Imprese e mercato
Andi: gli italiani non si curano per motivi economici, sbloccare l’assistenza integrativa
di Ernesto Diffidenti
Cresce a oltre 5 milioni il numero degli italiani che non può permettersi il dentista. Secondo l’Istat a rinunciare alle cure odontoiatriche non sono solo le fasce di popolazione socialmente deboli ma anche la classe media e soprattutto quella autonoma. Spicca anche il dato degli occupati: il 12%, con punte che superano il 15%, ha rinunciato a visite e terapie per lo più per motivi economici (l’87% degli intervistati). Per questo l’Associazione nazionale dentisti italiani (Andi), nel corso di un convegno al ministero della Salute, ha rilanciato il progetto dell’assistenza integrativa.
La soluzione è già delineata ma resta bloccata presso i ministeri competenti. Andi, infatti, ha attivato il Fondo Fas (Fondazione Andi Salute) che consentirebbe a tutti i cittadini l’intera deducibilità fiscale fino a 3.615,20 euro/anno per le cure mediche e odontoiatriche, senza scendere a compromessi sulla tipologia di cura. «Un vantaggio fiscale che però ad oggi non abbiamo la certezza di poter garantire ai pazienti che sottoscrivono il fondo - spiega il presidente Gianfranco Prada - per dubbi interpretativi che al momento consentono solo agli studi accreditati con il Ssn di poter erogare le prestazioni». E si tratta di una goccia nel mare poiché il 90% circa degli italiani sceglie un dentista privato, il 5% una struttura odontoiatrica e solo il 4% si rivolge al Ssn (il restante 1% si affida ai viaggi nei paesi dell’Est Europa).
«Attendiamo una risposta dai ministeri competenti - aggiunge il presidente Andi - per riuscire a dare quel supporto necessario a milioni di italiani che hanno problemi di salute orale e consentire a coloro che ne hanno bisogno di affidarsi alla rete selezionata tra i 24 mila dentisti associati su tutto il territorio italiano».
Insomma, il sistema dell'assistenza sanitaria integrativa, nato proprio per “sopperire” alle carenze del Ssn per le prestazioni considerate non Lea e quindi soprattutto odontoiatria e assistenza a lungo termine, «è rimasto incompiuto e ciò a fronte di una richiesta che cresce rapidamente per importanza e per dimensioni in un contesto normativo malamente regolato dove non vi è chiarezza su istituti giuridici, modalità di erogazione delle prestazioni, verifiche della qualità dell’assistenza erogata, sostenibilità nel tempo, affidamenti in gestione applicazione delle agevolazioni fiscali».
Ad oggi i fondi sanitari integrativi Doc (quelli che consentono di ottenere le agevolazioni fiscali) sono 8 con 9.156 iscritti ed 1.250.000 euro di risorse impegnate, gli altri fondi sanitari integrativi (prevalentemente legati ai contratti di lavoro) sono 297 con 9.145.336 iscritti e 2.242.215.000 euro di risorse impegnate.
«La legge istitutiva dei fondi sanitari è fallita e il tentativo di riformarla con i decreti Turco e Sacconi ha prodotto una diseguaglianza tra i cittadini - commenta Prada -. I lavoratori dipendenti ed i loro familiari possono godere delle agevolazioni fiscali offerte dai contratti di lavoro usufruendo dalla sanità integrativa contrattuale dei Fondi non Doc, con molte limitazioni, sprechi di risorse e inappropriatezza delle cure. Il resto della popolazione (la maggioranza) non ha possibilità di accedere al secondo pilastro della sanità soprattutto per l'odontoiatria, col paradosso che i Fondi Doc dedicati, che prevedono sgravi fiscali, non possono operare».
Il Fondo Fas dell’Andi, dunque, consente di sviluppare un’offerta di cure odontoiatriche indirizzata alla totalità dei cittadini e non solo ai lavoratori dipendenti, «potendo utilizzare il vantaggio del risparmio fiscale che, ora come mai prima, è una variabile dalla quale è impossibile prescindere per fare una proposta economica realmente conveniente».
«La nostra proposta - conclude Prada - si fonda sul dare priorità alle scelte cliniche rispetto a quelle economiche, quindi le cure - odontoiatriche, nel nostro caso - devono essere necessarie ed appropriate sulla base di una diagnosi e di un piano di cura e non attraverso un elenco che può far comodo solo a chi “vende prestazioni” col risultato di produrre over treatment. Nella prestazione sanitaria resta fondamentale la presa in carico del paziente e la relazione professionale con il medico».
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