In parlamento
Dl liste d’attesa: siglato il compromesso sull’art.2, i controlli restano alle Regioni con il Ruas
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Dovrebbe slittare a domani l’esame del decreto sulle liste d’attesa in sanità nell’aula del Senato. Lo ha chiesto lo stesso presidente della Commissione Affari Sociali del Senato Francesco Zaffini secondo cui la maggioranza ha trovato un accordo con le Regioni sui punti più controversi. “L’accordo è stato chiuso - afferma -. Lo spirito è stato quello di trovare un punto di incontro con la Conferenza delle Regioni, per consentire che lo Stato faccia il suo dovere, cioè controlli i flussi di spesa in modo tale che possano determinare risposte per i cittadini, specialmente quando appartengono a una particolare categoria, cioè quella di cittadini fragili che aspettano prestazioni sanitarie”.
Sotto i riflettori l’emendamento con cui si punta a chiudere le polemiche sull’articolo 2 del decreto liste d’attesa, che aveva suscitato contrarietà tra le Regioni prevedendo nella versione originale che un organismo ministeriale potesse esercitare poteri di controllo sulle Asl ed eventualmente prevedere sanzioni in caso di inadempienze sulle norme anti liste d’attesa. Le modifiche nell’emendamento prevedono che i controlli sulle Asl restino alle Regioni attraverso l’istituzione di un Responsabile unico dell’assistenza sanitaria regionale (Ruas) che dovrà monitorare i tempi nelle aziende sanitarie e segnalare eventuali problematiche.
Se nella vecchia versione del testo, l’organismo ministeriale aveva il “compito di vigilare e svolgere verifiche presso le aziende sanitarie locali e ospedaliere”, nel nuovo testo eventuali verifiche saranno su base regionale, con Ruas responsabili “del rispetto dei criteri di efficienza nella erogazione dei servizi e delle prestazioni sanitarie e sul corretto funzionamento del sistema di gestione delle liste di attesa e dei piani operativi per il recupero delle liste medesime”. Salvi i “poteri sostitutivi” previsti in capo allo stesso Organismo in caso di inadempienze da parte delle Regioni.
Secondo Zaffini “ci sono passaggi prettamente tecnici” da ultimare, come la bollinatura del Mef sulle proposte di modifica. E per questo è stato chiesto il rinvio del dibattito in Aula ad oggi “auspicabilmente senza fiducia se l’opposizione ce lo consente. E’ chiaro che se ci butta su mille emendamenti dobbiamo mettere la fiducia. Altrimenti no, anche perché abbiamo ancora tutto oggi e tutta domani per esaminarlo”.
Al termine della discussione in Aula, il Governo ha deciso di non porre la questione di fiducia. La maggioranza punta ad approvare entro domani il provvedimento, che poi dovrà passare alla Camera, dove è già in calendario per la prossima settimana. Il decreto va convertito in legge entro il 6 agosto.
Per Raffaele Donini, coordinatore della Commissione Salute in sede di Conferenza delle Regioni e assessore alla Sanità in Emilia-Romagna le Regioni “hanno preso atto che il Governo è disponibile a fare retromarcia sull’articolo 2 del decreto liste d’attesa che avevamo denunciato come una lesione dell’autonomia regionale, per la quale ci saremmo riservati di fare un ricorso alla Corte costituzionale”. “Certamente - aggiunge - per molte Regioni anche se non tutte, restano sullo sfondo ampie criticità per quanto riguarda l’efficacia del decreto . Perché mancano risorse aggiuntive e perché il decreto non prevede ancora una proposta sull’appropriatezza delle prestazioni e sulla riorganizzazione della sanità territoriale , materie che viaggeranno nel disegno di legge”.
Critiche, invece, le opposizioni. “Il decreto sulle liste d’attesa è un provvedimento vuoto - ha detto la segretaria del Pd Elly Schlein in una conferenza stampa al Senato - un decreto fuffa perché non si può pensare di abbattere le liste d’attesa senza aggiungere un euro a un sistema già sottofinanziato. Non si può pensare di addossare responsabilità a medici e infermieri che già fanno i conti con turni massacranti e reparti sempre più vuoti”. Secondo Schlein “il decreto fuffa ora è diventato decreto zuffa, perché la maggioranza litiga al proprio interno e con le Regioni. C’è qualcosa che non funziona e le Regioni lo hanno detto chiaramente”. Per Schlein “è un decreto sbagliato perché non prevede un piano straordinario di assunzioni ma prevede un impianto inquisitorio e sanzionatorio contro le Regioni quasi a crearsi un alibi”. “Il governo - aggiunge - si deve fermare e dare ascolto al mondo della sanità e al territorio e anche a noi che restiamo disponibili a dialogare in Parlamento. Ma la premier Meloni sembra più preoccupata di tenere buono Salvini piuttosto che intervenire sulla sanità”.
“Fermatevi”, è l’appello il presidente dei senatori del Pd Francesco Boccia che sottolinea “l’assenza di dibattito in Aula e il mancato coinvolgimento delle Regioni nella stesura del testo”. “Per noi - aggiunge - è un provvedimento da ritirare e ci auguriamo che tutto quello che non è stato fatto in commissione possa essere fatto in Aula: tutte le opposizioni sono pronte a offrire il proprio contributo per migliorare il testo, il Governo non provi a mettere il voto di fiducia”.
Anche il capogruppo del M5S Stefano Patuanelli critica il provvedimento, parlando di “incapacità del governo che non riesce a dare i pareri per un testo che continua a dividere anche la stessa maggioranza”.
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