Lavoro e professione

Dentisti vessati da federalismo, abusivismo e burocrazia

di Giuseppe Renzo (presidente Cao nazionale)

l tema della modifica del Titolo V della Costituzione è particolarmente importante in quanto, nell’attuale stesura, si crea una frammentazione di competenze tra Stato e Regioni aumentando, in tal modo, la spesa sanitaria e le disuguaglianze tra i cittadini delle diverse Regioni. A questo riguardo posso fare un esempio chiaro e tangibile dal punto di vista odontoiatrico: il tema del regime autorizzativo per l’apertura di uno studio medico. L’attuale situazione prevede che ciascuna Regione legiferi al riguardo, con la conseguenza che si sono venuti a creare 21 diverse procedure per l’apertura di uno studio odontoiatrico con conseguente sconcerto da parte dei nostri professionisti che, spesso, per studi che distano poche centinaia di metri, si trovano di fronte a regole diverse, accertamenti personalizzati e disomogenei.

La Cao nazionale si è resa parte diligente in un Gruppo di lavoro costituito presso il ministero della Salute, che è riuscito a predisporre un regolamento univoco che avrebbe dovuto essere emanato dal ministero stesso ma che, per ragioni incomprensibili, non ha mai visto la luce.

Ecco, quindi, la doppia “beffa” tutta burocratica: in assenza di una regolamentazione univoca, capita che un odontoiatra incorra in sanzioni per problemi autorizzativi e un altro in altra provincia, ma con le stesse caratteristiche e pari diritti no. E la seconda, ancora più grave, è che il regolamento mancante avrebbe potuto costituire un’ulteriore arma da utilizzare per consentire un accertamento continuo sull’esercizio abusivo della professione che tanti danni fa in termini di salute.

Ed è proprio il tema dell’esercizio abusivo della professione un’altra questione che ancora la burocrazia tende , mi verrebbe da dire, a “insabbiare”. È noto a tutti che è stato approvato al Senato il provvedimento sull’abusivismo professionale destinato a modificare l’articolo 348 del codice penale. Il provvedimento, votato all’unanimità, attende ora l’esame della Camera. Nel testo approvato a Palazzo Madama sono infatti previste sanzioni fino a 50 mila euro per chi esercita abusivamente una professione e si prevede anche la reclusione da sei mesi a due anni (per le lesioni gravi) e da un anno e sei mesi a quattro anni (per lesioni gravissime).

Mi chiedo come è possibile che una norma così importante non abbia ancora trovato approvazione e, quindi, applicazione, lasciando che l’esercizio abusivo venga sanzionato con 500 euro (quando a vendere abusivamente nelle fiere i palloncini si incorre in una sanzione di 5.000 euro). Sono sotto gli occhi di tutti i danni provocati da illegittimi esercenti la professione medica a danno di cittadini ignari e inconsapevoli, danneggiati da un eccesso di burocratizzazione da parte delle istituzioni che, a oggi, non sono ancora riuscite a concludere l’iter di riforma dell’articolo 348 del del Cp.

Le lobby di prestanomi e abusivi sembrano suscitare maggiore interesse clientelare in alcuni apparati e singoli politici.

Quando si parla di programmazione, di fabbisogno, di formazione, mi domando quale futuro attenda i giovani. Non solo l’intero apparato burocratico, con una incredibile “parcellizzazione” di competenze fra i diversi ministeri, sembra impegnarsi in tutta una serie di azioni che paiono rivolte a una riforma piuttosto “gattopardiana”, ma quel che mi sembra più grave, è la perdita totale del buon senso che sembra ormai prevalere.

Innanzitutto faccio riferimento, riguardo la programmazione e i corsi di laurea in medicina e odontoiatria, ai tagli orizzontali che hanno penalizzato quei corsi virtuosi assimilandoli ai corsi di laurea meno qualificati che non formano adeguatamente i propri studenti. Più volte ho ricordato che il Miur non aveva neanche attivato l’Anvur - Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca - (come aveva garantito già nel corso delle riunioni effettuate gli anni scorsi) a svolgere le site visits necessarie per il controllo della qualità della formazione, con la verifica di adeguate strutture, numero delle docenze e attività di tirocinio pratico-clinico degli studenti. E il paradosso è che ci troviamo di fronte a tanti corsi di laurea per pochi studenti invece che a pochi corsi di laurea (altamente qualificati) per un adeguato numero di studenti.

