Imprese e mercato

Il valore della medicina di laboratorio, Il Sole 24 Ore Sanità apre un tavolo di lavoro

di Red. San.

Spendere bene, certo. Senza sprecare. Ma “spendere come”? Per acquistare “cosa”? Ovvero: il prodotto di quale gamma, il servizio di quale livello, che tipo di efficienza, la tecnologia quanto avanzata e quanto profonda? Insomma: acquistare bene - che è l’imperativo sempre e comunque, la stella polare da tener sempre ferma nel mirino di tutti i giorni - ma per garantire quale salute, quale livello di assistenza, quale uniformità di cure senza magari più quegli ottovolanti che tutti ben sappiamo in un Paese che il federalismo insano di 15 anni ha contribuito per la sua non piccola parte a frantumare?

La spending review, la (iper) centralizzazione degli acquisti, la necessità di tenere ben salde le briglia della spesa, l’obbligo di “comprare bene”, non possono farci dimenticare mai che a onte - prima di tutto - c’è l’obbligo della buona cura, anzi della migliore cura. E allora, il dilemma risparmiare-curare deve svolgersi su questo doppio binario. Senza trucchi e imbrogli, va da sé. Per questo Il Sole-24 Ore Sanità ha deciso di avviare una iniziativa specifica, forse mai tentata in questo modo. Parte così il 13 settembre a Roma il 1° tavolo di lavoro che abbiamo denominato «La medicina di laboratorio: un valore per la salute italiana». Primo di tre appuntamenti dedicati ai temi più caldi della diagnostica in vitro: l’incontro di settembre approfondirà tutti gli aspetti del public procurement attraverso un confronto tra diversi protagonisti ciascuno per la sua parte coinvolto su questo tema. Saranno presenti al confronto: Tonino Aceti, coordinatore nazionale del Tribunale per i Diritti del Malato; Claudio Amoroso, membro del Direttivo Fare; Massimiliano Boggetti, Presidente Assodiagnostici di Assobiomedica; Pierangelo Clerici, Presidente FISMeLAB; Lorenzo Leogrande, Presidente Aiic; Roberto Stella, Presidente Snamid.

Ciascun partecipante presenterà la propria posizione sulla tematica degli acquisti dei dispositivi medico-diagnostici in vitro in un documento, che verrà pubblicato da Il Sole 24 Ore Sanità e che servirà da spunto per elaborare nella massima indipendenza un «Manifesto» condiviso da tutti gli attori del sistema.

Gli incontri successivi verteranno quindi sull’appropriatezza nella diagnostica di laboratorio e sull’innovazione tecnologica prodromica all’avvio della medicina personalizzata. Temi caldi, attualissimi, che guardano al presente ma che si proiettano necessariamente (e obbligatoriamente) verso il futuro, verso cure e assistenza che vanno modificandosi anche nell’appiccico alla velocità della luce.

Il comparto della diagnostica in vitro è una delle eccellenze italiane. Con numeri di tutto rispetto. Le imprese di diagnostica in vitro in Italia sono 260, occupano 6.278 addetti con un fatturato medio pari a 10,2 milioni di euro. La maggior parte, ovvero 201, sono imprese nazionali e 59 sono multinazionali. Sono 139 le imprese di produzione, mentre quelle di distribuzione sono 121. La loro maggiore concentrazione è in Lombardia, seguita da Lazio, Toscana, Veneto ed Emilia-Romagna.

Delle 291 imprese start-up censite nel settore dei dispositivi medici, 75 sono di diagnostica in vitro.

Infatti il numero principale delle start-up risulta attivo nel comparto della diagnostica in vitro (26%), seguito dal biomedicale strumentale (21%) e da quello dei servizi e software (20 per cento).


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