Imprese e mercato

Farmaci, conto terzi da primato

di Rosanna Magnano

Un’eccellenza dell’industria farmaceutica italiana leader in Europa per valore della produzione, pari a 1,5 miliardi e per livelli occupazionali, con 8mila addetti. Che tra il 2010 e il 2015 ha messo a segno una crescita del 24% nella produzione e del 34% nell’export. Ma anche un comparto caratterizzato da una propensione per il futuro decisamente positiva, con l’80% degli imprenditori che prevede un’ulteriore crescita da qui al 2020. È la produzione conto terzi - o Contract development and manufacturing organization (Cdmo) - che raggruppa le imprese che effettuano produzioni e controlli di farmaci esternalizzati da aziende titolari dell’autorizzazione all’immissione in commercio. A fare il punto lo studio Prometeia presentato questa mattina a Milano: «Il Cdmo farmaceutico: un’eccellenza dell’industria italiana».

Una punta di diamante nel quadro già brillante di un’industria farmaceutica che in Italia rappresenta il primo settore per investimenti, export, valore aggiunto e competitività. E che insieme a pochi altri ha ormai archiviato la crisi iniziata nel 2008.

E in questo contesto, il primato europeo del Cdmo è visto da Farmindustria come un esempio apripista: «L'Italia è il secondo Paese Ue per produzione farmaceutica - sottolinea il presidente di Farmindustria Massimo Scaccabarozzi - dopo la Germania, e vuole diventare il primo. E il caso del Cdmo dimostra che questo è possibile».

Ma perchè questa ambizione si realizzi, imprese e istituzioni devono essere partner per la crescita, a partire da alcuni aspetti strategici: «Una nuova governance della spesa - continua Scaccabarozzi - è condizione necessaria per rendere il sistema attrattivo per gli investimenti; sui processi autorizzativi va rafforzato il lavoro comune con Aifa per una maggiore efficienza e per recepire le novità dei modelli produttivi a livello internazionale (dialogo su Industria 4.0); l'Italia infine può e deve diventare un hub europeo per gli studi clinici».

Intanto i contoterzisti cavalcano l’onda. Una nicchia ad alta specializzazione che in poco tempo - dai primi passi negli anni ’90 - si è fatta largo sul mercato globale. Sulla scia dei cambiamenti della domanda farmaceutica mondiale, tra scadenze brevettuali e necessità di concentrare le risorse su aree di specializzazione, con l'industria che ha sempre più esternalizzato diverse attività – produzione ma anche sviluppo – attivando una domanda sempre più importante per il Cdmo.

Sul suolo italico hanno sede importanti aziende, rappresentate all’interno del Gruppo Produttori Conto Terzi di Farmindustria, che riunisce 17 imprese. «Proprio perché in Italia c'è la presenza di soggetti diversi che “ereditano” una cultura industriale di prim'ordine - spiega Giorgio Bruno, presidente Gruppo Produttori Conto Terzi di Farmindustria - la trasformazione del panorama industriale ha fatto sì che si concentrassero le produzioni europee in alcuni impianti, i più performanti. In Italia ci sono tante fabbriche e tante eccellenze. E questo ha fatto la differenza».

L’ultima fotografia scattata da Prometeia mette a fuoco un comparto che negli ultimi anni è cresciuto a ritmi sostenuti. Il confronto internazionale mostra infatti come l’Italia sia prima in Europa, con un valore della produzione pari a 1,5 miliardi di euro.

Un settore da primato, quindi, che ha scalzato paesi leader per l’industria farmaceutica come Germania (1,2 miliardi di euro) e Francia (1,0) soprattutto grazie alla «capacità di gestire efficacemente produzioni di livello qualitativo sempre più elevato». E l’Italia si colloca al primo posto anche sul fronte occupazionale, con circa 8mila addetti rispetto a 6mila in Germania e 5mila in Francia.

I contoterzisti svettano anche rispetto al settore manifatturiero generale. Lo studio Prometeia sottolinea infatti come la quota dell’Italia sul valore della produzione complessiva europea del Cdmo farmaceutico, pari al 29%, sia molto superiore a quella relativa al totale dell’industria manifatturiera (13%), «evidenziando come il comparto rappresenti una delle nicchie di specializzazione del made in Italy nel mondo».

Un settore hi-tech, in crescita grazie a valore aggiunto ed export
Il forte incremento delle esportazioni e la capacità delle imprese di riqualificare l’offerta su attività a valore aggiunto sempre più elevato hanno consentito un aumento del 24% della produzione tra il 2010 e il 2015 (rispetto al -7% dell’industria manifatturiera).

Tutti i segmenti hanno offerto un contributo positivo: dal +9% dei prodotti non sterili (che rappresentano il 53% del totale), al +19% dei prodotti sterili (30% del totale) al +153% della produzione di sostanze ad alta attività e biologiche (17% del totale).

