'Iss non basta?
Ci vuole un organismo terzo sganciato dalla politica che accrediti le linee guida. Non tutte hanno lo stesso valore. Come si fa in Inghilterra, ad esempio, dove un organismo terzo, appunto, accredita le linee guida, dice quali valgono e quali no. Non credo che come dice il testo ci si limiti a un compito formale. Non scordiamo come il Piano nazionale delle linee guida sia morto precocemente, non finanziato.
Cittadinanza attiva accusa: la legge punirà i pazienti e farà un regalo ai medici.
Io credo che il mio amico Tonino Aceti stia sbagliando. Se l'obiettivo è quello di garantire l'indennizzo ai cittadini, non ha molta importanza se la responsabilità è della struttura sanitaria o del medico. La struttura deve garantire l'indennizzo. È un errore pensare che si possa ottenere lo stesso risultato soltanto se si colpisce il medico. Un errore, come di premere sul penale per favorire il civile. La responsabilità della struttura rimane di tipo contrattuale, come è giusto che sia. Il cittadino ha un contratto implicito con la struttura presso cui si reca, quindi soggiace a quella responsabilità ai termini di prescrizione attuali e all'onere della prova attuale. La responsabilità del medico è nei confronti della struttura. Non vedo quale possa essere il problema per il cittadino, che tra l'altro già oggi trova una schiera di avvocati e di periti per fare una denuncia.
Che fare tra medico e paziente? Anche i medici devono fare la loro parte, magari qualche passo indietro, non è che siano i soli a stare dalla parte giusta
Certamente. I medici devono elevare il loro modi di rapportarsi e di comunicare con il paziente. Anche qui la norma non garantisce alcunché. I cittadini devono capire che i medici sono i terminali di processi che partono da lontano e che coinvolgono la struttura. Se si garantisce e si recupera un rapporto meno conflittuale tra il medico e il cittadini, ne guadagnerebbero tutt'e due
Intanto c'è la bomba della spesa per la medicina difensiva: 13 mld, o quanto?
Le stime sulla medicina difensiva sono un puro parto della fantasia. La cifra cambia a seconda dei giorni, una volta sono 11 mld, poi 13, poi 14… Non c'è nessun dato di evidenza a fondamento di questi numeri. Solo vecchissimi studi americani, poi ultimamente un lavoro dell'Agenas su un campione minimale. Senza dire che si fa fatica a capire da cosa una procedura è dettata.
Gli scioperi restano in piedi?
Certo, assolutamente. L'obiettivo di porre alla politica le sue responsabilità sulla sanità pubblica, resta assolutamente in piedi. Il futuro della sanità pubblica, il diritto fondamentale alla salute che mi pare essere sempre vivo, e la Costituzione a quanto mi risulta non è stata cambiata ancora, è un tema quanto mai attuale. C'è un tema cruciale: il diritto fondamentale di tutti gli italiani alla salute. Dalla Calabria alla Valle d'Aosta.
Teme siano in arrivo nuovi tagli?
Non sono io a temerli. Ce lo ha detto Bonaccini, lo ha detto nella sua intervista che «per il 2016 ce la facciamo». Poi, aggiungo, si arrangino i cittadini e i medici e tutti gli operatori sanitari. Ma nel 2017 e nel 2018, che si fa? Vediamo cosa le Regioni ricontrattano col Governo sul finanziamento. Il rapporto spesa/pil è sempre tra i più bassi in Italia e continua a calare. E le crepe sono sempre più larghe e vistose. Gli italiani spendono sempre di più di tasca propria per curarsi, abbandonano le cure perché non ce la fanno a pagarle, aumentano coloro che per curarsi devono indebitarsi. Suvvia. Se questo non è un argomento per la politica, quale può essere allora?
Come giudica il nuovo Titolo V della riforma costituzionale?
In Italia interpretare le leggi è materia complicata. Secondo alcuni con la riforma lo Stato recupera un ruolo, secondo altri non si fa che fotografare la situazione attuale. A me sembra che la verità probabilmente sta nel mezzo. Sicuramente c'è il tentativo dello Stato di recuperare un ruolo, ma da qui a dire che lo ha già fatto o che intende farlo, ce ne passa. La verità è che le Regioni già si stanno comportando da Stati. Se una Regione come la Basilicata si arroga il potere di fare una legge in dispregio delle direttive europee, siamo alla follia legislativa. Certo, il Governo la impugnerà davanti alla Consulta. Ma è il segnale che le Regioni si stanno costruendo proprie regole. Alla faccia dell'idea costituzionale di unire, non di dividere il Paese. Come vuole la Costituzione.
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