Dal governo

Schillaci, dal Governo più risorse di sempre ma ora serve la riforma del Ssn per garantire equità e sostenibilità. La priorità: “cambiare verso” con un Ssn dinamico, orizzontale, integrato e digitale

di B.Gob.

S
24 Esclusivo per Sanità24

«Questo Governo ha stanziato più risorse in assoluto per il Fondo sanitario nazionale». Ma «le risorse non sono illimitate e il primo che vorrebbe più risorse sono io». E «soprattutto vanno finalizzate al raggiungimento di obiettivi ben definiti in sede di programmazione sanitaria e all’interno di un sistema che oggi mostra, dopo 46 anni, diverse criticità da risolvere in termini di organizzazione e di efficienza». Con queste parole il ministro della Salute Orazio Schillaci ha annunciato al Forum Risk Management di Arezzo la riforma del Ssn. «Il Servizio sanitario nazionale deve “cambiare verso” per rispondere alle mutate esigenze delle persone, per eliminare le disuguaglianze e per garantire la sostenibilità del modello universalistico: da un sistema burocratico, verticale, analogico e basato su contributi isolati e individuali - ha affermato Schillaci - la riforma punta a creare un sistema sanitario dinamico, orizzontale, digitale e che si fonda sulla cultura della collaborazione multi-disciplinare e professionale in un contesto di piena umanizzazione nel rapporto tra operatori e pazienti. Questo sempre nel rispetto dell’articolo 32 della Costituzione che dice una frase molto importante: dobbiamo prenderci cura soprattutto degli indigenti».

Le risorse. «Solo nel 2022-2026 – ha detto Schillaci – il finanziamento crescerà di oltre 14 mld”, a fronte di un aumento inferiore all’1% nella fase 2012-2019 (+6 mld) e di +8 miliardi registrati tra 2020 e 2021 durante la pandemia». Ma «iniettare risorse senza aver risolto le criticità – ha proseguito – è come versare acqua in un serbatoio pieno di perdite. Bisogna prima sanare le falle». Da qui la presentazione di una prossima riforma, in cui garantire la sostenibilità del Ssn “fondato sui principi di universalità, uguaglianza ed equità», in cui «recuperare la fiducia di cittadini e operatori verso il sistema sanitario pubblico». L’annuncio è quello di «un nuovo modello di sanità finalizzato all’equità, alla sostenibilità e allo sviluppo del Servizio sanitario nazionale».

Il ministro ha messo in fila le priorità: «Dobbiamo garantire la sostenibilità del Ssn - ha detto - basato sui principi di universalità, uguaglianza ed equità; ridurre le tante, troppe, disuguaglianze che ci sono ancora oggi nell’accesso alle cure; recuperare la fiducia dei cittadini e degli operatori sanitari verso il servizio sanitario pubblico; creare le condizioni per garantire a tutti i cittadini l’accesso ai Lea in modo omogeneo e con gli stessi standard quali-quantitativi». Il tutto in un gioco di squadra: «dobbiamo avere una visione più ampia in cui naturalmente le Regioni e le aziende giocano un ruolo essenziale perché il ministero definisce i Lea, assicura le risorse e produce norme ma poi sono le Regioni e le singole aziende a dover mettere in atto i provvedimenti - ha avvisato ancora Schillaci -. E se questo non accade si creano disparità di accesso alle cure e quindi non si raggiunge quell’equità che invece è principio fondante del servizio sanitario nazionale».

