Europa e mondo
Farmaci e tecnologie, l’Ocse punta il dito sui costi: regole del gioco da rivedere
di Rosanna Magnano
L’Ocse scende in campo sulla sostenibilità economica dell’innovazione farmaceutica e delle tecnologie sanitarie e mette in discussione le strategie di prezzo del settore. Puntando i fari sulla proliferazione di farmaci ad alto costo e sull'aumento dei prezzi dei medicinali che si stanno di fatto traducendo in una crescente pressione sulla spesa sanitaria pubblica. Ma anche sulla necessità di aggiornare le normative sui device, tradizionalmente meno stringenti di quelle riguardanti i farmaci. Il punto nel nuovo report «New Health Technologies. Managing Access, Value and Sustainability» .
Tra robotica, genomica, cellule staminali e intelligenza artificiale, le possibilità terapeutiche si moltiplicano e spesso utilizzano in combinato disposto tecnologie differenti, anche per settori di mercato di provenienza. Impiegando ad esempio device ad alta tecnologia, diagnostica d’avanguardia e medicinali innovativi. Le chance di cura migliorano e i costi lievitano.
I cambiamenti si susseguono vertiginosamente. La medicina di precisione è portatrice di grandi novità, soprattutto in ambito oncologico e comporta la necessità di trial con il coinvolgimento di un numero ridotto di pazienti. Modalità nuove che mettono in discussione anche le regole delle sperimentazioni cliniche. Su cancro e malattie rare i prezzi di lancio dei nuovi farmaci sul mercato sono in aumento, a volte senza un corrispondente aumento dei benefici per i pazienti. Per esempio negli Stati Uniti, il prezzo di lancio di farmaci oncologici in rapporto agli anni di vita guadagnati si è moltiplicato per quattro negli ultimi 20 anni e ora supera i 200mila dollari. E la spesa globale per i farmaci oncologici è passata da 84 miliardi di dollari nel 2010 a 107 nel 2015 e arriverà a 150 mld nel 2020. Ma i rincari non sono solo in oncologia. Sempre negli Usa un trattamento per la sclerosi multipla costa attualmente 60mila dollari, 10 volte in più rispetto a dieci anni fa.
E la ricerca globale non ferma la sua corsa, anzi. Sono 13.700 i prodotti farmaceutici in pipeline nel 2016 e di questi 6.900 sono in fase di sviluppo clinico. Un terzo sono medicinali oncologici, seguiti da vaccini e antidiabetici. E gli investimenti sono in crescita, soprattutto da parte dell’industria. Nei Paesi ad alto reddito gli investimenti in R&S ammontano a 240 mld di dollari, il 60% di origine privata, il 30% pubblico e il restante 10% dal no profit.
I governi devono quindi lavorare con le imprese e le autorità regolatorie per definire un nuovo approccio sullo sviluppo e l'utilizzo di nuove tecnologie sanitarie che da un lato incoraggi l'innovazione ma che dall’altro salvaguardi la sostenibilità economica delle nuove terapie.
Contribuenti, quali assicuratori o fornitori di salute pubblica, sono sempre più in difficoltà a pagare farmaci ad alto costo spesso destinati a piccole popolazioni di pazienti. Problema che con la medicina di precisione non potrà che ripresentarsi con maggiore frequenza. Sul fronte opposto, nuovi trattamenti per l'Epatite C, che sono molto vantaggiosi in termini di costo-efficacia a lungo termine e che dovrebbero essere garantiti a un’ampia platea di pazienti, restano invece inaccessibili a molti a causa del loro alto impatto sui bilanci pubblici.
Va quindi corretto il meccanismo. Secondo l’Ocse i prezzi pagati per tecnologie e farmaci innovativi devono riflettere i reali benefici in termini di salute rispetto alle alternative già esistenti, ed essere quindi regolamentati sulla base di prove sul loro effettivo impatto. E i contribuenti devono avere la necessaria possibilità di pagare prezzi adeguati e di non pagare per trattamenti inefficaci.
Tra contribuenti e produttori le regole del gioco che normano i negoziati vanno quindi riequilibrate. Un obiettivo che si potrebbe raggiungere attraverso una maggiore trasparenza e cooperazione tra i contribuenti, attraverso appalti internazionali e congiunti, come già è stato fatto in Europa e in America Latina. Spazio poi ad accordi sui prezzi, che collegano il prezzo finale alle prestazioni effettive del farmaco, come sperimentato in Italia e in Inghilterra (si tratta degli accordi fondati su value-based pricing e payment by results). Metodi efficaci solo se i costi di gestione sono controllati e se i dati clinici vengono resi ampiamente disponibili alla comunità scientifica.
Il nuovo rapporto Ocse sarà oggetto di discussione in una riunione dei Ministri della Salute dell’area il 17 gennaio prossimo a Parigi sul tema della prossima generazione delle riforme sanitarie. Tra le nuove sfide in discussione: gli investimenti in R&S per il trattamento di malattie trascurate, come l'Hiv o la tubercolosi, le strategie di lotta contra la resistenza antimicrobica e le demenze, capitoli centrali per il futuro dei sistemi sanitari pubblici ma che hanno avuto finora uno scarso appeal per l’industria, a causa della loro scarsa redditività.
Secondo il report Ocse, sono inoltre necessari ulteriori sforzi per sfruttare tutte le potenzialità dei dati sanitari in modo più efficace. L'utilizzo dei dati sanitari personali potrebbe infatti creare importanti opportunità di miglioramento del sistema sanitario, rafforzando la ricerca e la sorveglianza sulle malattie, ma richiede una nuova governance e una nuova gestione dei rischi connessi alla privacy.
E sotto la lente dei ministri dell’area ci saranno anche le valutazioni post marketing delle tecnologie biomediche, spesso approvate sulla base di prove limitate sotto il profilo della sicurezza ed efficacia. Solo raramente, sottolinea l’Ocse, viene effettuata una valutazione delle prestazioni in condizioni reali. Un gap che ne compromette la sicurezza, ma soprattutto uno spreco non più sostenibile.
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