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Covid/ Tribunale Ue: respinti i ricorsi contro il regolamento che introduce il Green Pass
di Pietro Verna
24 Esclusivo per Sanità24
Il Tribunale UE rigetta la domanda di sospensione dell’esecuzione del regolamento che stabilisce un quadro comune per il rilascio, la verifica e l’accettazione dei certificati COVID
Il giudice europeo non può sospendere l’applicazione del regolamento (UE) 2021/953 che reca la disciplina in tema di rilascio del certificato EU Digital COVID, pena il venir meno dell’obiettivo perseguito della direttiva, ossia «facilitare l’esercizio del diritto alla libera circolazione all’interno dell’Unione durante la pandemia». Lo ha stabilito il presidente del Tribunale dell’Unione europea con l’ordinanza del 29 ottobre 2021, che ha rigettato la domanda di alcuni cittadini europei, tra cui una italiana, che avevano impugnato il Regolamento ( UE) 2021/953 chiedendone l’annullamento, previa sospensione cautelare, perché, a loro dire, avrebbe limitato la libertà personale e professionale di cui agli articoli 6 e 15 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.
Cornice normativa
L’articolo 3 del regolamento (UE) 2021/953 prevede tre tipologie di certificati COVID:a) un certificato comprovante che al titolare è stato somministrato un vaccino anti COVID-19 nello Stato membro di rilascio del certificato (certificato di vaccinazione);b) un certificato comprovante che il titolare è stato sottoposto a un test molecolare o a un test antigenico rapido per la COVID-19, effettuato da operatori sanitari o da personale addestrato nello Stato membro che rilascia il certificato e indicante il tipo di test, la data in cui è stato effettuato e il risultato del test (certificato di test);c) un certificato comprovante che, successivamente a un risultato positivo di un test NAAT effettuato da operatori sanitari o da personale addestrato, il titolare risulta guarito da un'infezione da SARS-CoV-2 (certificato di guarigione), precisando che «il possesso dei certificati non costituisce una condizione preliminare per l'esercizio del diritto di libera circolazione».
L’ordinanza del Tribunale
UE
Il presidente del Tribunale UE ha richiamato l’articolo 278 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (« I ricorsi proposti alla Corte di giustizia dell'Unione europea non hanno effetto sospensivo. Tuttavia, la Corte può, quando reputi che le circostanze lo richiedano, ordinare la sospensione dell'esecuzione dell'atto impugnato») e l’articolo 156 del regolamento di procedura («Le domande [di sospensione] debbono precisare l'oggetto della controversia, i motivi di urgenza nonché gli argomenti in fatto e in diritto che giustifichino prima facie la concessione del provvedimento provvisorio richiesto») per confermare l’orientamento della giurisprudenza euro unitaria secondo il quale gli atti delle istituzioni europee godono della presunzione di legalità e, come tali, possono essere sospesi dal giudice del procedimento sommario solo in via eccezionale ed a condizione che gli interessati dimostrino che tali atti producano un danno grave e irreparabile (cfr. ordinanza 19 luglio 2016, Belgio/Commissione, T 131/16 R, EU:T:2016:427, punto 12, e ordinanza 19 luglio 2012, Akhras/Consiglio, C 110/12 P(R), EU:C:2012:507, punto 23).
Da qui l’ordinanza in narrativa con cui il giudice europeo ha evidenziato che i ricorrenti non hanno prodotto nessun elemento atto a dimostrare che il regolamento impugnato abbia causato «un peggioramento delle loro condizioni di spostamento rispetto alla situazione esistente prima della sua entrata in vigore», né dimostrato «l’imminenza di un danno grave e difficilmente riparabile» e neanche fornito «documenti dettagliati che dimostrino la situazione finanziaria della parte che chiede il provvedimento provvisorio e consentano di valutare le conseguenze».
Rigettato il ricorso dell'Europarlamento
Il Tribunale Ue, inoltre, ha respinto i ricorsi di un gruppo di europarlamentari e dipendenti contro l'obbligo del certificato. Con un'ordinanza precedente, il Tribunale aveva disposto provvisoriamente che i ricorrenti potessero accedere ai locali del Parlamento sulla base di un test negativo. Resta, dunque, l'obbligo del Green pass per entrare al Parlamento europeo.
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