Dal governo
Farmaci e manovra 2017: «Sui biosimilari così non va». Segnalazione Antitrust al Parlamento
di Ernesto Diffidenti
L’Antitrust scende in campo sulla manovra 2017 e chiede modifiche al Parlamento sui farmaci biotech e le loro versioni biosimilari: «così non va». Da un lato, infatti, le disposizioni contenute nella legge di Bilancio «sono da apprezzarsi nella prospettiva di una maggiore apertura all’uso di biosimilari, in linea con quanto già sollecitato dall’Autorità in suoi precedenti interventi». Ma nello stesso tempo l’Antitrust avanza dei dubbi sull’obbligo di acquisto di farmaci biotech (originatori o biosimilari) solo attraverso accordi-quadro con una base d’asta corrispondente al prezzo più elevato del farmaco originatore, ovvero in assoluto il prodotto più caro tra quelli disponibili; su una rigida esclusione di ogni possibile sostituibilità automatica tra farmaco originatore e una sua versione biosimilare, nonché tra versioni biosimilari di un medesimo originatore; su un divieto di messa in gara diretta di farmaci aventi medesime indicazioni terapeutiche ma principi attivi diversi.
Le basi d’asta e gli accordi quadro
Ebbene, se le norme non saranno cambiate «il confronto appare irrimediabilmente
pregiudicato». Inserire come base d’asta dell’accordo-quadro il prezzo massimo di cessione al Ssn del farmaco biologico di riferimento «anziché spingere a un confronto di partenza a partire da livelli di prezzo riconducibili alla disponibilità di più prodotti concorrenti (es. come media dei prezzi di tali prodotti, ovvero, sulla falsariga di quanto avviene con le liste di trasparenza per gli acquisti di un farmaco a base chimica dal brevetto scaduto, a partire dal prezzo della versione generica meno costosa), fissa il confronto concorrenziale di partenza al livello di prezzo più alto in assoluto, così evidentemente disincentivando ogni possibile stimolo alla presentazione di offerte competitive da parte di soggetti che si ritroveranno comunque qualificati a fornire ai sensi dell’accordo-quadro». Inoltre l’Autorità raccomanda di riconsiderare anche la mancanza nell’attuale articolato della manovra «di qualsivoglia onere di motivazione rispetto alle scelte di consumo» dal momento che la fondamentale libertà di decisione terapeutica propria del medico competente non comporta «alcun
razionale incentivo a presentare offerte particolarmente competitive, tenuto conto che le dinamiche di acquisto dipenderanno comunque dalle decisioni dei singoli medici curanti».
Il farmaco originatore e la sua versione biosimilare
Secondo l’Antitrust la posizione del Governo «appare suscettibile di bloccare rigidamente ogni possibile sviluppo futuro nella prospettiva di una sostituibilità automatica tra versione originatrice e biosimilari di un farmaco biotecnologico, nonostante un dibattito in tal senso sempre più aperto».
Gara diretta tra farmaci
«Il testo attuale dell’articolo - scrive l’Antritrust - è poco chiaro, al punto da poter anche essere letto come un possibile divieto alla messa in concorrenza diretta di farmaci aventi stesse indicazioni terapeutiche ma principi attivi diversi non solo quando si tratti di prodotti biotech, ma anche a base chimica. Al proposito, è appena il caso di rilevare come ciò contrasterebbe con il lungo e faticoso cammino sin qui percorso per sviluppare una concorrenza in tal senso, e per cui col decreto Balduzzi è stata appositamente prevista una competenza preventiva dell’Agenzia italiana del farmaco volta a valutare la legittimità di siffatti disegni di gara».
Il dibattito in Parlamento
Le misure messe sotto la lente d’ingrandimento dall’Antintrust hanno già acceso il dibattito in commissione Bilancio della Camera e raccolto opinioni contrarie da parte di molti deputati Pd. Anche il Movimento 5 Stelle si è detto d’accordo con l’Authority. «Attraverso un emendamento alla Legge di bilancio, abbiamo riscritto per intero proprio l'articolo incriminato, il 59, chiedendo il rispetto delle regole della concorrenza - rilevano i deputati M5S in commissione Affari sociali - . Se il governo non farà marcia indietro rispetto a questo ennesimo regalo alle case farmaceutiche c’è il rischio che i mancati risparmi mettano ulteriormente in crisi i conti delle Regioni».
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