Imprese e mercato
Dalla farmacia all’allungo di Amazon negli Usa
di Ettore Jorio
Amazon è pronta (almeno ci prova con i suoi potenti mezzi) a iniziare negli Usa la commercializzazione dei farmaci online. Più esattamente, ha già ottenuto le relative autorizzazioni negli Stati federati di: Alabama, Arizona, Connecticut, Idaho, Iowa, Louisiana, Michigan, Nevada, New Hampshire, New Jersey, North Dakota, Oregon, e Utah. Rimane il problema, da tutti (anche lì) negligentemente sottovalutato delle rispettive prescrizioni mediche, cui stanno lavorando gli apparati coinvolti e interessati esclusivamente al relativo business di trasferire i medicinali dagli scaffali assistiti professionalmente all'algido e-commerce.
Il modo per modificare il tradizionale rapporto tra l'acquirente e il farmacista, rimettendo ad un click la correttezza della transazione, a discapito del rapporto umano tra i medesimi esistente e del più naturale confronto sulle controindicazioni d'uso e sull'ottimale consumo dei farmaci. Non solo. Così facendo si darebbe modo, anche nel commercio elettronico dei farmaci, che si ingenerassero verosimili truffe relazionate alla messa in commercio di prodotti non garantiti, sia nella loro originalità che nella loro conservazione, così come invece tradizionalmente assicurate alla collettività interessata agli acquisti dal farmacista di fiducia.
Tutto questo rappresenta l'apice di quanto prodotto dagli illusionisti della liberalizzazione delle farmacie. Di chi ha preteso (in Italia, Bersani in primis) che liberalizzare le farmacie - nel senso di rendere il farmaco vendibile (prescindendo dalle sue divisioni categoriche) al di fuori del canale tradizionale - fosse un obiettivo della sinistra, salvo poi non ben comprendere né cosa fossero gli esercizi farmaceutici e né tampoco la stessa sinistra. Invero, la titolarità delle farmacie nel nostro paese è, da sempre, sovraintesa al rilascio di un provvedimento amministrativo di natura concessoria, attraverso il quale lo Stato (prima) e le Regioni/Province Autonome (oggi) trasferiscono ai concessionari privati (ma anche pubblici, se riferiti alle farmacie comunali) il loro diritto di somministrare ai cittadini i farmaci e i prodotti medicamentosi.
Liberalizzare la farmacia, così come venduto come aspirazione tra le lenzuolate oramai di antica memoria quale soluzione politica per consegnare la loro titolarità a tanti giovani farmacisti disoccupati/inoccupati, ha significato abbassare soltanto la soglia delle tutele sottintese alle concessioni, garanti di una vendita assistita e protetta dalla responsabilità del concessionario, farmacista ovvero società speziali (oggi società di capitali). Quella concessione che ha costituito e costituisce ancora, prescindendo dall'allargamento della titolarità alle società, lo strumento di diritto per la tutela dei consumatori di medicinali, ma sopratutto di salute. Ciò in quanto al presidio sanitario «farmacia» è stato affidato e assicurato dal legislatore, da circa un secolo, oltre al relativo servizio di somministrazione, ovunque, delle sostanze medicamentose, quello di garantire in loco l'assistenza salutare «di accompagno» professionale, fisico e psicologico, agli stati morbosi più ricorrenti nella popolazione consegnata alla loro «custodia» salutare assicurata dallo strumento della pianta organica, erroneamente non più di moda.
Aver fatto la guerra alla natura concessoria, che ha caratterizzato e caratterizza l'assistenza farmaceutica nel Paese, ha significato l'abdicazione del legislatore dall'adoperarsi per la sua salvaguardia. La titolarità pubblica, esercitata direttamente ovvero attraverso i suoi concessionari (le farmacia comunali e private), ha fatto sì che la farmacia si rendesse protagonista e garante, da quasi un secolo, della distribuzione dei farmaci su tutto il territorio nazionale. Invero, non v'è stato un pezzo del bel Paese, intendendo tra questi quei seimila comuni con meno di cinquemila abitanti (tra i quali 3.521 sotto i duemila), che non abbia goduto dell'assistenza farmaceutica e del contributo professionale del farmacista. Una prerogativa riconosciuta in capo al farmacista-concessionario del relativo servizio condivisa anche a livello di giurisprudenza comunitaria, che ha riconosciuto la riserva destinata in suo favore legittima perché “giustificata dall'interesse generale di tutela della sanità pubblica”.
Le ultime mosse legislative (ovverosia quella di estendere la titolarità alle società di capitali) e di esasperazione imprenditoriale (ovverosia di forzare la mano per pervenire alla vendita dei medicinali online) sembrano mettere in pericolo quanto sino ad oggi capitalizzato nell'erogazione del livello essenziale di assistenza farmaceutica che, dalle nostre parti, è ancora la migliore del pianeta, sia sotto il profilo della capillarità erogativa che della portata/qualità professionale che esprime.
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