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Atlante Aifa: il consumo di farmaci è più alto nelle aree svantaggiate

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In Italia si rileva un "uso di farmaci più alto e associato a condizioni più disagiate nel Sud Italia, quasi a indicare una maggior richiesta sanitaria in queste regioni". Lo ha spiegato il direttore generale dell'Agenzia italiana del farmaco (Aifa), Nicola Magrini, introducendo la presentazione del primo "Atlante delle disuguaglianze sociali nell'uso dei farmaci per la cura delle principali malattie croniche". L'idea di un atlante nasce, all'interno dell'Osservatorio Nazionale sull'Impiego dei Medicinali (OsMed), ha spiegato, "al fine di provare a fornire una chiave di lettura socioeconomica delle forti differenze territoriali relativamente all'uso dei farmaci in Italia". Altro elemento rilevante, ha aggiunto Magrini, è la presenza di "una spesa privata, o out of pocket, consistente per i farmaci in Italia, che andrebbe meglio esaminata e potrebbe rappresentare un fattore di ulteriore differenziazione tra regioni ricche e povere", specie per le categorie di farmaci non rimborsati dal Servizio sanitario. Le disuguaglianze nello stato di salute, scrive nella prefazione del rapporto Magrini, "dipendono da numerosi fattori correlati e sovrapposti: fornire un quadro su uno degli aspetti più rilevanti per la salute dei cittadini, come l'utilizzo dei farmaci, propone un'ulteriore chiave di lettura delle disuguaglianze sociali".

Le categorie terapeutiche per le quali si osservano maggiori tassi di consumo (espresso come numero di dosi giornaliere pro capite) sono quelle degli antipertensivi e degli ipolipemizzanti, seguite da quelle dei farmaci per l’ipertrofia prostatica benigna negli uomini e degli antidepressivi nelle donne. Mediamente, in tutte le province italiane, per gli uomini si registrano livelli di consumo di farmaco più alti per la maggior parte delle categorie terapeutiche analizzate, ad eccezione dei farmaci antidepressivi, degli antiosteoporotici e dei farmaci per il trattamento delle patologie tiroidee (iper- e ipoti-roidismo), per le quali il consumo è nettamente maggiore tra le donne rispetto agli uomini.

A livello geografico si osservano livelli di consumo complessivamente più alti al Sud e nelle Isole per la maggior parte delle categorie terapeutiche. Un trend inverso, con consumi maggiori nelle aree del Nord e minori al Sud, viene invece osservato per i farmaci antidepressivi; infine, per i farmaci antidemenza, il tasso di consumo è più alto nelle province del Centro Italia. Tra le categorie terapeutiche analizzate nella popolazione pediatrica, si osserva un consumo più elevato in quella dei farmaci respiratori, in misura maggiore nei maschi rispetto alle femmine, seguita dalla categoria dei farmaci antiepilettici e per la cura del disturbo da deficit dell’attenzione/iperattività.

"Sulla base dei risultati osservati - sottolinea il report - si può affermare che il tasso di consumo di farmaci è un buon proxy di malattia, coerentemente con quanto già noto in letteratura, dal momento che per quasi tutte le condizioni cliniche in studio la distribuzione geografica e per genere osservata riflette l’epidemiologia già nota delle malattie". I risultati, complessivamente, suggeriscono che" la posizione socioeconomica sia fortemente correlata con l’uso dei farmaci e che il consumo dei farmaci sia più elevato tra i soggetti residenti nelle aree più svantaggiate, probabilmente a causa del peggior stato di salute di questi soggetti, che potrebbe essere associato a uno stile di vita non corretto. Tale fenomeno è evidente per quasi tutte le condizioni analizzate, e in modo particolare per i farmaci antipertensivi, ipolipemizzanti e, nelle donne, per gli antiosteoporotici".

Dall’analisi di tutte le patologie nel loro insieme si può concludere che i livelli medi di aderenza e persistenza al trattamento farmacologico calcolati a livello nazionale siano in generale poco soddisfacenti, anche se per entrambi gli indicatori si osserva un gradiente decrescente Nord-Sud.

Per quanto riguarda l’aderenza le categorie terapeutiche con una percentuale maggiore di soggetti aventi alta aderenza sono gli antiosteoporotici, sia per gli uomini che per le donne, con livelli pari a circa il 70%, e i farmaci per l’ipertrofia prostatica benigna per gli uomini (circa 62%). Livelli estremamente bassi (anche inferiori al 25%) si registrano per i farmaci per l’ipotiroidismo (19,1% per gli uomini e 11,4% per le donne) e per il morbo di Parkinson (22,9% per gli uomini e 18,3% per le donne). In generale, le donne sono meno aderenti rispetto agli uomini per tutte le categorie terapeutiche analizzate, ad eccezione dei farmaci antiosteoporotici.

Relativamente alla persistenza, la percentuale di soggetti ancora in trattamento farmacologico a 12 mesi dall’inizio della terapia supera il 50% solo nel caso dei farmaci antipertensivi, ipolipemizzanti e antidemenza negli uomini, e nel caso dei farmaci antidemenza e antiosteoporotici nelle donne. Anche per questo indicatore per le donne si osserva una minore persistenza al trattamento rispetto agli uomini.


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