In parlamento

Appropriatezza prescrittiva: l’inerzia dei medici e le imposizioni della politica

di Nino Cartabellotta (presidente Fondazione Gimbe)

S
24 Esclusivo per Sanità24

Con la “manovra d’estate” Governo e Regioni hanno concordato di recuperare 106 milioni/anno dal 2015 al 2017 da prestazioni specialistiche e riabilitative inappropriate. A meno che la discussione parlamentare non faccia saltare il banco, come si può paventare dagli eventi delle ultime ore, un decreto ministeriale definirà le condizioni di erogabilità e le indicazioni prioritarie per tali prestazioni. Al di fuori di tali condizioni le prestazioni saranno poste a totale carico dell'assistito, con penalizzazioni economiche per i medici non in grado di motivare le prescrizioni inappropriate, oltre che per i direttori generali che non abbiano applicato tali misure sanzionatorie nella propria azienda.

Il problema delle prestazioni inappropriate esiste in tutti i setting assistenziali ed ha conseguenze cliniche, economiche e sociali molto rilevanti. Tuttavia, se non è compito della politica definire i criteri di appropriatezza professionale, che derivano dalle migliori evidenze scientifiche, la classe medica non può limitarsi ad una levata di scudi, ma deve riconoscere l'esistenza del fenomeno e pianificare azioni concrete, in assenza delle quali la politica finisce per sostituirsi alla scienza medica senza alcun imbarazzo.
Inoltre, se è indubbio che il timore di conseguenze medico-legali per aver tralasciato qualcosa spinge i medici a prescrivere ogni possibile test diagnostico e a mantenere un approccio terapeutico spesso aggressivo, bisogna accettare che la medicina difensiva è diventata un mero paravento per giustificare le inappropriatezze prescrittive. Se così non fosse, i contenziosi da eccessi diagnostici e terapeutici non sarebbero in costante ascesa, testimoniando che la medicina difensiva non riesce nemmeno a raggiungere il suo obiettivo primario.

Per tali ragioni - nell’ambito del progetto “Salviamo il nostro Ssn” - la Fondazione Gimbe ritiene necessario ribadire dieci punti al fine di avviare un confronto collaborativo tra gli stakeholders della sanità sulla spinosa questione dell'inappropriatezza prescrittiva.
1. I criteri di appropriatezza professionale derivano dalle evidenze scientifiche o, in assenza di queste, da processi di consenso formale.
2. Il primum movens dell'inappropriatezza professionale è l'asimmetria informativa tra le evidenze scientifiche disponibili e le conoscenze integrate dai medici nelle proprie decisioni e dai cittadini-pazienti nelle scelte che riguardano la propria salute.
3. L'inappropriatezza professionale può essere in eccesso (overuse) o in difetto (underuse): ridurre la prima permette di recuperare risorse, implementare la seconda richiede investimenti.
4. Qualunque intervento per ridurre l'inappropriatezza professionale deve essere guidato dal principio del “disinvestimento e riallocazione”, perché in tutti i percorsi assistenziali convivono aree di overuse e di underuse.
5. L'inappropriatezza professionale, in particolare quella relativa ai test diagnostici, non può essere “giustificata” solo dalla medicina difensiva, alla quale si affiancano altre determinanti di sovra-utilizzo: logiche di finanziamento e incentivazione di aziende e professionisti basate sulla produzione, medicalizzazione della società, aspettative di cittadini e pazienti, turnover delle tecnologie sanitarie, conflitti di interesse.
6. La scienza della modifica dei comportamenti professionali (implementation science), finalizzata a migliorare l'appropriatezza prescrittiva, lungi dal fornire “ricette magiche”, insegna che i risultati migliori si ottengono con strategie multifattoriali che combinano vari interventi in relazione agli ostacoli locali.
7.Non esistono evidenze scientifiche che sostengono l'efficacia di sanzioni economiche ai medici con l'obiettivo di migliorare l'appropriatezza prescrittiva.
8.L'utilizzo indiscriminato delle tecnologie diagnostiche contribuisce all'eccesso di medicalizzazione della società perché la tecnologia, profondamente radicata nel nostro concetto di malattia e nella nostra cultura, genera atti di fede non basati sulle evidenze.
9.Occorre migliorare la governance delle innovazioni tecnologiche, favorendo l'introduzione nella pratica clinica solo di quelle che, oltre a presentare chiare evidenze di reali benefici, hanno un elevato value.
10.È indispensabile ricostruire un'adeguata relazione medico-paziente, fornendo informazioni bilanciate su rischi e benefici degli interventi sanitari e permettendo al paziente di sviluppare aspettative realistiche e prendere decisioni realmente informate.

Il sovra-utilizzo di servizi e prestazioni sanitarie è un complesso fenomeno professionale, etico, sociale ed economico e qualunque soluzione proposta per arginare l'inappropriatezza prescrittiva non può prescindere dalla necessità di interventi sociali e culturali, in particolare dalla responsabilità di informare adeguatamente cittadini e pazienti sull'efficacia, sicurezza e appropriatezza degli interventi sanitari, al fine di arginare quell'asimmetria informativa tra il mondo della ricerca e quello dell'assistenza, che genera aspettative irrealistiche nei confronti di una medicina mitica e di una sanità infallibile, aumentando il contenzioso medico-legale.


© RIPRODUZIONE RISERVATA