Dal governo
Denatalità e pensioni: la leva fiscale ed economica per accompagnare la maternità
di Claudio Testuzza
24 Esclusivo per Sanità24
Le famiglie , soprattutto dei più giovani, stentano ad avere un reddito sicuro e pertanto vivono in una perenne incertezza . Questa condizione non facilita le nascite. Nei primi 5 mesi del 2023 i nati sono stati solo 148.249 contro i 150.315 del 2022.
La leva fiscale e quella economica sono essenziali se si vuole invertire il trend.
Ma la maternità ha anche un suo risvolto, soprattutto prospettico, per quanto riguarda la pensione. In via generale tutti i periodi di assenza dal lavoro legati alla maternità ( congedo di maternità, congedo parentale, permessi per allattamento, per malattia del bambino, ecc. ) sono utili per maturare il diritto alla pensione e per aumentarne l’importo. Qualora questi periodi non siano già coperti da contribuzione obbligatoria , questa tutela si realizza mediante l’accredito di contribuzione figurativa.
La contribuzione figurativa è una contribuzione non effettivamente versata, ma riconosciuta al verificarsi di eventi ritenuti dal legislatore meritevoli di tutela.
L’accredito della contribuzione figurativa determina la valutazione di una retribuzione, anch’essa fittizia, che può intervenire a totale copertura del periodo oppure ad integrazione della contribuzione obbligatoria versata in misura ridotta in occasione dell’evento. In entrambi i casi mediante questo accredito figurativo si ripristina il valore pieno della contribuzione in modo da evitare possibili “ danni ” alla futura pensione.
Anche i periodi corrispondenti al teorico congedo di maternità verificatisi al di fuori del rapporto di lavoro sono considerati utili ai fini della pensione. In questo caso il periodo accreditabile è sempre pari a 5 mesi e un giorno. Quindi si possono riscattare i contributi previdenziali per il periodo riferito alla gravidanza durante il quale si era disoccupate. Il massimo dei contributi figurativi accreditabili è pari a 22 settimane , ossia l’equivalente della durata del congedo di maternità, per ogni figlio nato anche se all’estero. Ad avere diritto a questa possibilità sono tutte le lavoratrici dipendenti, sia impiegate nel settore privato che in quello pubblico, le quali possono chiedere l’accredito dei contributi figurativi per la maternità qualora in quel preciso periodo, non avendo un lavoro, non hanno beneficiato della valorizzazione figurativa.
Anche per tutti i periodi di congedo di maternità, paternità, congedo parentale e per la malattia del figlio sono previsti i contributi figurativi, utili per la pensione e riconosciuti se il lavoratore ne fa domanda. I periodi di congedo parentale utilizzati durante il rapporto di lavoro, fino al 6° anno di vita del bambino, danno diritto ai contributi figurativi pieni per un periodo massimo complessivo tra i genitori di 6 mesi, a prescindere dall’an¬zianità contributiva precedente.
Per i periodi di congedo eccedenti i 6 mesi (fruiti complessivamente da entrambi i genitori), utilizzati tra i 6 e gli 8 anni del figlio, è prevista una contribuzione figurativa di importo limitato, integrabile con riscatto o con versamenti volontari.
Si può richiedere il riconoscimento dei contributi figurativi anche per i periodi di assenza du¬rante le malattie del bambino, utilizzati durante il rapporto di lavoro.
Per i periodi di congedo fino al compimento del 3° anno di vita del bimbo, la contribuzione figurativa è piena, mentre tra il 3° e l’8° anno la copertura contributiva è di importo limitato. È possibile riscattare a pagamento anche i periodi di malattia del bambino verificatisi al di fuori del rapporto di lavoro, se vengono documentati attraverso certificazioni e se si hanno almeno 5 anni di contributi versati in costanza di effettiva attività lavorativa.
Tutti gli accrediti sia figurativi che da riscatto sono utili ai fini previdenziali. Inoltre la normativa attuale riconosce alle lavoratrici un anticipo di età rispetto al requisito di accesso alla pensione di vecchiaia (attualmente 67 anni) pari a 4 mesi per ogni figlio nel limite massimo di 12 mesi. Questa agevolazione, è bene ribadirlo, riguarda solo chi ha l'assegno determinato completamente con il sistema contributivo, cioè ha iniziato a lavorare dal 1° gennaio 1996. Ne sono escluse, invece, le lavoratrici in possesso di anzianità contributiva antecedente il 1° gennaio 1996 a meno che non esercitino la facoltà di opzione al sistema di calcolo contributivo .
Anche l’opzione donna per il 2023, presenta della novità per quanto riguarda sia i requisiti anagrafici ma anche la maternità perché sarà possibile accedere ad Opzione donna con 60 anni di età anagrafica e 35 anni di contributi perfezionati da parte delle lavoratrici, dipendenti o autonome, entro il 31 dicembre 2022, con uno sconto di un anno per ciascun figlio entro un massimo di 2 anni. Ovvero il requisito anagrafico cala di un anno (59 anni) in presenza di un figlio e di due anni in presenza di due figli (58 anni).
Ultimamente si fa strada l’ipotesi di “ un’ape sociale donna”. Per Ape sociale si intende l’Anticipo Pensionistico. Ovvero l’indennità garantita dallo Stato ed erogata dall’Inps per i lavoratori di particolari categorie o che versano in difficoltà.
Il Governo ipotizza un’ulteriore agevolazione per le donne licenziate con invalidità almeno al 74%, caregiver o impegnate in lavori gravosi. In questo caso l’accompagnamento verso la pensione potrebbe partire dai 61/62 anni. La nuova Ape Donna sostituirebbe così Opzione Donna. Ma nel caso di Ape Donna il metodo di calcolo non sarebbe completamente contributivo e il meccanismo prevedrebbe un numero di anni di contributi inferiore (tra 28 e 30) per avere la misura di accompagnamento.
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