Imprese e mercato
Farmaci made in Italy, i numeri dell’eccellenza
di Red. San.
Il 2015 conferma la posizione di eccellenza dell'Italia per la produzione farmaceutica nell'Ue: seconda in Europa, con la possibilità di diventare prima nel medio periodo. Quasi 200 aziende, 63.500 addetti (90% laureati o diplomati), 6.100 ricercatori, 2,6 miliardi di investimenti nel 2015 (1,4 in R&S e 1,2 in produzione). E poi 30 miliardi di euro di produzione, il 73% destinato all'export. Sono i risultati delle imprese del farmaco made in Italy presentati oggi nel corso del roadshow di Farmindustria «Innovazione e Produzione di Valore. L'industria del farmaco: un patrimonio che l'Italia non può perdere» presso lo stabilimento di Bidachem Boehringer di Fornovo San Giovanni (BG) dove si è svolto un focus sulle eccellenze farmaceutiche della Regione.
Il settore, dal 2010 al 2015, è primo per crescita: della produzione industriale (+11%, media manifatturiera: -7%) , dell'export (+57%, media manifatturiera: +23%) , della produttività (+21%, media manifatturiera: +5%).
Numeri che hanno portato l'Italia al secondo posto - con l'ambizione di diventare prima - in Europa, dietro la sola Germania, per valore assoluto della produzione ma al primo per produzione procapite. E le performance sono da primato anche sulle vendite all’estero: dal 2010 al 2015 l'export farmaceutico dell'Italia è cresciuto significativamente di più della media Ue28, più di tutti i Big Ue.
L'industria tricolore vanta eccellenze nel biotech, negli emoderivati, nei vaccini, nei farmaci per malattie rare e nelle terapie avanzate (3 su 6 approvate in Europa sono nate dalla Ricerca in Italia).
Un’industria all'avanguardia e proiettata al futuro. Come dimostrano le tecnologie di industria 4.0 usate nei processi e nelle cura delle malattie e i 700 milioni di euro investiti in studi clinici, presso le strutture del Servizio Sanitario Nazionale. Senza dimenticare l'aumento dell'occupazione, anche grazie al Jobs Act: nel 2015 le 6.000 nuove assunzioni - la metà under 30 - hanno superato il numero dei lavoratori in uscita. Con un incremento del 20% rispetto ai 4 anni precedenti. E nel 2016 il numero degli addetti è in crescita (1%).
Risultati che fanno ben sperare in vista dello 'tsunami buono' che sta per arrivare: i 7.000 farmaci in sviluppo nel mondo avranno un ruolo fondamentale nella cura di diverse patologie, anche nella medicina di genere. Punti di forza di un Paese che nella farmaceutica è ai vertici e può dire la sua nel contesto internazionale.
Anche nella Ricerca - sempre più diretta a terapie personalizzate, come dimostrano anche i 324 prodotti biotech in sviluppo - grazie alle sue diffuse eccellenze, competenze e una sinergia sempre maggiore tra imprese, centri di ricerca e università.
E l'importanza delle imprese del farmaco è evidente anche considerando il contributo economico offerto al Paese: 14 miliardi versati, insieme all'indotto (3,4 miliardi in investimenti, 6,2 in stipendi e contributi, 4,4 in imposte), a fronte di una spesa pubblica di 13,6 miliardi. Ecco perché l'industria farmaceutica è un patrimonio che l'Italia non può perdere.
Fiore all'occhiello è la Lombardia. Prima Regione con circa metà della presenza industriale e di R&S in Italia, 100 aziende e oltre 30 centri di ricerca, 28.000 addetti (e altri 18.000 nell'indotto), prima nella R&S per numero di addetti, circa 3.000, e per investimenti, 400 milioni di euro. Un'eccellenza anche in Europa, con il secondo posto del podio per numero di addetti nell'industria farmaceutica. E al gradino più alto poi come Regione biotech del Paese con 10 centri di ricerca e 17 impianti di produzione.
«La Lombardia può diventare ancora di più un punto di riferimento dell'innovazione tricolore a livello mondiale – precisa Massimo Scaccabarozzi, presidente di Farmindustria – con l'avvio di Human Technopole e l'auspicato trasferimento dell'Ema (Agenzia europea del farmaco) a Milano. Il Paese, secondo quanto emerge da un dato elaborato dal Censis, è già percepito dagli italiani come tra i migliori al mondo per capacità di innovazione. In particolare le “invenzioni” più apprezzate sono quelle legate all'ambito farmaceutico (87,2%). E, inoltre, secondo un'indagine di Bain & Company – spiega Scaccabarozzi - il 75% delle aziende è intenzionato ad aumentare le spese in R&S nei prossimi anni e il 20% a confermarle. Gli ingredienti per diventare sempre più una calamita di innovazione ci sono tutti».
«L'Italia – conclude Scaccabarozzi – ha ricercatori brillanti, giovani innovativi e imprenditori coraggiosi e può diventare hub anche della Ricerca. Con ricadute significative pure per i singoli territori. In particolare la Lombardia, che ha una profonda tradizione farmaceutica, è una fucina di industrie e conoscenza con una posizione di leader naturale. Per attrarre gli investimenti è però necessario assicurare regole certe e una nuova governance farmaceutica. La partita dell'innovazione è già in corso e possiamo vincerla».
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