Non posso non ricordare l’attivazione di un nuovo corso di laurea a Salerno carente di qualsiasi requisito strutturale e organizzativo e quel che è peggio, ricordare i tentativi di creare succursali straniere in Italia con l’evidente scopo di consentite ai giovani, che non hanno superato i test di accesso, di accedere, comunque, alla professione. L’ateneo di Tor Vergata ha firmato un accordo di reciprocità con un ateneo albanese (quindi, di un paese non comunitario), certamente nella piena e riconosciuta autonomia e in perfetta legalità, ma lasciando l’accesso non solo ai residenti albanesi, ma aprendolo ai cittadini Italiani. Il numero programmato non può diventare un concetto astratto sottoposto a continui e interessati aggiramenti diretti in sostanza a privilegiare gli studenti abbienti, che possono sostenere gli onerosi costi di iscrizione, a danno dei meno agiati che invece sono costretti a passare sotto le “forche caudine” dei test di accesso.

Bisogna uscire dall’ipocrisia: se il numero programmato è solo una finzione, che lo si dica apertamente senza nascondersi dietro astuzie burocratiche in cui, oltretutto, gli interessi clientelari sono evidenti.

Il testo sulla responsabilità professionale
Un piccolo commento sul complesso iter che sta seguendo la Pdl in materia di responsabilità professionale del personale sanitario. Le ultime recentissime novità sono gli emendamenti proposti dal relatore Federico Gelli che, per quanto riguarda gli aspetti penali, ha introdotto il principio che l’esercente la professione sanitaria che provochi, attraverso imperizia, la morte o le lesioni alla persona assistita, risponderà dei reati di omicidio colposo e lesioni personali solo in caso di colpa grave. Il sanitario potrà, però, dimostrare la propria innocenza qualora dimostri di aver seguito le raccomandazioni cliniche che verranno emanate dalle Società scientifiche riconosciute dal ministero della Salute. Si tratta di un emendamento che in sostanza può essere anche condiviso anche se la giurisprudenza in questo campo ha dimostrato troppe diverse interpretazioni. Si pensi in parte alle diverse sentenze e alle diverse conclusioni cui la stessa magistratura è giunta nell’applicare il principio della cd legge Balduzzi. Ancora più interessante è l’emendamento riguardante la responsabilità civile che sarebbe di carattere contrattuale (con tutte le conseguenze del caso: onere della prova a carico delle strutture pubbliche o private, che si avvalgono di medici o infermieri); le strutture stesse, inoltre, vedrebbero la loro responsabilità ulteriormente ampliata anche per quanto concerne le prestazioni sanitarie svolte in regime intramoenia e attraverso la telemedicina.

Di natura extracontrattuale, in capo all’esercente la professione. Rimarrebbe, invece, di carattere contrattuale la responsabilità per quanto riguarda le prestazioni dei libero professionisti.

È del tutto evidente, come al libero professionista vengano applicate le stesse misure delle strutture pubbliche e private ponendo i singoli esercenti la professione sullo stesso piano delle strutture organizzative complesse e creando una disparità evidente tra stessi professionisti che operano nello stesso settore e con uguali responsabilità e doveri nei confronti del paziente. Di fatto, si viene a determinare un doppio binario per la responsabilità civile che diversifica le prestazioni pubbliche da quelle private. La beffa: lo stesso medico che opera in struttura ospedaliera e ha lo studio privato è sottoposto a due regimi diversi pur praticando l’identica prestazione professionale! In sostanza siamo alle solite e se gli emendamenti presentati saranno definitivamente approvati si configura un’attenzione “negativa” per i liberi professionisti che ne risulterebbero oltre che danneggiati in termini di responsabilità assimilati alle imprese.

Giuseppe Renzo

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