Dal governo
La vaghezza della riforma Pa
di Stefano Simonetti
Nel testo della riforma Pa inviato dalla Camera per il sì finale al Senato, sono stati apportati diversi emendamenti (si veda il n. 28 del settimanale) che meritano qualche altra considerazione, tenuto conto che nei riguardi di ciò che interessa le aziende sanitarie non si riscontrano ulteriori significative novità.
Un cenno anzitutto all’articolo 7 è doveroso perché è stata ritirata la delega per la revisione del decreto 39/2013 sulla incompatibilità degli incarichi, in quanto l’Anac ne ha chiesto lo stralcio e una corsia preferenziale. Resta la delega sulla revisione del decreto gemello - il 33/2013 sulla trasparenza - che assume una rilevante lunghezza. All’interno dei princìpi di delega troviamo l’obbligo di pubblicazione sul sito web del «tempo medio di attesa per le prestazioni sanitarie di ciascuna struttura del Servizio sanitario nazionale».
Si ribadisce che molti degli emendamenti riguardano proprio i medici e le direzioni aziendali ma, complessivamente, restano le perplessità già espresse in precedenza: nel prendere atto che la dirigenza sanitaria non è inclusa nel ruolo regionale ci si continua a chiedere in quale configurazione della dirigenza pubblica venga allora inclusa. Sono trattati molti punti di dettaglio ma non è stato affrontato - e risolto - il dubbio di fondo e non basta certo la frase «ferma restando l’applicazione dell’articolo 15 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502».
Si conferma priva di sistematicità la disciplina della dirigenza sanitaria. Dei dieci titoli che si riferiscono alla dirigenza pubblica (inquadramento, accesso, formazione, mobilità, conferimento degli incarichi, loro durata, dirigenti privi di incarico, valutazione, responsabilità, retribuzione) dal primo sono esclusi espressamente i medici mentre - alla luce degli emendamenti approvati - si dovrebbe dedurre che gli altri aspetti li dovrebbero riguardare. Ma certamente così non è, quanto meno per le modalità di reclutamento e di conferimento degli incarichi o per la formazione che vede il regime della Ecm molto diverso e dedicato.
La peculiarità della situazione della dirigenza sanitaria appare anzi ancor più complicata dall’Ordine del giorno approvato dalla Camera lo stesso 20 luglio con il quale si chiede l’impegno del Governo «ad avviare le opportune iniziative affinché venga sottoposta a un accordo fra Aran e le rappresentanze sindacali la proposta di attribuire una autonoma area contrattuale e connesso comparto alla dirigenza medica, veterinaria e sanitaria». Orbene, al di là dello “impegno” che ha solo valenza politica, è noto a tutti che l’obiettivo che si prefiggono ormai da tempo i sindacati - quello appunto di un’area negoziale separata - può essere raggiunto esclusivamente con la modifica legislativa alla previsione del decreto 150/2009. E quale occasione migliore del disegno di legge in questione per risolvere veramente il problema e non rinviarlo invece a generiche e improprie “opportune iniziative”?
In relazione ai contenuti di dettaglio dell’articolo 9 (ora diventato 11), non si possono che confermare le osservazioni già effettuate soprattutto riguardo alla liberalizzazione della mobilità dei dirigenti sanitari che, in buona sostanza, sembrerebbe l’unico aspetto applicabile alla specificità dei medici.
Si introduce una nuova lettera q) con la quale si ipotizza la revoca dell’incarico a seguito di condanne, anche di primo grado, per danno erariale doloso. Con l’articolo 14, comma 6 si introduce una novella al decreto 165 prevedendo una mobilità obbligatoria per le dipendenti vittime di violenza di genere. All’articolo 17 è contenuta la delega per il riordino del lavoro pubblico e spicca tra i molti punti di delega usciti emendati dalla Camera la lettera c) concernente i concorsi, soprattutto per le evidenti difficoltà applicative al Ssn dei princìpi contenuti nella delega stessa.
Anche la lettera h) viene integrata e apre nuovi scenari all’Aran, prevedendo addirittura convenzioni con le amministrazioni. La lettera n) istituisce la Consulta nazionale per l’integrazione dei disabili.
La lettera r) persegue la «razionalizzazione e integrazione dei sistemi di valutazione, anche al fine della migliore valutazione delle politiche»: non si contano oramai più i tentativi del Legislatore di rendere efficace ed effettiva la valutazione del dipendente pubblico. Un’altra novità uscita dall’Aula è quella con cui viene concessa al Governo la possibilità di esercitare le deleghe sulla dirigenza (articolo 11) e quelle sul lavoro pubblico (artticolo 17) in maniera congiunta.
Infine, con l’articolo 20 si apportano notevoli modifiche alla procedura dinanzi alla Corte dei Conti: del lunghissimo testo, molto tecnico, si può ricordare la previsione di un rito abbreviato e l’innalzamento della soglia per il rito monitorio (oggi è 5.000 €).
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