Aziende e regioni

I Piani di rientro e quelle regole violate. Con la Corte dei conti potenzialmente sub judice

di Ettore Jorio

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24 Esclusivo per Sanità24

Al palo del commissariamento ad acta delle sanità regionali, ex art. 120.1 della Costituzione, restano la Calabria e il Molise. Imprigionate invece negli impicci dei piani di rientro sono rimaste sette Regioni, sulle dieci che erano. Tra queste anche il Lazio, la Campania e l’Abruzzo, di recente de-commissariate non si capisce per quali meriti, con la Puglia e la Sicilia che si aggiungono, ovviamente, alle due anzidette ancora soggette a commissariamento ad acta.
Il caso Lazio, un unicum (forse)
Basti pensare al riguardo alla Regione Lazio, commissariata da Zingaretti, ’sgamata’ in gravi irregolarità contabili e gestorie con la delibera n. 148/2023 (est. Pinto) della Sezione dei controlli laziale. Il tutto sintomatico a evidenziare un “buco” di diverse centinaia di milioni di euro formatosi nell’ultimo triennio di gestione commissariale (de-commissariata non si capisce per quale motivo) che ha compromesso il rendiconto consolidato regionale del 2022. Ma si sa - in attesa di sapere cosa produrrà la Procura della Repubblica capitolina chiamata obbligatoriamente a decidere sul caso, meglio sulle sorti che toccheranno agli otto, sembra, Dg generali indagati di Asl per falso - per ogni buco la politica che subentra, anche se di provenienza avversa, cerca di trovare la pezza, preferibilmente a colore. Il tutto all’insegna della reciprocità di avere dai successori uguale “trattamento”, anche se produttori di un notevole incremento del debito pubblico.
Il tutto nel vaso del “politicamente (s)corretto”
Non sono, di certo, questi i modi per dare stimolo e rilancio a una sanità ovunque precaria, con punte di gestione che potrebbero essere molto vicino alla constatazione di reati, del tipo l’onnipresente falso in bilancio. Un reato che tuttavia si contesta alla piccola impresa quando vi ricorre per assumere credito bancario, altrimenti negato.
Da qui, attraverso l’agire del “politicamente corretto”, si concretizzano le leggi intese a tutelare chi abusa e non già il cittadino perennemente e impunemente abusato. L’uso strumentali delle leggi, nazionali e regionali, è divenuto così frequente da mettere in discussione lo stato di diritto. Insomma, si fa politica con ricorso a leggi ad personam che rimarranno esenti sino ad un inverosimile giudizio di incostituzionalità. Questo accade, ahinoi, con effetto dalle Alpi allo Stretto di Sicilia, attesa la convenienza e anche il proselitismo che garantiscono.
Il bilancio è un bene pubblico. Per la continuità garantita occorre una Exit strategy
Una siffatta brutta ipotesi laziale è venuta a concretizzarsi per un sistema che non tutela il bilancio dello Stato e il ripianamento del debito pubblico. La soluzione a ciò, e non solo per il Lazio, sarebbe stata la previsione dell’obbligo di una puntuale redazione di una exit strategy da commissario ad acta, contenente tutti i saldi giuridici ed economici, esattamente corrispondenti a quelli della new entry sulla quale il Presidente di Regione ha poi l’obbligo di incardinare in continuità la sua gestione ordinaria. Un adempimento, quello della exit strategy, garante della rappresentatività dei miglioramenti prodotti, sulla base dei quali diventa giustificativo il de-commissariamento validato, non si comprende come, dai Tavoli romani (Mef e Lea), autori di frequenti sviste.
Ebbene, tutto ciò non è avvenuto nelle tre Regioni già commissariate ad acta (Abruzzo, Campania e Lazio), quasi a volere condonare ogni accaduto ma soprattutto ad assicurare che ciò che si inizia dopo sia chirurgicamente conforme a quanto concluso prima, sia nei numeri che nelle obbligazioni persistenti.
Ma si sa, domina sempre di più l’assenza di ricerca dei rimedi per pretendere una sanità meglio gestita che continua ad inquinare quel poco che ne rimane. Ciò con assoluta trascuratezza della disciplina del bilancio, principio di continuità in primis, destinata alle più allarmati regolazioni sul piano strettamente giuridico con pericolose ricadute sul principio della certezza e verità dei saldi.
Più simile a un “se dovrei”
Il massimo della fantasiosità del legislatore la si è raggiunta sancendo in una legge (!) la elaborazione ex post dei bilanci omessi, ancorché per diversi anni (art. 12 bis, D.L. 51/2023 convertito nella legge 87 del medesimo anno). Una sorta di approvazione oggi di stati patrimoniali e conti economici risalenti, secondo una logica che a definire fantasiosa è ben poco, perché assolutamente contraria ad ogni principio contabile.
Con questo il legislatore ha dimostrato tutta la sua incuranza dell’ineludibile principio di continuità dei bilanci e dell’obbligo di irretrattabilità dei saldi. Non individuando l’applicazione del criterio legale, l’unico. Ovverosia di sistemare il tutto con una attenta elaborazione del bilancio attuale da effettuarsi secondo regola: tenendo in stretta considerazione i saldi patrimoniali attualizzati con l’appostazione delle componenti straordinarie relative, afferenti agli esercizi trascorsi ma senza bilancio, e naturalmente incidenti sul risultato economico contemporaneo.
Il problema nel problema è che non c’è nessuna volontà della politica a contribuire alla chiarezza e alla trasparenza, da garantirsi attraverso il sistema dei controllo. Anzi si fa di tutto per neutralizzarli.
I bastoni tra le ruote alla Corte dei conti
Nella ratio contenuta nel Ddl Foti (1621) di neutralizzare le istituzioni scomode a chi governa senza scienza e osservanza delle regole. La generosa voglia di portare a estinzione le inibizioni burocratiche, affievolendo la cosiddetta “paura di firma”, attraverso la condizionabilità dei provvedimenti dirigenziali al giudizio preventivo della Sezione controlli della Corte di conti, porterà il Magistrato contabile a uguale responsabilità del danno erariale eventualmente prodotto, anche nella redazione dei bilanci. Ciò senza contare che ogni valutazione negativa del Giudice potrebbe essere destinata anche a una impugnativa avanti al giudice amministrativo. Il giudice contabile diventerà pertanto potenzialmente sub iudice, chiamato dalla Procura contabile a rispondere del danno erariale coprodotto con la dirigenza e dai Tar a istanza dell’interessato a ricorrervi.


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