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Istat, il tasso di mortalità si riduce del 5%. I più longevi vivono in Trentino
di Ernesto Diffidenti
Nel 2016 sono stati registrati oltre 615mila decessi tra i cittadini residenti, 32mila in meno rispetto al 2015 (-5%). In rapporto al numero di residenti, nel 2016 sono deceduti 10,1 individui ogni mille abitanti, contro i 10,7 del 2015. Lo rileva un report dell'Istat secondo cui la riduzione nel numero di morti «risulta territorialmente omogenea, pur risultando più ampia nel Nord-ovest (-5,6%) e nel Sud (-5,7%». Alla luce dei primi dati provvisori relativi al 2017 si osserva un massimo di mortalità nel mese di gennaio con oltre 75mila decessi che, congiuntamente a quanto occorso sul finire dell'ultimo bimestre 2016, «è da ricollegare al picco influenzale dell'inverno 2016-2017. I successivi dati mensili 2017 lasciano presupporre un ritorno alla tendenza degli anni precedenti».
L’aspettativa di vita sale a 82,8 anni
Grazie alle migliorate condizioni di sopravvivenza, secondo l'Istat la speranza di vita ha «completamente recuperato terreno dai livelli del 2015» quando si registrò l'eccesso di mortalità. «Per il totale dei residenti l'aspettativa di vita si attesta a 82,8 anni (+0,4 sul 2015, +0,2 sul 2014) e nei confronti del 2013 risulta essersi allungata di oltre sette mesi». La durata media della vita risulta come di consueto più elevata per le donne (85 anni) ma il vantaggio nei confronti degli uomini (80,6 anni) si limita a soli 4,5 anni di vita in più (4,8 nel 2013), «consolidando quel processo di avvicinamento della sopravvivenza di genere che a partire dal 1979 (6,9 anni la differenza uomo-donna) non si è mai interrotto».
Come sono cambiati gli indici negli ultimi 40 anni
Sono 2,7 gli anni, secondo l'Istat, che separano le residenti in Trentino-Alto Adige, «le più longeve nel 2016 con 86,1 anni di vita media, dalle residenti in Campania che con 83,4 anni risultano in fondo alla graduatoria». Tra gli uomini il campo di variazione è più contenuto, ed pari a 2,3 anni, il tempo che intercorre tra i residenti in Trentino-Alto Adige (81,2) e i residenti in Campania (78,9). Rispetto a 40 anni fa la probabilità di morire nel primo anno di vita si è abbattuta di oltre sette volte, mentre quella di morire a 65 anni di età si è più che dimezzata. Un neonato del 1976 aveva una probabilità del 90% di essere ancora in vita all'età di 50 anni se maschio e di 59 anni se femmina. Un neonato del 2016 può confidare di sopravvivere con un 90% di possibilità fino all'età di 64 anni, se maschio, e fino a quella di 70, se femmina.
Perché aumenta il tasso di mortalità
Un primo segnale dell’aumento degli indici di mortalità si è avuto agli inizi degli anni '90 ma negli ultimi dieci anni l'evoluzione della curva dei decessi va assumendo una crescita accelerata. «Il fenomeno - assicura l’Istat - è del tutto atteso in un contesto come quello italiano, analogamente a quanto accade in altri Paesi avanzati, e non deve destare allarme. Le persone tendono a vivere più a lungo, ingrossando nel tempo le fila della popolazione in età anziana, la più esposta ai rischi di morte».
Fattori di natura congiunturale, come quelli collegati al contesto ambientale o climatico, oppure variazioni del livello di esercizio della prevenzione, possono far deviare, da un anno all'altro, l'andamento della mortalità dalla sua tendenza di fondo. Nel 2013 e nel 2014, ad esempio, furono riscontrate importanti riduzioni di mortalità sul rispettivo anno precedente (precisamente, -2% sul 2012 e -0,4% sul 2013). Al punto che il forte aumento di mortalità che si registrò nel 2015 (+8,2%) è parzialmente giustificato dal recupero delle diminuzioni registrate nel biennio 2013-2014. La nuova contrazione di mortalità del 2016 è a sua volta, almeno in parte, la risposta proporzionata all'aumento avuto nel 2015.
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