Dal governo

Manovra: pochi e parziali interventi sulla previdenza

di Claudio Testuzza

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24 Esclusivo per Sanità24

Il testo della legge di Bilancio, approvato nei giorni scorsi in Consiglio dei ministri e firmato dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, è ormai pronto per l’esame parlamentare. Le audizioni dovrebbero prendere il via da lunedì 28 ottobre mentre il testo è atteso in aula per il 18 novembre.
Il provvedimento di ben 144 articoli e varie tabelle presenta dall’articolo 23 al 30 le misure proprie in materia di lavoro e previdenza sociale.
Per gli assegni pari o inferiori all’importo minimo scatterà un incremento, per effetto della perequazione, del 2,2% nel 2025 (è del 2,7% nel 2024) portando l’importo dell’assegno a circa 617 dagli attuali 614,77 euro, e dell’1,3% nel 2026.
Viene confermata la proroga di una anno di Quota 103 in versione “ contributiva”, di Ape sociale e di Opzione Donna in formato “selettivo”.
È detassato il cosiddetto bonus Maroni per chi in possesso dei requisiti per Quota 103, che diventa utilizzabile pure per l’uscita anticipata con 42 anni e 10 mesi di contributi (41 e 10 mesi per le donne), e viene prevista la possibilità per i dipendenti pubblici di restare al lavoro, d’intesa con l’amministrazione di appartenenza, oltre l’attuale limite di pensionamento anche fino a 70 anni.
Veniamo all’analisi dei singoli articoli.
La prima indicazione ( art. 23 ) prevede la materia del trattenimento in servizio.
I lavoratori che abbiano o avranno maturato, entro il 31 dicembre 2025, i requisiti minimi previsti dalle attuali disposizioni previdenziali possono rinunciare all’accredito contributivo della quota dei contributi a proprio carico relativi all’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti dei lavoratori dipendenti e alle forme sostitutive ed esclusive della medesima.
In conseguenza dell’esercizio di questa facoltà viene meno ogni obbligo di versamento contributivo da parte del datore di lavoro, a tali forme assicurative, della quota a carico del lavoratore, a decorrere dalla prima scadenza utile per il pensionamento prevista dalla normativa vigente e successiva alla data dell’esercizio della predetta facoltà. La somma è corrisposta interamente al lavoratore e non è soggetta a tassazione in quanto non concorre a formare reddito.
Per i lavoratori dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, restano fermi i limiti ordinamentali previsti dai rispettivi settori di appartenenza che dal 1° gennaio 2025 si intendono, però, elevati, ove inferiori, al requisito anagrafico per il raggiungimento della pensione di vecchiaia (67 anni ). Le amministrazioni anche per lo svolgimento di attività di tutoraggio e di affiancamento ai neoassunti e per esigenze funzionali non diversamente assolvibili, possono trattenere in servizio, previa disponibilità dell’interessato, nei limiti del dieci per cento delle facoltà assunzionali autorizzate a legislazione vigente, il personale dipendente, di cui ritengono necessario continuare ad avvalersi. Il personale, individuato dalle amministrazioni esclusivamente sulla base delle esigenze organizzative, non può permanere in servizio oltre il compimento del settantesimo anno di età. In pratica viene prorogato e, soprattutto, detassato il cosiddetto bonus Maroni, ovvero l’agevolazione per chi pur in possesso dei requisiti per la pensione anticipata (Quota 103) decide di restare al lavoro, che si traduce nella disponibilità direttamente in busta paga della quota di contributi a carico del lavoratore (9,19%).
Il bonus viene esteso, ampliandone la platea, a chi è in possesso del requisito per l’uscita anticipata con 42 anni e 10 mesi di versamenti (41 anni e 10 mesi per le donne
Sul versante della flessibilità in uscita ( art. 24 ) la manovra proroga sia Quota 103 “contributiva”, l’ Ape sociale e l’Opzione donna. Anche il prossimo anno si potrà quindi uscire anticipatamente dal lavoro con quota 103 modificata con almeno 62 anni d’età e 41 di versamenti ma con il ricalcolo contributivo del trattamento.
Il disegno di legge di bilancio prevede, poi, ( art. 25 ) che per le pensioni di importo pari o inferiore al trattamento minimo la rivalutazione sarà del 2,2% nel 2025 e dell’1,3% nel 2026. Nel 2024 l’indicizzazione all’inflazione di questi trattamenti è stata prevista a quota 2,7%. Il ritocco sarà dunque più contenuto di quello di quest’anno e dovrebbe portare l’assegno a 617,9 euro mensili, circa 3 euro in più degli attuali 614,77 euro. Dal Governo si tiene comunque a sottolineare che in ogni caso non si riducono le pensioni minime, cosa che sarebbe successa senza questo intervento in manovra. In assenza delle misure inserite nell’attuale disegno di legge di bilancio le “minime” sarebbero infatti scese nel 2025 dagli attuali 614 euro mensili a 604 euro. Il previsto aumento del 2,2% tiene quindi conto dell’inflazione all’1%. L’art. 26 dispone, per i trattamenti pensionistici determinati esclusivamente secondo il sistema contributivo, a prescindere dall’assenza o meno dal lavoro al momento del verificarsi dell’evento maternità, che venga riconosciuto alla lavoratrice un anticipo di età rispetto al requisito di accesso alla pensione di vecchiaia di quattro mesi per ogni figlio sino a sedici mesi complessivi per quattro o più figli.
L’art- 28 prevede, poi, una sorta di aiuto per i lavoratori interamente contributivi (chi è in attività dal 1996) dalle forme “integrative”. Per raggiungere la soglia dell’assegno sociale, necessaria per accedere al pensionamento con 67 anni di età e almeno 20 di versamenti, questi lavoratori potranno utilizzare l’eventuale rendita della pensione integrativa. A decorrere dal 1° gennaio 2025, ai soli fini del raggiungimento dell’importo soglia mensile ( assegno sociale ) in caso di opzione per la prestazione in forma di rendita , ferma restando la misura minima ivi stabilita, e solo su richiesta dell’assicurato, può essere computato, unitamente all’ammontare mensile della prima rata di pensione di base, anche il valore teorico di una o più prestazioni di rendita di forme pensionistiche di previdenza complementare richieste dall’assicurato. Per poter consentire una scelta consapevole da parte dell’assicurato, contestualmente alla domanda di pensione formulata mediante l’opzione , le forme di previdenza complementare mettono a disposizione la proiezione certificata attestante l’effettivo valore della rendita mensile secondo gli schemi di erogazione adottati dalla singola forma.


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