Imprese e mercato

Ddl Concorrenza, Parafarmacie: «Migliaia di posti di lavoro a rischio»

di Davide Gullotta (presidente Federazione nazionale parafarmacie italiane)

Se il ddl concorrenza viene approvato nella versione attuale questa legislatura decreterà la fine di migliaia di posti di lavoro: quelli di tanti giovani farmacisti italiani che il Premier Renzi ha deciso di immolare sull'altare delle lobby e delle grandi multinazionali. E' una scelta inspiegabile.

L'Italia è un Paese dove di liberalizzazioni ci si riempie soltanto la bocca: ma alla prova dei fatti puntualmente si agisce affinché nulla si muova. Sta accadendo anche adesso, con la complicità di un governo che si è pubblicamente impegnato a mantenere i privilegi di una categoria - quella dei titolari di farmacia- la cui dichiarazione dei redditi è seconda soltanto ai notai. I numeri parlano chiaro e proprio con le cifre voglio rispondere a quanti - anche in questo governo - negano ogni spinta liberalizzatrice perché metterebbe in crisi il sistema delle farmacie. Innanzitutto: il mercato del farmaco venduto nel circuito delle farmacie si aggira sui 18 miliardi di euro.

Un comparto in crescita, nonostante la crisi. Carte alla mano, il fatturato medio delle 17 Mila farmacie italiane si aggira sul milione di euro. Di questa cifra al farmacista titolare ( al netto dello stipendio e delle tasse) resta dal 5% all'8% e la conferma arriva dai dati sul reddito medio dei farmacisti titolari: 100 mila euro l'anno, la seconda categoria professionale italiana più ricca dopo i Notai. Affermare dunque che la liberalizzazione della Fascia C -che è circa il 13% del mercato totale del farmaco - metterebbe a rischio la tenuta del settore è un offesa all'intelligenza non solo di una categoria – la nostra – ma a quella di un intero paese.

La Farmacia resta un'attività estremamente remunerativa e i fenomeni di crisi che pure esistono sono imputabili ad una gestione poco avveduta di un'attività che difficilmente può andare in difficoltà. Chi in questo governo difende cosi strenuamente le posizioni del sindacato dei titolari sta semplicemente difendendo gli interessi economici e le rendite di posizione di una lobby tra le più potenti di sempre.

L'altro pericolo più frequentemente paventato dalla liberalizzazione riguarda la sicurezza dei pazienti, che sarebbero più propensi ad abusare di farmaci non necessari se potessero acquistare medicinali di fascia C con ricetta nelle parafarmacie. L'argomento è chiaramente pretestuoso in quanto la tutela della salute del paziente è garantita dal fatto che la vendita debba in ogni caso avvenire alla presenza e con l'assistenza personale e diretta di almeno un farmacista abilitato alla professione e iscritto all'Ordine. Il cittadino trova, quindi, nelle parafarmacie la stessa competenza in termini di preparazione e di consigli sulla salute messa a disposizione dalle farmacie.

Ciò detto, per ritornare al punto citato in apertura, rimane da chiarire un ultimo dato. L'ingresso di grandi società di capitale nel settore delle farmacie – in un sistema in cui la professione ancora si eredita di padre in figlio- oltre a non arrecare alcun beneficio alle tasche del cittadino consumatore, porterebbe la perdita di milioni di posti di lavoro con le nostre attività schiacciate dai grandi gruppi e dalla impossibilità di poter competere non potendo dispensare medicinali a pagamento. Non siamo contro i capitali, intendiamoci. La questione è più ampia: se il provvedimento dovesse passare senza le modifiche proposte ci troveremo presto di fronte ad una vera e propria emergenza sindacale. Vuol dire, in sintesi, che questo governo così facendo decide coscientemente di buttare giù dalla torre tanti giovani farmacisti laureati e scrivere la parola fine a quel minino di libertà professionale concessa a seguito della legge Bersani.

I parlamentari impegnati a votare dal prossimo 21 settembre nell'aula di Montecitorio agiscano tutelando il futuro di tutti i 90 Mila farmacisti iscritti all'ordine e non soltanto dei 16mila titolari di farmacia, ovvero neanche la sesta parte del totale. Per un Paese che ancora non si è messo alle spalle la crisi economica e che deve molto alla forza propulsiva del suo sistema imprenditoriale rinunciare ad oltre 5 mila posti di lavoro creati dalle parafarmacie e
700 milioni d'investimento privato, significherebbe affossarne la sua parte più sana, coraggiosa e competitiva.


© RIPRODUZIONE RISERVATA