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Agenzia delle Entrate: nuovi spiragli per la deduzione forfettaria delle indennità aggiuntive

di Claudio Testuzza

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24 Esclusivo per Sanità24

Da tempo le organizzazioni sindacali mediche e sanitarie richiedono che si intervenga nel merito del trattamento fiscale relativo ai compensi per prestazioni aggiuntive . In ambito sanitario sono definite prestazioni aggiuntive quelle prestazioni, integrative dell'attività istituzionale ordinaria, richieste dall'Azienda ai propri dipendenti allo scopo di ridurre le liste di attesa ovvero per far fronte alla necessità di un temporaneo aumento di attività ovvero in presenza di carenza di organico. Di massima i compensi relativi, omnicomprensivi, sono liquidati applicando ai medesimi il regime fiscale e previdenziale rispettivamente previsto per i dirigenti sanitari ed il personale del comparto, anziché, come richiesto dai sindacati, un trattamento agevolato del 15 per cento. Nel settore pubblico questa modalità di trattamento fiscale non rappresenta una novità. Infatti, la Legge di Bilancio 2019 (L. 145/2018) ha previsto la possibilità di applicare ai redditi delle persone fisiche derivanti da lezioni private una imposta sostitutiva sul reddito. L'articolo 1, comma 13, della L 145/2018 prevede che tale opzione di tassazione sostitutiva spetti per tutti i compensi derivanti dall'attività di lezioni private e ripetizioni, svolta dai docenti titolari di cattedre nelle scuole di ogni ordine e grado, percepiti a partire dal 1° gennaio 2019. Su tali redditi si applica una imposta pari al 15%.
In merito al trattamento fiscale delle “ indennità aggiuntive ” - in particolare, inerenti il Tfs del fondo previdenziale - l’Agenzia delle Entrate, chiamata ad esprimersi sulle corrette modalità di tassazione, è intervenuta con una specifica e innovativa risposta , la numero 425 pubblicata l’8 settembre 2023.
Il Fondo di previdenza del MEF, istituito DPR 17 marzo 1981, n. 211 a seguito della fusione di più fondi preesistenti, chiedeva, in particolare, il corretto trattamento fiscale sull'indennità aggiuntiva che viene erogata ai propri iscritti alla cessazione del rapporto di lavoro con l'Amministrazione, alla luce dei recenti pronunciamenti della Cassazione contrastanti con la prassi dell'amministrazione.
Nell'interpello l'istante precisava di avere utilizzato, fino ad oggi, i criteri dettati dalla circolare del ministero delle Finanze Imposte Dirette 5 febbraio 1986, n. 2, e confermati dall'interpello n. 954383/2008 che sottopone a tassazione separata indennità equipollenti al TFR (indennità di buonuscita, indennità di fine servizio), assoggettate a quanto disposto dell'articolo 17 e dell'articolo 19, comma 2bis, TUIR e ''altre indennità e somme'', alle quali va invece riservato il trattamento di cui agli articoli 17 e 19, comma 2. In quest'ultima voce sono ricompresi appunto i trattamenti aggiuntivi di fine rapporto (ragguagliati agli anni di effettivo servizio). Di contrario avviso la Corte di Cassazione, che ha ricondotto, invece, tali erogazioni alle ''indennità equipollenti'' , e che ha generato un rilevante contenzioso riconoscendo agli iscritti, cessati dal servizio, il diritto al rimborso delle ritenute IRPEF indebitamente applicate. Nella risposta l'Agenzia richiama la norma e ricorda che nel documento di prassi citato si sottolineava come " ove il dipendente abbia diritto a più indennità, il carattere di indennità ''equipollente'' non potrà che essere assegnato a quella ''principale'', spettante per il rapporto di pubblico impiego che lega il beneficiario all'ente o organismo di appartenenza".
La Corte di Cassazione è intervenuta affermando, invece, che l'indennità erogata dal Fondo di previdenza è comunque qualificabile come ''equipollente'' al TFR, quindi soggetta a imposta forfettaria .
Sul tema è stata formulata , a seguito dell'interpello, una richiesta di parere all'Avvocatura Generale dello Stato che, con nota prot. n. 168969/2023, sintetizza cosi la posizione consolidata della Corte di Cassazione : «l'indennità erogata al dipendente, all'atto della cessazione dal servizio, dal Fondo di previdenza (...) ha funzione previdenziale ed è assimilabile all'indennità equipollente di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 17, comma 1, rappresentando una forma di retribuzione differita con applicazione di tassazione separata e non integrale, escludendosi che trattasi di contributi diretti a carico del dipendente e da questi interamente versati al fondo previdenziale, in quanto esclusi, tout court, dalla tassazione».
Pertanto, sulla base di quanto sopra rappresentato, l'Agenzia, adottando la nuova posizione, ha ritenuto che l'indennità erogata dall'Ente ai dipendenti al momento della cessazione dal servizio debba essere assoggettata a tassazione separata, ai sensi dell'articolo 17, comma 1, lettera a), del Tuir, e sia imponibile, ai sensi dell'articolo 19, comma 2bis, del Tuir, per un importo che si determina riducendo l'ammontare netto di una somma pari a euro 309,87 per ciascun anno di servizio, senza tener conto dell'ulteriore riduzione prevista dall'ultimo periodo della citata disposizione in quanto non è previsto il versamento di contributi a carico dei dipendenti.
La determinazione adottata potrebbe, pensiamo, essere estesa ad altre voci, definite “prestazioni aggiuntive” con possibile risparmio da parte del personale coinvolto.



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