In parlamento
Interviste di fine Legislatura/ De Biasi: «Le priorità: universalismo e innovazione dei modelli»
di Barbara Gobbi
È come sempre un fiume in piena, Emilia Grazia De Biasi (Pd), presidente della commissione Igiene e Sanità del Senato. Che in questa intervista passa in (ricca) rassegna l’attività parlamentare dell’ultimo quinquennio, precisando: «In nessun’altra Legislatura si è fatto così tanto per sanità e sociale... Ora pensiamo al domani di un Ssn comunque universalistico».
Bicchiere mezzo pieno?
Il mio bilancio è positivo, anche tenendo conto che venivamo da una stagione di ampi tagli alla Sanità. Accanto a dati di fatto, come l’aumento costante - se pure inferiore ai desiderata - del Fondo sanitario, abbiamo creato i presupposti per una sanità innovativa e universalistica. Penso al Patto per la salute, all’aggiornamento dei Lea, al provvedimento che definisce i criteri dell’Albo dei direttori generali. E penso alle grandi leggi, in cui includo quella sull’autismo, che apre ad esempio alla possibilità di inserimento lavorativo dei disabili psichici. Poi: la responsabilità sanitaria e la delega al governo sulle professioni sanitarie, le questioni che riguardano la ricerca, e mi riferisco non solo alla Piramide dei ricercatori ma anche alla stabilizzazione di 230 precari dell’Iss, arrivata con un mio emendamento, e alla stabilizzazione del personale di Agenas. Mentre a fine dicembre abbiamo compiuto con il Biotestamento un grande passo di civiltà, grazie a un provvedimento equilibrato e non eutanasico. Ma voglio ricordare anche i due emendamenti rivoluzionari che hanno portato ai Fondi per i farmaci innovativi e per gli oncologici innovativi... E la salute mentale, tema molto presente nella nostra attività: basti pensare anche solo alla legge 81 del 2014, che ha portato al superamento degli Opg.
Resta da affrontare il problema della sostenibilità del Ssn. E la vostra Indagine conoscitiva non fa sconti...
Oggi si apre uno scenario da considerare almeno su tre piani. Il primo è quello del finanziamento del Ssn: il secondo è quello “macro”, sul compimento di una riforma vera della legge 833; il terzo piano è quello che io chiamo “la sanità di tutti i giorni”. Che significa territorio, servizi, liste d’attesa, accessibilità. Il presupposto, però, è che siano fatte scelte precise, da parte di istituzioni differenti: il primo punto è un rapporto tra Stato e Regioni che vada oltre il federalismo sanitario. Va riscritta una modalità di lavoro, sia come suddivisione delle competenze sia come capacità dello Stato di monitorare e valutare le Regioni.
E il nodo finanziamento?
Non possiamo scendere al di sotto della soglia Oms, anche considendo che l’Italia è tra i Paesi che spendono meno in Sanità: il Fondo sanitario va implementato, almeno agganciandolo al Pil. Che, per fortuna, sta aumentando. È semplice: senza salute il Pil non si fa, perché in malattia non si produce. Bisogna, certo, anche continuare in un’opera di spesa attenta - ma Stato e Regioni devono mantenere tutti i risparmi ottenuti nella sanità - e ragionare in altro modo: ad esempio dando spazio alle valutazioni economiche, rispetto ai costi evitati. Prendiamo i farmaci innovativi per l’epatite C: la guarigione si traduce in una riduzione dei ricoveri, dei trapianti, in un minor ricorso ai caregiver, nel rientro al lavoro del paziente... Mef e Ragioneria dello Stato dovrebbero aggiornare i loro ragionamenti rispetto al valore dell’innovazione nella sanità. Poi, c’è il tema dell’innovazione organizzativa e di un diverso equilibrio tra ospedale e territorio, anche data l’emergenza cronicità, che richiede di potenziare specialistica e medicina di base.
Un Ssn moderno, innovativo, universalistico, non può vivere senza personale...
Certamente. Scordiamoci che le tecnologie possano sostituire le persone. La XII commissione, a ogni legge di Stabilità ha presentato emendamenti sul personale, ma sono stati puntualmente bocciati. Forse bisogna tornare alla carica in altro modo: siamo di fronte alla scelta tra una sanità pubblica e universalistica e quella delle assicurazioni e del welfare aziendale. Io preferisco la prima...
Eppure si moltiplicano le proposte per riservare l’universalismo ai bisogni gravi...
Come si legge nella nostra Indagine conoscitiva, le proposte in campo sul “secondo pilastro” sono incalzanti e disordinate. Non vorrei che qualcuno scambiasse per scorciatoia una strada che in realtà porta a curare di meno. Perché un’assicurazione non è certo un ente di beneficienza... E poi: gli anziani, i bambini, i “senza lavoro”: da chi sono tutelati? Innanzitutto bisognerebbe fare uno screening per vedere che cosa c’è in questo “secondo pilastro”, come sono i fondi integrativi e cosa e quanto le assicurazioni sono disposte a garantire e rimborsare. Ma certamente non è questa la strada da seguire, per le prestazioni incluse nei Lea.
E per le prestazioni extra-Lea?
Vale la pena lavorare sulle indispensabili cure odontoiatriche, oggi incluse nei Lea solo per i bambini: in questo caso forse si potrebbe ragionare su un doppio binario e su una combinazione che preveda un incentivo alla prevenzione dentale, piuttosto che alle dentiere gratuite. Che, come noto, sono l’approdo finale di una mancata profilassi. E poi, va affrontato tutto il tema della long term care: anche qui bisognerebbe lavorare di più sulla prevenzione - che costa pochissimo ma non si fa - e pensare magari a un “prima di noi”, attivando fin dalla tenera età degli individui una forma di accantonamento di risorse da parte della famiglia, che potranno in futuro servire ai genitori oppure al figlio. Penso al grande tema delle malattie neurodegenerative, innanzitutto l’Alzheimer, rispetto al quale bisogna ragionare anche in termini di innovazione dei modelli di presa in carico, potenziando i centri diurni, ma anche i “caffè” e le case-famiglia.
Quindi un Ssn che si voglia mantenere universalistico, quali priorità dovrà avere?
Intanto l’applicazione dei Livelli essenziali di assistenza e una governance del farmaco, con un ruolo dell’Europa più incisivo sul piano dei farmaci innovativi, che hanno prezzi pazzeschi e rischiano di creare problemi di accesso. Ma sono necessarie anche strategie di contrasto alle liste d’attesa, così come il potenziamento della medicina generale. E per le Regioni virtuose, purché restino nell’ambito dell’universalismo, ben vengano meccanismi premiali.
Intanto, le disuguaglianze sono cresciute...
Come dice Michael Marmot, le disuguaglianze hanno delle determinanti sociali. Non basta l’intervento del medico e dell’infermiere ad affrontarne la complessità. Sarebbe necessaria una rivoluzione del welfare, rispetto alla quale la sanità è uno degli attori...
Un giudizio sull’attuale ministra?
Luci e ombre, come sempre. Ma la valutazione è nel complesso positiva. Tante cose Lorenzin le ha fatte, e le ha anche lasciate fare. Un battaglia che abbiamo portato avanti insieme - e di cui vado fierissima - è quella su Stamina: preservare il Ssn da invenzioni stravaganti e dannose è una priorità. Dalla ministra avrei voluto più velocità su temi come la governance del farmaco, ma certo dipendeva anche da Mise e Mef... In ogni caso il futuro titolare della Salute dovrà lavorare in stretta correlazione con altri dicasteri-chiave.
Senatrice, si ricandiderà?
Tendenzialmente sì, ma deciderà il partito...
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