Dal governo
Il Comitato di bioetica dice no alla contenzione
di B.Gob.
«La contenzione rappresenta in sé una violazione dei diritti fondamentali della persona. Il fatto che in situazioni del tutto eccezionali i sanitari possano ricorrere a giustificazioni per applicare la contenzione non toglie forza alla regola della non-contenzione e non modifica i fondamenti del discorso etico».
Dal Comitato nazionale di bioetica arriva, all’unanimità, il no secco alla pratica della contenzione nei confronti di pazienti psichiatrici e degli anziani, da considerarsi «un residuo della cultura manicomiale». Nel documento elaborato dal gruppo di lavoro coordinato da Grazia Zuffa e Stefano Canestrari, il Cnb conferma dunque la linea sposata in precedenza e seguita anche dagli organismi internazionali. Perché, spiegano gli esperti, «si può fare a meno di legare le persone: l’esistenza di servizi che hanno scelto di non applicare la contenzione e il successo di programmi tesi a monitorare e ridurre questa pratica confermano questa indicazione». A pesare, si legge ancora nel documento, più della gravità dei pazienti sono piuttosto la cultura, l’organizzazione dei servizi, l’atteggiamento degli operatori.
Sul piano giuridico, proprio perché in ballo sono i diritti fondamentali della persona, dal Cnb sottolineano i limiti rigorosi della giustificazione per la contenzione. Che, insieme al Tso, deve rappresentare l’extrema ratio e può avvenire solamente «in situazioni di reale necessità e urgenza, in modo proporzionato alle esigenze concrete, utilizzando le modalità meno invasive e per il tempo necessario al superamento delle condizioni che abbiano indotto a ricorrervi». E allora «non può essere sufficiente che il paziente versi in uno stato di mera agitazione, bensì sarà necessaria, perché la contenzione venga “giustificata”, la presenza di un pericolo grave ed attuale che il malato compia atti auto-lesivi o commetta un reato contro la persona nei confronti di terzi. Nel momento in cui tale pericolo viene meno, il trattamento contenitivo deve cessare, giacché esso non sarebbe più giustificato dalla necessità e integrerebbe condotte penalmente rilevanti».
Serve allora un deciso salto di qualità: «Il superamento della contenzione è un tassello fondamentale nell’avanzamento di una cultura della cura - nei servizi psichiatrici e nell’assistenza agli anziani - in linea con i criteri etici generalmente riconosciuti e applicati in ogni altro campo sociosanitario».
Questo punto di vista deciso va però puntellato da ricerca e monitoraggio, a livello nazionale e regionale, a cominciare dalle prassi quotidiane nei reparti. Servono programmi dettagliati di superamento della contenzione; standard di qualità che favoriscano i servizi e le strutture “no-restraint”, la diffusione di servizi dedicati ai più vulnerabili, come gli anziani, «esposti a subire pratiche inumane e degradanti».
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