Lavoro e professione
Appropriatezza, sindacati medici sul piede di guerra. Sciopero nazionale a novembre in difesa del Ssn
di Rosanna Magnano
Sindacati medici pronti allo sciopero nazionale anche (ma non solo) contro il decreto sull’appropriatezza prescrittiva, che prevede una «black list» di 208 prestazioni a rischio overprescription e sanzioni per i dottori che derogano. In cantiere a novembre c’è una manifestazione nazionale di tutta la categoria per «richiamare l'attenzione sulle criticità emergenti del Servizio sanitario nazionale». Ad annunciare la protesta è il segretario della Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri (Fnomceo), Luigi Conte, all'indomani dell'incontro tra il ministro della Salute Lorenzin e i sindacati sul Dm appropriatezza.
La presentazione del provvedimento è stata la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso. I dottori sono decisi a rispedire al mittente l’ipotesi di una burocratizzazione delle cure che limiterebbe di fatto la libertà professionale connaturata all’atto medico mettendo tra l’altro le mani nelle tasche dei professionisti, che si vedrebbero decurtare la parte accessoria del proprio salario in caso di prescrizioni giudicate «eccessive». E a nulla sono valse le rassicurazioni date in mattinata dalla stessa ministra della Salute Beatrice Lorenzin : «non ci sarà nessuna caccia al medico - ha detto - gli diamo gli strumenti per agire in modo più sereno». Ma il clima è tutt’altro che sereno e la categoria - da settimane in stato di agitazione contro i tagli al Servizio pubblico che mettono a repentaglio universalità e accessibilità delle cure - ha deciso ormai di schierarsi in prima linea.
A cominciare da Anaao Assomed, il principale sindacato dei medici, che esprime totale contrarietà«ad affrontare il tema dell'appropriatezza clinica per via amministrativa». Per l'Associazione, «non è, infatti, compito della politica - spiega il sgretario Costantino Troise - definire i criteri dell'appropriatezza clinica, valore in cui pure ci riconosciamo, invadendo l'autonomia e la responsabilità dei medici. Senza contare i veri e propri strafalcioni o gli esempi di inappropriatezza assunti a sistema presenti nella parte tecnica del decreto, che la dicono lunga sulle competenze e sull'attenzione riservate a materia delicata che attiene il diritto alla salute dei cittadini». Secondo Troise, «se il tema dell'appropriatezza prescrittiva, e il relativo consumo delle risorse, viene considerato fondamentale per l'equilibrio economico dei sistemi sanitari evoluti, è impensabile procedere attraverso note, tabelle e sanzioni. Con il rischio di inquinare il rapporto medico-paziente e di spingere i cittadini verso le strutture private».
Un no secco alla lista nera delle prestazioni da tagliare viene anche dal Sindacato dei medici italiani (Smi): «No alla black list sulle prestazioni - afferma in una nota Mirella Triozzi, segreteria nazionale del Smi - perché si produrranno conflitti con i pazienti, abusi interpretativi da parte delle aziende sanitarie e delle Regioni. Quindi un forte contenzioso amministrativo e spesso giudiziario». «I medici devono poter continuare a fare il proprio lavoro, liberamente - conclude la sindacalista - senza ricatti, senza essere sotto la minaccia di una ritorsione economica. Al Governo, invece, spetta l'onere di definire l'erogabilità delle prestazioni, deve avere il coraggio di dire la verità, di dire ai cittadini che da domani dovranno pagare ciò che fino ad ora hanno avuto gratuitamente. Così, invece, è un modo ipocrita e dissimulato di tagliare servizi».
Un colpo basso insomma, che rischia di ripercuotersi sul delicato rapporto medico-paziente. «Stop a politiche sanitarie che ricadono sui medici e sui cittadini. E anche il decreto sull'appropriatezza prescrittiva - afferma in una nota il Sumai-Assoprof, specialisti ambulatoriali, con il segretario Roberto Lala - va in questa direzione rischiando di minare, con il suo sistema sanzionatorio, ancora di più il rapporto tra medico e il paziente». Per Lala, «a una prima lettura anche il Dm sull'appropriatezza non convince. A partire dal sistema delle sanzioni che spaventa il medico e rischia di farlo lavorare male e poco serenamente. I medici non contestano l'appropriatezza, anzi, cercano di perseguirla quotidianamente. Il punto è che agire per decreto (in tempi strettissimi) su una materia così complessa e delicata ci pare un errore. Serve un coinvolgimento più ampio della categoria».
Non si può dunque far pesare sulle spalle dei dottori una partita così complessa come quella dell’over-trattamento, un fenomeno legato alla cosiddetta «medicina difensiva» che di fatto esiste e genera come ha ricordato la ministra Lorenzin un eccesso di spesa stimato a quota 13 miliardi di euro. Risorse che potrebbero essere risparmiate e reinvestite. Ma il rischio nell’immediato è che tagliando le prestazioni considerate «inutili» il cittadino sia di fatto costretto a pagarle di tasca propria (già ora la spesa sanitaria a carico dei cittadini ammonta a circa 30 miliardi). Per Stefano Cecconi, responsabile Politiche della salute della Cgil nazionale, «le prestazioni fornite dal Servizio sanitario nazionale devono essere appropriate ma è inaccettabile scaricare la responsabilità e il costo sulle spalle del cittadino che viene costretto a pagare. Così come l'appropriatezza non si realizza per decreto». E aggiunge che «Quella che il ministro Lorenzin sta compiendo è un'operazione delicatissima, che riguarda la garanzia dei Livelli essenziali di assistenza (Lea) ed è condizionata pesantemente dai tagli alla sanità. Per questo il confronto con i sindacati medici è utile ma non basta: è inconcepibile che una questione così rilevante venga trattata senza un confronto». L'elenco delle oltre 200 prestazioni a rischio inappropriatezza «si traduce nei fatti in un altro taglio alla sanità», aggiunge Massimo Cozza, segretario Fp Cgil medici.
