Dal governo

Verso la manovra/ Pensione futura: fondi e Tfr

di Claudio Testuzza

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24 Esclusivo per Sanità24

L’Inps ha indicato che il totale delle pensioni attivate nel 2023 è stato di oltre 820mila. Le prestazioni del sistema pensionistico italiano vigenti al 31.12.2023 sono 23 milioni e 500 mila, per un ammontare complessivo annuo di 350 miliardi di euro, che corrisponde ad un importo medio per prestazione di circa 14.000 euro annui. Mediamente a 1.200 euro mensili. La maggior parte delle pensioni erogate in Italia ( il 59,6% ) ha un importo medio basso, ovvero inferiore a 750 euro mensili. Ciò vale in modo particolare per le donne . Il 72,6% della popolazione femminile, infatti, rientra all’interno di questa classe.
Il progressivo, ed inarrestabile, invecchiamento della popolazione e le riforme che si sono susseguite negli anni, hanno prodotto un innalzamento dell’età pensionabile ed una netta riduzione dell’importo degli assegni mensili.
La consapevolezza che la pensione pubblica non sarà sufficiente a garantire un tenore di vita è evidente . Occorre tramutarla in azione, agendo concretamente per il futuro. Con il primo pilastro pubblico che risente sempre più del ticchettio della bomba demografica, diventa quindi importante per i lavoratori di oggi ricorrere ai Fondi pensione e Pip (piani pensionistici individuali) per integrare le entrate di domani.
Il Governo sta lavorando a un pacchetto di misure per rafforzare la previdenza complementare da inserire nella manovra, con l’obiettivo di agevolare un mix di pensione pubblica e integrativa per irrobustire la “copertura” soprattutto dei giovani.
Sul tavolo dei tecnici del governo ci sono varie ipotesi. A cominciare da quella di una nuova operazione sul Tfr. Appare proponibile un nuovo semestre di silenzio-assenso per il versamento del Tfr nei fondi pensione accompagnato da una nuova campagna di sensibilizzazione sulla previdenza complementare per dare la possibilità di essere un ausilio ad una pensione dignitosa.
Un intervento sul Tfr su base volontaria, dunque, può ormai essere considerato certo. Più incerta, invece, è la proposta che da qualche giorno è al centro di una valutazione tecnica : la destinazione obbligatoria di una fetta della liquidazione/ tfr (20-25%) alla previdenza integrativa per i soli neoassunti. Molte più possibilità , compatibilmente con le risorse disponibili, sembra avere un’altra opzione, che sarebbe in corso di affinamento, per creare una sorta di raccordo tra previdenza obbligatoria e complementare, di fatto sempre di tipo volontario, per i soli lavoratori interamente contributivi, ovvero per chi è in attività dal 1° gennaio 1996. Il concorso, almeno in parte, delle forme integrative al rispetto dei vincoli per le uscite anticipate con 64 anni d’età e 20 di versamenti, che nell’ultima legge di bilancio sono state al centro di una rivisitazione.
Per meglio valorizzare questo fronte previdenziale integrativo è necessario, però, prevedere, anche, che gli investimenti dei Fondi siano favorevoli ad un giusto risparmio che crei, nel tempo, una sicura pensione integrativa. La presenza di un investitore paziente, senza vincoli di liquidità e liquidabilità può giocare un ruolo rilevante per dare nuova energia al mercato.
La Covip, la Commissione di vigilanza sui fondi pensione, ha messo in evidenza gli aspetti più significativi del settore ed indicato, ultimamente, che le risorse accumulate presso le forme di previdenza complementare, nel loro, complesso sono di 224,4 miliardi di euro con un incremento del 9,1% rispetto al 2022.
Di queste i Fondi negoziali coprono il 30,2%. Nel 2023 a questi Fondi sono affluiti 6,5 miliardi di euro, con un incremento del 7,7% rispetto al 2022. La Covip ha, inoltre, messo bene in evidenza come oggi gli investimenti complessivi nell’economia italiana delle forme di previdenza complementare ammontino a 36,6 miliardi di euro pari al 19,4% del totale degli investimenti e che il 56% degli investimenti siano allocate in obbligazioni governative (14,1% titoli di debito pubblico italiano) e titoli di debito.
La Covip ha indicato, anche, come nel decennio 2011-2022 le risorse complessive del settore, a valore di mercato, siano cresciute di 48,1 miliardi, pari in media al 5,8% su base annua. Gli iscritti ai fondi pensione negoziali, rispetto al 2022, sono cresciuti nel 2023 del 5,4%. Un dato migliore della media generale delle adesioni a tutte le forme di previdenza integrativa che si ferma al 3,7%. Inoltre, si constata un incremento dei giovani del 3,5%-4% così come aumenta del 2,6% il numero degli iscritti quali soggetti fiscalmente a carico che però vengono prevalentemente indirizzati alle forme di mercato. Nel 2023 la ripresa dei mercati finanziari ha determinato risultati molto buoni in termini di redditività, sia nei comparti azionari che in quelli bilanciati recuperando il dato negativo del 2022. Guardando ad un orizzonte decennale proprio del risparmio previdenziale, e quindi non meramente speculativo, i rendimenti dei fondi pensione sono stati superiori alla rivalutazione del Tfr.
Accanto a questi dati confortanti nasce la volontà di accrescere la quantità degli investimenti e favorirne anche la qualità. Da qui, il Governo si è posto l’obiettivo di ridare centralità al mercato azionario, supportando allo stesso tempo domanda ed offerta e il conseguente invito ad immaginare un “fondo dei fondi”, auspicando una partecipazione più significativa del mondo Casse professionali e Fondi nel sistema paese. Il “fondo di fondi” è un fondo che investe in quote di altri fondi. I “fund of funds” sono una particolare tipologia di prodotti che presenta tutte le caratteristiche di una cassa comune, ma anziché investire in azioni o titoli obbligazionari il patrimonio del fondo, si acquistano quote di altri fondi comuni italiani o esteri. Il “fondo di fondi” è nella pratica il prodotto più vicino alla tipologia più sicura dei fondi multi-comparto. Il fondo pensione mono-comparto prevede una sola linea (o comparto) d’investimento. Nel fondo pensione multi-comparto invece sono previste più linee d’investimento con differenti profili di rischio e di rendimento. Le linee di investimento sono classificate in base alle seguenti categorie: garantite - che offrono una garanzia di rendimento minimo o di restituzione del capitale versato al verificarsi di determinati eventi; obbligazionarie (pure e miste) a seconda che investano esclusivamente o principalmente in obbligazioni; azionarie che investono solo o principalmente in azioni; bilanciate- che in linea di massima investono in azioni e in obbligazioni nella stessa percentuale.
È importante che l’iscritto, obbligato o meno ad investire, conosca le varie opzioni di investimento, perché ad ognuna corrisponde un profilo di rischio e di rendimento diverso, e che scelga la linea cui aderire a seguito di opportune valutazioni della propria situazione lavorativa, del patrimonio personale, dell’orizzonte temporale di permanenza nel fondo e delle proprie aspettative pensionistiche.


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