Lavoro e professione
Farmaci-payback/ Fisco: lo sforamento del tetto legittima l’emissione di note di credito ai fini Iva
di Alberto Santi
Lo sforamento della soglia della spesa farmaceutica ospedaliera, da cui consegue per le aziende l'obbligo di pagamento del payback, determina il verificarsi di una condizione risolutiva parziale stabilita dalla legge, che determina la revisione del prezzo di vendita e legittima l'emissione di note di credito ai fini Iva nei confronti degli acquirenti senza limitazioni temporali. È questa, in estrema sintesi, l'importante conclusione cui giunge l'Agenzia delle entrate in risposta alla richiesta di consulenza giuridica presentata da Assobiotec (prot. 954-27/2015). Ricordiamo che Assobiotec è l'associazione che rappresenta oltre 135 imprese attive in tutti i campi applicativi delle biotecnologie: farmaceutica, diagnostica, chimica, agro-alimentare, impiantistica, strumentale e ambientale nonché i parchi scientifici e tecnologici.
Una questione controversa
L'Associazione ha chiesto di conoscere quale fosse il corretto trattamento ai fini Iva delle somme che le aziende dal 2013 sono tenute a restituire alle Regioni ed alle Province Autonome, in forza del meccanismo previsto dal DL n. 195/2012, a titolo di ripiano della spesa farmaceutica ospedaliera, in caso di sforamento del tetto stabilito dalla legge. Il pay back è calcolato, come è noto, sui prezzi al lordo dell'Iva.
Nell'istanza, si chiedeva conferma di poter assimilare il trattamento delle somme così restituite a quello dei cosiddetti “sconti quantitativi”. Come in questo caso, infatti, al raggiungimento di un predeterminato volume di vendite viene pattuita una riduzione di prezzo, con lo schema del pay back, al superamento del budget annuale, la legge impone la retrocessione dei ricavi in proporzione allo sforamento. In entrambi i casi, si produce una sostanziale riduzione del prezzo unitario originariamente pattuito.
E ciò legittimerebbe le aziende ad emettere note di variazione, tramite le quali rettificare l'Iva applicata alle forniture di prodotti farmaceutici ad aziende sanitarie locali, aziende ospedaliere e centrali d'acquisto regionali.
La risposta
L'Agenzia delle entrate non condivide la soluzione proposta dall'istante, ritenendo che il meccanismo di restituzione di somme a titolo di ripianamento della spesa sanitaria non si possa ricondurre alla nozione di sconto. Il payback ospedaliero non costituisce un incentivo correlato all'incremento delle vendite effettuate, bensì una riduzione di prezzo imposta dalla legge.
Ciònonostante, l'art. 26, comma 2, del Dpr n. 633/1972 non prevede un’elencazione tassativa di ipotesi che possono determinare una variazione rilevante ai fini Iva.
Per la Direzione Centrale, quindi, lo sfondamento della soglia di spesa ospedaliera prefissata costituisce «una condizione risolutiva parziale stabilita ex lege, facente già parte dell'originario accordo, che incide sull'obbligazione pecuniaria determinando la revisione del prezzo», che rappresenta il presupposto per la nota di variazione in diminuzione dell'Iva ai sensi del citato art. 26.
Peraltro, aggiungono le Entrate, poiché non consegue a un sopravvenuto accordo fra le parti ma inizialmente stabilita con legge, la variazione in argomento può essere operata senza alcun limite di tempo, entro il termine di invio della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui si è verificato il relativo presupposto. Quindi, le aziende potranno procedere alla rettifica dell'Iva fatturata per vendite di farmaci ad Asl, aziende ospedaliere e centri di acquisto regionali, andando indietro, fino al 2013.
Quanto alle modalità operative, è consentita l'emissione anche di una sola nota di credito nei confronti di ciascun acquirente, «sempre che la quota di pay back imputabile a ciascuno sia determinata in misura proporzionale all'incidenza della spesa effettivamente sostenuta dai medesimi soggetti rispetto al fatturato del Ssn, e sia coerente con l'incidenza della medesima allo sforamento del budget, Regionale o Provinciale».
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