Sul fronte delle vendite all’estero (+34% tra il 2010 e il 2015) Prometeia sottolinea gli ottimi risultati ottenuti sui mercati più avanzati (+304% verso Usa, Canada e Giappone).

Export, solidità patrimoniale, risorse umane altamente qualificate sono i principali fattori di successo. Il report evidenzia come il Cdmo abbia le caratteristiche tipiche di un settore avanzato: il valore aggiunto è pari al 35% del fatturato, rispetto al 22% della media manifatturiera; le esportazioni sono il 65% della produzione, rispetto al 36% della media manifatturiera; la propensione a investire è del 55% superiore alla media degli altri settori.

Le best practice dell’Industria 4.0
Gli investimenti hanno puntato dritto verso un restyling in chiave hi-tech. E dal 2010 a oggi, «l’80% della spesa per investimenti è stato destinato alle linee produttive, sia creandone di nuove sia ammodernando quelle esistenti, ponendo le imprese sulla frontiera tecnologica». La parola d’ordine degli imprenditori del settore è stata quindi quella di «rafforzare le strutture produttive per rispondere con velocità, flessibilità e affidabilità alle richieste del mercato». Un plus che si è rivelato determinante per sostenere la forte crescita degli ultimi anni.

Gli imprenditori intervistati da Prometeia hanno infatti segnalato «casi di gestione automatizzata della supply chain, di controllo remoto dei processi produttivi e di virtual factory - ovvero l’utilizzo di software per pianificare la produzione e riconfigurare gli stabilimenti, effettuando le verifiche di fattibilità in ambiente 3D - elementi che mettono in luce modalità organizzative da Industria 4.0».

Un’energia che non sembra affatto esaurita. Le aziende del settore Conto terzi, assicura il report, «credono nella crescita». E l’indagine mette in evidenza la fiducia degli imprenditori nella possibilità di continuare sulla via dello sviluppo.

Oltre l’80% si attende una crescita della produzione da qui al 2020, che per il 44% sarà superiore al 5% annuo. Punto di forza di queste rosee aspettative: il miglioramento di leve competitive aziendali come efficienza produttiva, elevati standard qualitativi degli impianti, flessibilità e servizio ai clienti. «Le aziende si mostrano quindi determinate a mettersi in gioco in prima persona - spiega lo studio - più che ad affidare a fattori esterni la propria capacità di crescita sui mercati globali».

La nuova offerta «chiavi in mano»
E per aumentare la competitività si punta anche su nuove formule e nuove specializzazioni, come l’offerta al cliente “chiavi in mano”. Linee produttive più efficienti, quindi, per ampliare la gamma produttiva.

«Le imprese puntano con decisione ad affiancare alla produzione - spiega Alessandra Benedini, Prometeia - un’offerta di servizi sempre più di qualità. Dall’acquisto di materie prime alle fasi di confezionamento e distribuzione, dallo sviluppo di nuovi prodotti o forme farmaceutiche alla preparazione di dossier registrativi e formulazioni per studi clinici (fin dalla Fase 1, ovvero quella che, dopo la fase preclinica, prevede i primi test clinici delle nuove molecole sull’uomo e dunque lo sviluppo di un’adeguata formulazione che richiede necessariamente grandissima qualità). Il modello di offerta si configura quindi come un full service, in grado di garantire ai clienti un servizio a 360 gradi».

Ma per valorizzare le eccellenze serve un Sistema Paese più favorevole, che consenta la giusta rapidità di risposta alle richieste della domanda, necessaria per consentire alle aziende di ampliare le quote di mercato. «Snellimento delle procedure burocratiche e dei processi autorizzativi - è il mantra delle imprese del Cdmo - rafforzerebbe ulteriormente la capacità di crescita del comparto».

Anche per i prossimi 5 anni infatti le imprese confermano i fattori competitivi chiave: «Produzione ai massimi livelli qualitativi, capitale umano altamente qualificato, flessibilità e adattabilità alle richieste del mercato, efficienza sul fronte dei costi e relazioni di filiera».

Burocrazia più semplice dunque, ma gli imprenditori chiedono anche una più facile gestione del fattore lavoro. E il Governo Renzi, almeno finora non è rimasto sordo: «Le misure recentemente introdotte con il Jobs Act - sottolinea il reporto Prometeia - hanno comunque già avuto effetti positivi, che potranno consolidarsi in futuro».

E per agevolare la competitività si può fare di più anche su altri fronti. Colmando il gap cronico della scarsa efficienza delle infrastrutture e liberando risorse con un alleggerimento della pressione fiscale, che per il Cdmo farmaceutico in Italia è una volta e mezza quella dei competitor Ue. Anche se forse, realisticamente, delle due l’una.


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