Dal governo
Zampa: agire senza sosta per abolire le mutilazioni genitali femminili
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"Le mutilazioni genitali femminili sono una forma di violenza che calpesta i diritti di bambine e giovani donne, mettendo a rischio la loro salute fisica e psicologica e che deve vedere tutti quanti noi impegnati in una battaglia che non riguarda solo le donne ma ha a che fare con lo sviluppo dell'intero genere umano". Lo ha dichiarato la sottosegretaria alla Salute Sandra Zampa, intervenuta al Convegno sulle mutilazioni genitali femminili organizzato oggi al ministero della Salute in occasione della giornata internazionale che si celebra domani. Almeno 200 milioni di ragazze e donne vivono oggi nel mondo con le cicatrici di qualche forma di mutilazione genitale subita nel corso della propria vita. Le mutilazioni genitali vengono praticate principalmente su bambine tra i 4 e i 14 anni di età. Tuttavia, in alcuni Paesi vengono operate bambine con meno di un anno di vita, come accade nel 44% dei casi in Eritrea e nel 29% dei casi nel Mali, o persino neonate di pochi giorni come nello Yemen. La pratica può causare complicanze a breve, medio e lungo termine, tra cui dolore cronico, infezioni, aumento del rischio di trasmissione dell'HIV, ansia e depressione, complicazioni al momento del parto, infertilità e, nei casi peggiori, la morte.
"L'Unicef – ha ricordato Zampa - stima che altri 68 milioni di ragazze subiranno mutilazioni genitali da qui al 2030 se non vi sarà una forte accelerazione nell'impegno per porre fine a questa pratica aberrante. In Italia, dove è in vigore la legge 7/2006 per prevenire e contrastare le pratiche di mutilazione genitali femminili, il numero di donne che hanno già subito una mutilazione genitale si stima sia compreso tra 61.000 e 81.000. Ad eseguire le mutilazioni sono essenzialmente donne: levatrici tradizionali o le stesse madri. Ma è impressionante rilevare che oltre 20 milioni in 7 Stati (Egitto, Sudan, Guinea, Gibuti, Kenya, Yemen e Nigeria) sono state sottoposte a questa pratica per mano di un operatore sanitario. Una Risoluzione del Parlamento europeo del 2018 invita a vietare esplicitamente la medicalizzazione".
"I governi degli Stati in cui le mutilazioni genitali femminili sono ancora diffuse – ha proseguito - devono sviluppare Piani di azione nazionali per porre fine a questa pratica. Per essere efficaci, questi piani devono prevedere risorse di bilancio dedicate ai servizi per la salute sessuale e riproduttiva, all'istruzione femminile, al welfare e ai servizi legali. Oltre al contrasto della pratica delle mutilazioni genitali femminili e alla realizzazione di un'attività di prevenzione, assistenza e riabilitazione delle donne e delle bambine già sottoposte a tali pratiche, la Legge 7/2006 prevede lo stanziamento di fondi per la formazione del personale sanitario. Fino al 2009 lo stanziamento era pari a 2,5 milioni di euro annui, scesi fino a circa 174.463 euro nel 2018. Un'integrazione delle risorse ha consentito di riportare lo stanziamento annuale a 500.000 euro. L'impegno come Ministero della Salute è però quello di prevedere maggiori risorse dedicate nella prossima legge di bilancio".
"Eradicare questa efferata forma di violenza sulle donne – ha concluso la sottosegretaria alla Salute - è un traguardo raggiungibile ma bisogna agire senza sosta se si vuole che questo impegno si traduca in risultati concreti, duraturi e irreversibili. Si tratta di un percorso ancora lungo e non lineare, ma è la sfida cui siamo tutti chiamati a concorrere. Bisogna creare una vera alleanza tra politica, istituzioni pubbliche, associazioni nazionali e internazionali promuovendo condivisione, momenti formativi, intensificando azioni sanitarie e sviluppando solidarietà tra donne di diversi paesi di provenienza nel Paese di approdo. Solo così potremo vincere una battaglia che è di civiltà e umanità insieme" .
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