Dal governo
Vaccini, programmazione e pediatri messi da parte. La Fimp scrive a Regioni e Lorenzin
di Giorgio Conforti (Per Rete Vaccini FIMP e per FIMP Prevenzione)
«Abbiamo fatto i vaccini, ora facciamo le vaccinazioni…» questo viene da rispondere dopo aver letto lo stralcio del
documento Regioni-ministero della Salute sull'applicazione del nuovo Piano Vaccini, documento tanto atteso per le ovvie tempistiche applicative, quanto sbalordivo per le affermazioni in esso contenute sull'inaffidabilità dei medici del territorio ad eseguire correttamente le vaccinazioni.
Non voglio difendere la categoria dei pediatri da considerazioni che renderebbe il rispetto della catena del freddo per la conservazione e il trasporto dei vaccini più attendibile nella pur rispettabilissima Nigeria, che cito non a caso per il grande sforzo dell'Oms nel portare l'antipolio nelle più difficoltose regioni, o che ignorano che a ogni atto prescrittivo del medico del territorio (ricetta o prescrizione che sia) i software di studio inviano in tempo reale in regione ogni flusso operativo nei confronti del proprio paziente, certificazioni comprese.
Affermare cose diverse è indice di non conoscenza del come operano oggi i pediatri convenzionati con il Ssn e merita solo una più attenta informazione per chi le afferma.
Invece tutti noi pediatri della Fimp, che abbiamo fortemente collaborato per la stesura del Calendario Nazionale per la Vita 2016, di fatto recepito per intero dal ministero per il Piano 2017 , siamo ben consapevoli che detto Piano vada applicato correttamente, finalmente da Bolzano a Siracusa senza distinguo, e che pertanto di soli vaccini non ci debba occupare ma anche di vaccinazioni.
Del resto lo stesso Calendario ne riporta i primi indispensabili passi, ne cito solo due:
1) vaccinazione antiinfluenzale ai bambini anche non a rischio, per le motivazioni espresse nel razionale di accompagnamento.
2) vaccinazione antirotavirus prima dose alla sesta settimana al fine di abbinare efficacia, sicurezza e risparmio
Basterebbero questi due importanti punti a far rendere “obbligatorio” (questo si, obbligatorio) il ricorso al coinvolgimento attivo del pediatra di famiglia alla pratica vaccinale,nella consapevolezza che solo così si possano raggiungere le coperture auspicate.
Ma altri obiettivi rendono indispensabile il coinvolgimento del pediatra, ad esempio l'eradicazione del morbillo e della rosolia congenita,preciso piano nazionale e internazionale, per il quale offrire il vaccino al genitore del bambino che accede per altro motivo all'ambulatorio azzerando il tempo fra raccomandazione e effettuazione è lampante evidenza per procedere in tal senso.
E che dire delle vaccinazioni all'adolescente, età “difficile” per molti motivi ma ancora con altissime percentuali di frequentazione nell'ambulatorio del pediatra,almeno fino ai 16 anni? Perdita di giorni di scuola (e di lavoro per il genitore) per andarsi a vaccinare,questo si vuole?
Ma anche l'affollamento, cosa positiva ben chiaro, del calendario vaccinale specie nel primo anno di vita non deve portare a riflettere di come rendere esecutiva l'opera del pediatra e non solo riservata alla informazione alla famiglia?
Le soluzioni applicative di tale auspicata esecutività possono essere molte e già ora ne esistono di ben strutturate: l'Italia è vasta e differenziata e questo mal si combina con l'adozione di un modello unico.
Di fatto molte esperienze sono già in atto: la Toscana è la prima regione che ha reso istituzionale la pratica vaccinale nei bilanci di salute dei propri pediatri convenzionati, ma altrove pediatri collaborano in sedi di Igiene Pubblica o nelle proprie secondo progetti riconosciuti da appositi accordi, passo categoriale ineludibile.
Quindi vaccini per tutti si ma anche prassi vaccinali adatte a renderli fruibili e non “bunkerizzati” in pochi ambulatori poco accessibili: specie per la disponibilità di tempo delle famiglie di oggi; vaccini verso i bambini e non viceversa, questo uno slogan convincente per tutti.
Tutto ciò anche per rendere meno ostico l'impegno del resto più difficoltoso di tutti che non è certo la disponibilità del vaccino e la sua somministrazione, bensì l'informazione che la sottende e la raccomandazione che la precede.
Credo che per ottenere questo occorra anche (anche) che i vaccini siano fisicamente più accessibili, vaccini che si “trovino” come qualsiasi altro farmaco cui il genitore ha più familiarità, prescrivibili su ricetta medica convenzionata, passo assai utile sia per la pratica vaccinale sia per depotenziare la percezione di particolare pericolosità.
Questo, l'informazione e la raccomandazione, è il nocciolo sul quale si gioca principalmente il raggiungimento delle auspicate coperture vaccinali e gli addetti ai lavori ne sono ben consapevoli e su questo le condivisioni sono indispensabili.
Vaccini e vaccinazioni di pari passo, del resto (e non a caso) titolo dell'opera del tanto stimato e ricordato prof. Bartolozzi: riconosciuto maestro sul tema della prevenzione vaccinale che ci ha stimolati, ed accompagnati in tempi non sospetti, verso una vera cultura ed applicazione sul campo dell'importanza del ruolo attivo del pediatra per la protezione della infanzia attraverso le vaccinazioni stimolandoci nel 2003 alla prima proposta di un calendario vaccinale sulla falsariga di quanto si faceva nei Paesi più sensibili al tema.
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