In parlamento
Gli ultimi dossier del Parlamento
di Roberto Turno (da Il Sole-24Ore di domenica 8 gennaio)
L’affaire-banche da gestire subito con molta cautela al Senato tra prevedibili sgambetti e malumori, a dir poco, anche nella maggioranza. L’ennesimo rilancio sul Mezzogiorno alla Camera tutto da verificare alla prova dei fatti. L’immarcescibile milleproroghe da tenere al guinzaglio sempre a palazzo Madama per evitare le classiche imboscate dell'assalto all'ultimo treno utile dei singoli senatori (e poi deputati) per agganciare alla locomotiva in corsa i classici vagoncini elettorali localistici utili alla causa elettorale più o meno alle porte, non si sa mai. E poi la carica di leggi e leggine, più o meno grandi, più o meno utili, più o meno riformatrici, che ogni fine Legislatura si porta sempre con sé. Con tutte le inevitabili conseguenze per la finanza pubblica e per la buona amministrazione quando si tratta di un puro e semplice assalto alla diligenza. C'è tutto questo, e anche molto di più, nel battesimo di fuoco che attende il Governo fotocopia di Paolo Gentiloni in quello che da oggi va considerato il suo vero e proprio battesimo parlamentare.
Ma c'è anche, da parte del nuovo inquilino di palazzo Chigi e della sua nuova-vecchia squadra, la necessità da subito di mettere a fuoco le priorità parlamentari su cui forzare la mano. E quelle a cui rinunciare. Al netto della nuova legge elettorale, è chiaro, e delle incognite sulla data delle urne. Quella è la vera partita di questo gelido inverno 2017, così caldo però in Parlamento. Ma è anche in un certo senso una partita a parte, il post Italicum che sarà. Il resto – le leggi da fare e da far uscire dai cassetti – sono quasi una sorta di contorno. Ma in più casi di tutto rispetto. Anche perché tra le leggi incompiute che l'ex premier Matteo Renzi non ha saputo-potuto portare a termine, troppe sono davvero molto attese. Lo sono da troppo tempo, anche più di 1.200 giorni. E toccano diritti sociali e civili ed economici irrinunciabili. Fallirle, derubricarle a un nulla di fatto, anche in quel che resta di questa XVII legislatura, sarebbe un peccato grave. Tanto più a ridosso – 3, 9 o 12 mesi che siano – delle elezioni. Quando al voto gli italiani andranno anche con la contabilità di quel che doveva essere ma che non è stato tra promesse mancate e buone leggi fallite.
E un autentico puzzle quello che il Parlamento, e tanto più il Governo, si trova ad affrontare da domani dopo venti lunghi giorni di vacanza e un cambio di inquilino a palazzo Chigi. Perché la ripresa sarà da brividi. Tutto e subito sul tappeto. Intanto i tre decreti legge – banche. Mezzogiorno, proroghe - varati prima della fine dell'anno. Il salva Monte dei Paschi e messa al riparo del sistema creditizio, al Senato, inizia il suo cammino, proprio mentre martedì l'aula potrebbe votare la richiesta d'urgenza per la commissione d'inchiesta sul caso Mps. Il decreto-Sud che fa il suo esordio alla Camera. E ancora quello delle milleproroghe che debutta sempre al Senato.
Tutto questo, mentre mercoledì 11 è atteso il verdetto della Consulta sul referendum anti Jobs act, altro macigno di questo scorcio finale di Legislatura in qualche modo collegato alla data del voto per le politiche: se la Consulta dirà sì al referendum, almeno nel Pd “lato Renzi” ci sarebbe una ragione in più per votare entro giugno e dunque spostare di un anno il referendum, a meno di una nuova legge. Ma intanto spicca la coincidenza, il pomeriggio di martedì 10, quasi nelle stesse ore della decisione della Consulta, dell'“informativa” di Giuliano Poletti in aula al Senato per le sue improvvide dichiarazioni sui giovani italiani emigrati (scappati) in cerca di lavoro e di un futuro. E per restare nei dintorni del lavoro, ecco alla Camera in commissione sempre da mercoledì la ripresa della riforma della “disciplina del lavoro accessorio”, voucher inclusi, con 5 proposte tra cui quella di Cesare Damiano (Pd). Segno che la battaglia è destinata a surriscaldarsi. E che il Pd marcia sempre più in ordine sparso.
Poi ci sono le “leggi da novanta” al palo, quelle targate palazzo Chigi, promesse e sbandierate, ma che da mesi ormai fanno la muffa nei cassetti parlamentari. Leggi collegate perfino alla manovra 2015 e che non per questo ce l'hanno fatta, tra faide di partiti, spaccature nei gruppi, assalti delle lobby.
Sono i provvedimenti di cui fin da gennaio si potranno in qualche modo capire le sorti. La riforma del processo civile da tutti dichiarata indispensabile e che per l'economia sarebbe (se en fatta) una manna dal cielo (risale alla manovra 2015). La riforma del processo penale con annesso allungamento della prescrizione. La legge annuale 2015 sulla concorrenza, che potrebbe subire un'accelerata ma non si sa in quale direzione. Il contrasto alla povertà (manovra 2016). Tutte misure che hanno un (insidioso) comun denominatore: sono ferme al Senato. Dove non a caso la maggioranza era assai meno solida con Renzi premier, e adesso lo è anche di più. Unica eccezione è il welfare per i lavoratori autonomo (collegata alla manovra 2016), che è in commissione alla Camera.
Ma non è tutto qui, è chiaro. Perché non può essere considerata inutile o “piccola” la legge sulla responsabilità professionale di medici e operatori sanitari: balla in Parlamento da 1.214 giorni e chissà che entro la settimana il Senato non riesca rispedirla alla Camera, in terza lettura. Sempreché la Camera faccia poi in tempo ad approvarla definitivamente prima dello stop alla Legislatura.
Ma ci sono (ci sarebbero) anche la stretta sulla certificazione ecologica dei cosmetici, sull'uso del suolo o sulle aree protette. Anche quel conflitto d'interessi che come il filo spinato nessuno ha mai il coraggio di toccare davvero, la class action, magari anche l'impossibile in Italia legalizzazione della cannabis. Anche se almeno un minimo di buon senso, anzi di vero e proprio senso di dignità, non guasterebbe ai parlamentari in uscita: basta pensare a leggi non fatte come il delitto di tortura, il diritto di cittadinanza, il contrasto a omofobia e transfobia. Una su mille magari ce la farà. Chissà che non possa esserci quella sui nuovi Ordini e albi delle professioni sanitarie – un tema, gli Ordini, tanto ostico all'Antitrust – che risale al Governo di Enrico Letta: si tratta di diverse centinaia di migliaia di operatori. Che sono voti sonanti. Acchiapparli può far sbancare le urne ai promotor. Che, c'è da giurarlo, saranno in tanti. Se il 17° Parlamento repubblicano durerà abbastanza.
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