Dal governo

Contratto medici: sindacati divisi alla meta, i veri nodi sono orari, guardie e servizi fuori sede

di Stefano Simonetti

S
24 Esclusivo per Sanità24

Mercoledì 2 agosto alle 10,30 si svolgerà all'ARAN un ulteriore incontro per tentare la chiusura della Preintesa del contratto collettivo. Qualora dovesse fallire, come appare probabile, sarà plausibilmente la ultima riunione prima della pausa estiva. E’ difficile ricordare un contratto così contrastato e “strano” che rischia di battere tutti i record. Infatti - a parte i nove vergognosi anni di interruzione dovuti al decreto Tremonti - non si era mai riscontrato un ritardo tale che potrebbe quasi certamente arrivare ai due anni secchi: per essere chiari, se entrerà in vigore nelle prime settimane del 2024, saremo a pochi mesi dalla scadenza del successivo CCNL 2022-2024 ! Inoltre, si rischia una spaccatura del tavolo negoziale che potrebbe portare alla conta della rappresentatività, evento mai avvenuto in passato. Infine, non si era mai vista una aperta presa di posizione della parte pubblica come quella sorta di moral suation messa in atto dal presidente della Agenzia con il post su tweeter di venerdì scorso ("c'è chi vuole continuare a trattare e chi vuole chiudere, è importante comunicare quante risorse potevano essere pagate entro novembre con la firma del contratto").

Ce ne è quanto basta per definire la situazione quanto meno atipica, ma il termine esatto è, secondo me, “surreale”. Vorrei ricordare che nell’art. 3 del primo CCNL del 1996 si leggeva che “in coerenza con il carattere privatistico della contrattazione, essa si svolge in conformità alle convenienze e ai distinti ruoli delle parti e non implica l’obbligo di addivenire ad un accordo”, da cui deriva il principio fondante che contrattare e’ un obbligo, concludere no. Eppure, sarebbe in teoria un rinnovo semplice, dato che la parte economica è blindata: ma, come è noto, non sono gli aspetti retributivi quelli oggetto del dissenso, come ho cercato di spiegare nell’articolo del 12 luglio . Rispetto a questa “blindatura”, è corretto sottolineare che il testo in trattativa non concede nulla perché vengono applicate pedissequamente le regole fissate dall’Accordo del 22 gennaio 2009 e solo un paio di stanziamenti extra derivano dalle leggi di bilancio: per cui, chi si aspetta maggiori interventi sul piano normativo ha pienamente ragione, anche perché non soltanto non si “regala” un euro in più del dovuto, ma l’incremento viene dato con due anni di ritardo e con un completo disallineamento tra l’IPCA preso a riferimento per il 3,78% di aumenti e l’inflazione attuale.

I nodi veri della trattativa sono le eccedenze orarie ma anche il servizio fuori sede, il patrocinio legale, le ore di aggiornamento, le tipologie e il numero di guardie. Su questi temi, secondo le stesse parole di Naddeo, si è creato un fronte di opposizione costituito da ANAAO, CIMO E FESMED, deducendo da ciò che le altre sette sigle potrebbero essere più disponibili alla chiusura.

Proviamo allora a fare alcune simulazioni. Come sanno tutti, un contratto collettivo si può stipulare per legge (art. 43, comma 3, del d.lgs. 165/2001) quando la parte pubblica riscontra che le organizzazioni sindacali che aderiscono all'ipotesi di accordo rappresentino nel loro complesso almeno il 51% del dato associativo. Orbene, lo schieramento ipotizzato sulla scorta del comunicato del Presidente dell’ARAN vede le tre sigle irremovibili attestarsi sul 42,19% (24,41 + 12,05 + 5,73) del dato complessivo rilevato dall’ARAN. Tuttavia, rispetto alle 10 sigle maggiormente rappresentative ammesse alla trattativa, la percentuale è del 45,83%. Nondimeno altre due sigle di quelle presenti al tavolo - AAROI e FVM - fanno parte della confederazione COSMED insieme alla ANAAO. Ciò non comporta che vi sia un allineamento obbligatorio perché ciascuna sigla mantiene, ovviamente, la propria autonomia decisionale. Ma è chiaro che è una circostanza da tenere almeno presente. A titolo personale, ritengo comunque che la stipula del CCNL dei medici senza le due maggiori sigle sindacali sia irreale.

A proposito di maggioranze necessarie, un sindacato - peraltro nemmeno maggiormente rappresentativo - ha rilasciato nei giorni scorsi una singolare dichiarazione secondo la quale l’unanimità, nella storia della contrattazione sindacale, è stata raggiunta pochissime volte. In realtà, dei 25 contratti collettivi dei medici dal 1996 ad oggi, tutti sono stati sottoscritti al completo con la sola eccezione del CCNL del II biennio economico del 6.5.2010 che non venne firmato dalla CGIL e dalla UIL, a parte tre contratti “minori” su previdenza integrativa (2008), interpretazione autentica ed errata corrige (2001).