Stop alla logica dei silos e largo all’integrazione tra setting assistenziali. «Siamo impegnati a riformare tutto il sistema - ha ribadito il ministro -: non è più possibile mantenere un modello organizzativo per silos. Serve un approccio di integrazione tra i setting assistenziali. L’equità rappresenta un principio cardine del nostro Ssn e deve tradursi in prestazioni necessarie e appropriate a chi ne ha bisogno». Per il ministro, se ospedali con carenze di organico, ad esempio, registrano esiti migliori di altri dove il personale non è carente, «significa che c’è un problema di organizzazione. Il problema, in realtà, risiede nelle modalità con cui le tecnologie sanitarie e le competenze professionali sono combinati all’interno dei modelli organizzativi che storicamente sono stati costruiti osservando in primo luogo il lato dell’offerta». E allora «l’adozione di un modello organizzativo innovativo per l’assunzione in cura dei pazienti» diventa «il prerequisito per far recuperare efficacia ed efficienza al sistema stesso, contribuendo così alla sua sostenibilità in condizioni di equità».
Intanto, ha concluso i lavori il tavolo su Dm 70 e 77 che porterà alla definizione di nuovi standard organizzativi, ha annunciato il ministro, che «ha la finalità di promuovere un’assistenza centrata sulla persona e con una specifica attenzione all’umanizzazione delle cure, sfruttando l’approccio alle cure progressive, promuovendo le competenze distintive dei professionisti».
Indispensabile per portare a casa gli obiettivi della riforma è l’integrazione dei setting assistenziali, ha spiegato poi il ministro, utizzando quattro meccanismi fondamentali di coordinamento organizzativo a livello di sistema che rappresentano i quattro pilastri della Riforma”: promuovere nuovi standard per il funzionamento delle reti cliniche di patologia di livello regionale, come le reti tempo dipendenti ma anche definire reti nazionali di patologia come ad esempio per le malattie rare e reti nazionali tra strutture di eccellenza per specifici ambiti come quello pediatrico; investire nello sviluppo dei percorsi integrati di assistenza e cura a livello ospedaliero, territoriale, domiciliare promuovendo il ricorso a soluzioni di telemedicina; istituzionalizzare e promuovere il modello di lavoro in team multidisciplinari a tutti i livelli; delineare nuovi profili di ruolo professionale dedicati all’integrazione integrazione intra-organizzativa ed inter-organizzativa, come il case manager.
L’integrazione tra ospedale e territorio. La parola d’ordine è “evitare percorsi di cura pieni di ostacoli e prevenire l’ospedalizzazione dei malati cronici contribuendo allo svuotamento dei pronto soccorso”. La premessa, perché questo sia possibile, è «instillare una nuova cultura organizzativa e professionale - ha setto Schillaci - che valorizzi l’attitudine al cambiamento e la visione sistemica dei professionisti e promuovendo in tutti gli ambiti la medicina basata sulle evidenze e le buone pratiche. Questo nuovo approccio richiede la piena valorizzazione di tutte le professioni sanitarie tese anche a garantire la prossimità assistenziale».
Questi gli ambiti di intervento:
• aggiornare la classificazione delle strutture ospedaliere anche alla luce dell’attivazione degli ospedali di comunità identificando gli ospedali di riferimento nazionali (III Livello);
• rivalutare il sistema di dimensionamento delle strutture complesse per bacino d’utenza e i criteri per la determinazione del ruolo delle strutture ospedaliere nell’ambito delle reti hub&spoke;
• introdurre nuove reti assistenziali tempo-dipendenti e specialistiche, nonché reti di riferimento nazionale
• intervenire in modo incisivo sull’appropriato ed efficiente utilizzo dei posti letto ospedalieri anche nell’ottica del contenimento dei tempi d’attesa per l’accesso ai ricoveri;
• individuare nuovi standard di volumi e di esito, sia per struttura sia per operatore;
• potenziare i livelli di integrazione tra ospedale e territorio, anche nell’area dell’emergenza-urgenza;
• definire i criteri organizzativi per la presa in carico dei bisogni sociali e ampliare i setting di erogazione degli interventi socio-sanitari;
• determinare criteri omogenei per la definizione del ruolo delle strutture private accreditate nelle reti ospedaliere e territoriali, considerando anche le peculiarità di quelle appartenenti al terzo settore;
• definire un sistema di finanziamento delle prestazioni e degli esiti individuando modelli per la rilevazione dei costi degli erogatori e per la revisione delle tariffe;
• individuare criteri aggiornati per la formazione manageriale del personale e la revisione dell’Ecm per l’aggiornamento continuo dei medici e degli altri professionisti del settore sanitario.

Prevenzione e innovazione. In un Paese che è il secondo più anziano al mondo, agire sulla prevenzione e sui corretti stili di vita è fondamentale. «È evidente che un servizio universalistico come il nostro - ha proseguito Schillaci - non potrà essere sostenibile se non riduciamo il carico delle malattie croniche. E per raggiungere questo obiettivo devono aumentare gli investimenti nelle attività di prevenzione agendo sui comportamenti individuali a beneficio anche della collettività: questo significa stili di vita corretti, screening oncologici, vaccinazioni».
Quanto all’innovazione, il ministro ha ricordato che il 45% delle risorse del Pnrr è destinato alla digitalizzazione. Tramite: il potenziamento della telemedicina con +500 milioni e il via libera dal 2025 alla piattaforma nazionale; la digitalizzazione dei dipartimenti emergenza dove «è stato effettuato il 70% degli ordinativi dell’importo totale, per oltre un miliardo di euro»; l’ammodernamento del parco tecnologico degli ospedali con il 65% delle nuove apparecchiature già collaudato»; il nuovo Fascicolo sanitario elettronico; l’Ecosistema dei dati sanitari che «permetterà in tempi brevi di utilizzare i dati, in modo sicuro, non solo per un fine primario di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione, ma anche per finalità di studio e di ricerca scientifica in campo medico, biomedico ed epidemiologico, al servizio anche della programmazione sanitaria»; l’intelligenza artificiale.


© RIPRODUZIONE RISERVATA