Sul piede di guerra anche i medici di famiglia: «Il decreto sulle prestazioni sanitarie inappropriate - spiega Giacomo Milillo, segretario della Fimmg, Federazione italiana medici di medicina generale - è sbagliato e inutile, uccide la professione del medico ed espropria la sua funzione nel sistema sanitario e nella società: per questo i medici di famiglia sono pronti allo sciopero insieme a tutte le realtà della sanità italiana».
Perplessi i pediatri. «E' necessario - commenta Giampietro Chiamenti, presidente della Fimp, Federazione italiana medici pediatri - che scelte di tale importanza e rilevanza, destinate a incidere profondamente nella quotidianità di molti professionisti, siano fatte insieme ai medici, come del resto anche il Ministro Lorenzin aveva dichiarato l'estate scorsa».
Unica voce fuori dal coro i radiologi, che esprimono un parere fortemente positivo sull’iniziativa del ministro Lorenzin: «Si tratta, pur con tutte le modifiche necessarie sulle sanzioni, di un primo passo importante che consente di mettere il tema della appropriatezza, e in particolare di quella prescrittiva, al centro di un tavolo fatto di soluzioni pratiche e non solo di discussioni filosofiche», ha dichiarato Corrado Bibbolino, segretario nazionale Snr. Per l'esponente sindacale: «Come negli altri paesi dell'occidente per ogni prestazione prevista dal nomenclatore c'è necessità di formulare annotazioni simili che possano essere di aiuto per migliorare il rapporto fra medici e pazienti. Appare però necessario a fronte di questi provvedimenti risolvere rapidamente la questione della responsabilità professionale».
Solidali con i medici le associazioni dei pazienti. «Contro la prospettiva di un medico trasformato in funzionario è necessario confrontarsi per azioni comuni, commenta Tonino Aceti, leader del Tribunale dei Diritti del Malato Cittadinanzattiva. «Avevamo già annunciato la nostra intenzione di mobilitarci e siamo pronti - prosegue - anche a farlo insieme a medici e sanitari su questo specifico tema. Non possiamo non intervenire vedendo che si vuol trasformare il medico da professionista che agisce in scienza e coscienza a funzionario amministrativo che esegue comandi dall'alto per fare cassa».
Contro lo sciopero il Codacons: «Uno sciopero del tutto inappropriato - commenta il presidente Carlo Rienzi - che mira a tutelare più gli interessi della categoria che quelli della collettività». «Sosteniamo questa battaglia del ministro della Salute Lorenzin - conclude - perché la sanità rappresenta il settore dove si concentrano gli sprechi più costosi a danno della collettività e perché la lotta agli sprechi deve necessariamente passare per tagli alle prestazioni inutili».
E iniziano a prendere posizione anche le Regioni, che dovranno a stretto giro esaminare il testo del decreto in Conferenza Stato Regioni. Sul fronte del no il governatore del Veneto Luca Zaia che parla di «208 inutili schiaffi ai malati e ai prescrittori. Ingiusti per gli obiettivi delle punizioni pecuniarie: a cominciare dalla gente malata che vuole sapere cos'ha e come può essere curata; inutili perché non servirebbero se si seguissero le politiche di appropriatezza attuate da tempo in Veneto. Se i gabellieri Renzi e Lorenzin si aspettano che saremo noi a mettere le mani nelle tasche dei cittadini e dei professionisti per loro conto si sbagliano di grosso. Dovranno mandare qualcuno di loro fiducia a fare il lavoro sporco, perché qui in Veneto non ce n'è alcun bisogno. Non lo dico io, lo dicono i dati».
A favore il Piemonte: «Il tema dell'appropriatezza delle prestazioni sanitarie - sottolinea l'assessore alla Sanità della Regione Piemonte, Antonio Saitta - è centrale per la Regione Piemonte. Ci abbiamo lavorato fin dai primi giorni del nostro insediamento, con convinzione, non solo perché siamo, da anni, una Regione in piano di rientro ma perché riteniamo che migliorare il livello di appropriatezza sia un passaggio obbligato, se vogliamo che il servizio sanitario nazionale regga e mantenga le caratteristiche di universalità che lo rendono da sempre uno dei migliori». «L'Italia - prosegue Saitta - è ai primi posti dei Paesi Ocse per numeri di Tac e risonanze magnetiche, superata solo dalla Grecia e da Cipro. Il 22% di esami e prestazioni sono relativamente inappropriati e un altro 22% assolutamente inappropriato. Un esame su tre non dovrebbe essere prescritto».
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