Lungi dal prendere una posizione nella complessa vicenda, quello che mi sembra corretto segnalare è che le tematiche sostenute da chi non è disponibile a firmare un CCNL al ribasso sono molto più grandi e intricate di quanto sembrino alla apparenza. Soprattutto la questione delle eccedenze orarie nasconde una gigantesca quantità di problemi che - come un iceberg - mostra solo la punta della montagna sommersa. Purtroppo le soluzioni non possono essere quelle auspicate dai sindacati e meno che mai quelle proposte dalle Regioni. Troppi errori sono stati fatti in passato - da entrambe le controparti -, troppi equivoci e riserve mentali si sono messi in atto su cosa è lo "straordinario", troppo contenzioso selvaggio si è generato, troppe inadempienze da parte delle aziende.

La vera soluzione è solo quella di ricondurre l'orario di lavoro alla sua natura fisiologica e al rispetto pieno e inderogabile della normativa comunitaria. Ma per raggiungere questo obiettivo è indispensabile mettere le mani sulla parallela problematica degli organici dei medici ospedalieri che è una faccenda extracontrattuale sulla quale nessuno - e ripeto nessuno – interviene in modo fattivo e definitivo. Se le aziende sanitarie per garantire la continuità dell’assistenza ricorrono a milioni di ore di “eccedenza” oraria senza nemmeno garantire la fruizione di quelle obbligatoriamente riservate all’aggiornamento, non può che significare che esiste una evidente notevole carenza di medici; o, meglio, di medici di talune discipline. L’efficace articolo di Mario Del Vecchio e Francesco Longo (su questo sito il 21 luglio) sembra delineare una tesi diversa ma l’analisi e le conclusioni dei due studiosi CERGAS sono validissime in proiezione futura ma non risolvono i problemi nel breve periodo o nell’immediato; tanto per intenderci le guardie per il prossimo mese di agosto e la giusta fruizione delle ferie spettanti.

Insomma, i medici in servizio sono pochi o sono sufficienti ? In punta di normativa la risposta è praticamente un enigma perché non esiste attualmente – ecco le colpe di cui sopra - una metodologia ufficiale per il calcolo del fabbisogno di personale. Che fine ha fatto il DM Salute/MEF per l’adozione di una metodologia per la determinazione del fabbisogno di personale degli enti del Servizio sanitario nazionale ? Si tratta di un fondamentale decreto, ai sensi dell’art. 1, comma 269, della legge 234/2021, che doveva essere adottato entro il 30 giugno 2022 (ma l’adempimento era previsto fin dall’art. 11 del DL 34/2019) e, per tale motivo, la Regione Veneto ha impugnato alla Corte costituzionale il citato comma 269 in quanto in esso non viene previsto un termine perentorio di adozione.

E’ pur vero che la Corte Costituzionale con la sentenza n. 70 del 14.4.2023 ha dichiarato non fondata la questione, ma in ogni caso la conclusione sconcertante è che il decreto ad oggi ancora non è stato adottato. Senza un riferimento normativo serio e condiviso qualsiasi affermazione e il suo esatto contrario possono essere attendibili e sulla questione si procede a sensazioni e stati d’animo influenzati dalla situazione congiunturale, senz’altro disastrosa. Ad esempio, per un Pronto soccorso con 100.000 accessi annui un organico di 30/32 medici è congruo o insufficiente ? Le risposte sono entrambe opinabili. Le Regioni da parte loro, ricorrono a tutti i possibili strumenti per aggirare il problema – medici a gettone, acrobazie contabili sui conti economici, abuso di lavoro flessibile e atipico, ricorso agli ordini di servizio - e non possono fare in pratica altro perché sono vincolate da assurde norme che impediscono qualsiasi piano di reclutamento serio, sempre che poi i concorsi diano risultati. Sto parlando, naturalmente, dell’art. 2, comma 71, della legge 191/2009 (spesa per il personale non superiore a quella del 2004 meno l’1,4%) e dell’art. 23, comma 2, del d.lgs. 75/2017 che congela al 2016 il trattamento accessorio. Ma anche della normativa concorsuale che è totalmente inadeguata alle odierne esigenze.

Ho detto prima che nessuno ha fatto e continua a fare nulla, nonostante promesse e impegni del tutto generici. Si impegnino i decisori statali e regionali ad attuare in sei mesi i seguenti interventi: abrogazione dei vincoli finanziari sulla spesa per il personale, adozione del decreto sul fabbisogno, revisione completa della normativa concorsuale con l’introduzione del contratto di formazione e lavoro, piano serio ed efficace di housing ospedaliero per fornire alloggi di servizio che aumentino l’attrattività del lavoro medico in ospedale. Se queste misure fossero realizzate, è di tutta evidenza che la vertenza sulle eccedenze orarie si dissolverebbe da sola e la chiusura del rinnovo contrattuale assumerebbe contorni di “normalità”.


© RIPRODUZIONE RISERVATA