Dal governo
Art. 22/ Clima costruttivo ma l'accesso alla professione «divide». Appuntamento il 26 aprile
di Ro. M.
Un confronto nel merito, toccando soprattutto i punti più nevralgici: dal calcolo del fabbisogno del personale alla stabilizzazione dei precari in sanità, alle carriere dei camici bianchi. E poi la formazione. Sulla Legge delega in materia di sviluppo e gestione delle risorse umane (ex art. 22 del Patto della salute) sono molte le convergenze focalizzate nel corso dell’incontro di questa mattina fra la ministra della Salute, Beatrice Lorenzin, rappresentati del ministero della Funzione pubblica, del Miur e delle Regioni (Antonio Saitta, coordinatore della Commissione salute della Conferenza delle Regioni e Massimo Garavaglia , presidente del Comitato di settore Regioni-Sanità).
Ma ci sono anche diversi nodi da sciogliere: per esempio sull’accesso alla professione con o senza specializzazione, che divide i fronti in diversi punti. Nella riunione di oggi sono stati illustrati i due documenti presentati dai sindacati (quello dell’intersindacale e quello dei confederali , che su questo aspetto divergono) e il prossimo appuntamento è previsto per il 26 aprile al ministero della Salute. In quell’occasione Regioni, Funzione Pubblica e Miur presenteranno le proprie osservazioni e si dovrebbe arrivare a un documento unitario.
In ballo c’è l’accesso al Ssn a scopo formativo ma soprattutto c’è la necessità di aumentare i contratti di specializzazione, finora largamente insufficienti, attingendo ai bilanci delle Regioni. Che la giudicano un’idea positiva, sebbene da approfondire. L’Anaao vede il bicchiere mezzo pieno ed è favorevole al contratto di «lavoro-formazione» al secondo biennio: «È una possibilità che offre maggiori tutele - spiega Costantino Troise, segretario nazionale di Anaao Assomed - e che permette di aumentare gli anni di contributi e di avere più contratti di specializzazione. Una vera e propria urgenza. Abbiamo analizzato i dati dell’imbuto formativo: servono 2mila contratti in più all’anno e le iscrizioni a Medicina non possono superare i 7-8mila all’anno. E questo per 7-8 anni». Il timore, tra i contrari, è che lo specializzando-lavoratore sia utilizzato poi dalle Regioni per coprire i buchi negli organici. «Con le paure non si va avanti - sottolinea Troise - e si conserva l’esistente. Noi invece dobbiamo arrivare a un cambiamento. Le garanzie andranno poi costruite nel contratto. Bisogna vedere cosa dicono le Regioni, che ci devono mettere i soldi». E poi si è parlato anche di altro: «Risorse accessorie del personale, esternalizzazioni, Dpcm precari».
Il clima generale del vertice è stato comunque costruttivo e i sindacati hanno un ampio ventaglio di argomenti per esprimersi all’unisono. «Il nodo principale dell'incontro è stato la formazione - spiega Riccardo Cassi, presidente nazionale Cimo -perché sul resto mi sembra che ci sia un'ampia condivisione. Il clima quindi è buono e c'è la volontà della ministra Lorenzin di portare in porto l'art. 22. E noi in questo ci crediamo. Da parte del Miur, invece, c’è qualche perplessità sull’inserimento con contratto a tempo determinato degli specializzandi nel Ssn al secondo biennio, un’idea dei sindacati finalizzata ad anticipare l’età contributiva e a facilitare l'inserimento nella rete ospedaliera delle Regioni, ma che incontra qualche resistenza da parte delle Università. Il timore da parte del mondo accademico è quello di essere espropriati in qualche modo della formazione».
Secondo Cassi, questo «non sostituisce il fabbisogno ma renderà più facile l'inserimento successivo all'interno delle strutture. Le Regioni, quindi, dovranno cominciare ad assumere. Il tema grosso è il ruolo delle università nella formazione, anche perché le Regioni sono disponibili a mettere fondi per la formazione, ma in qualche maniera vogliono e devono avere un ritorno - ha concluso - a supporto dell'attività degli ospedali».
Sul punto dell’accesso alla professione Fp Cgil medici, Cisl medici e Uil medici già il primo aprile scorso avevano proposto una bozza alternativa a quella presentata dall’intersindacale il 30 marzo in cui si palesava un netto «no» all’ingresso dei giovani dottori nel Ssn senza specializzazione. Un no ribadito anche oggi. «Il medico deve avere il tempo di formarsi - sottolinea Massimo Cozza, segretario nazionale dell'Fp-Cgil Medici - e i cittadini hanno tutto il diritto di essere curati da medici formati. Anticipare l’ingresso nel mondo del lavoro è una coperta corta, che dura due anni. Si rischia invece di limitare le possibilità di effettivo accesso al Ssn per chi ha già conseguito la specializzazione, che trova i posti occupati dai medici in formazione. Gli specializzandi non devono in ogni caso essere utilizzati per coprire i buchi negli organici. Un divieto da ribadire anche per i policlinici universitari e su questo c’è stata una generale convergenza. Il Miur si è espresso anche a favore della laurea abilitante, un piccolo tassello per sottrarre meno tempo al futuro medico».
Fari puntati anche sulle assunzioni. «Durante l'incontro abbiamo parlato anche di assunzioni - spiega Biagio Papotto, segretario generale Cisl Medici - e abbiamo chiesto che il Dpcm sul precariato venga applicato nel più breve tempo possibile. Il ministro ha detto che le Regioni hanno fatto le loro richieste e che a giorni ci daranno l'ok per quanto riguarda anche le assunzioni». «Il governo si è riservato di recepire i nostri documenti - conclude Papotto - e di fare un elaborato unitario tra ministero della Salute, Miur, Mef e Regioni».
Il cantiere delle Regioni
Riscontri positivi dal fronte regionale, al lavoro sugli standard per stabilire il fabbisogno di personale medico e tendenzialmente favorevole all’inserimento degli specializzandi nel Ssn già al secondo biennio. «È stato un incontro positivo – ha spiegato Saitta - e prosegue il percorso di lavoro e di confronto con Governo e organizzazioni sindacali sulla valorizzazione delle risorse umane a vario titolo impegnate nel servizio sanitario nazionale, sul territorio e nelle strutture sanitarie e ospedaliere. Fra i principali temi di confronto quelli concernenti lo standard relativo al fabbisogno del personale medico, su cui peraltro la Commissione salute della Conferenza delle Regioni è già al lavoro per costruire un modello omogeneo da proporre al ministero e quelli riguardanti il processo formativo coinvolgendo diversi tipi di strutture, universitarie e ospedaliere, con l'obiettivo di uniformare il sistema. Va detto che abbiamo registrato oggi, dopo l'adesione del ministero della Salute e di tutte le sigle sindacali, anche la disponibilità del ministero dell'Istruzione e della ricerca scientifica per rivedere i meccanismi concorsuali, le graduatorie e la durata della formazione. Il confronto comunque – ha concluso Saitta - riprenderà a breve».
«Ci si è confrontati anche – ha aggiunto Garavaglia - su una formazione basata sulla competenza, con un inserimento graduale nel settore dell'assistenza, studiando anche ipotesi di possibili forme contrattuali per l'ultimo biennio formativo. Un'idea positiva su cui comunque sarà necessario un maggiore approfondimento. Infine – ha annunciato Garavaglia – il prossimo Comitato di Settore Regioni- Sanità, previsto per il 13 aprile, licenzierà il documento integrativo all'atto di indirizzo per la medicina convenzionata, che permetterà la ripresa delle trattative con i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta».
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