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Report Deloitte, cresce la rinuncia alle cure per motivi economici. Stabili le pagelle a sanità pubblica (6,3) e privata (7). Nodo liste d’attesa e Pnrr “sconosciuto” a 4 italiani su 10. Tecnologie e digitale da potenziare
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Ridurre le liste di attesa, facilitare l’accesso alle cure e fare leva sull’innovazione tecnologica per migliorare l’organizzazione del Ssn. Sono queste le priorità che emergono dalla quarta edizione dell’Outlook Salute Italia di Deloitte. Nel 2023 il 29% dei rispondenti – in diminuzione rispetto all’anno precedente (-3%) – ha dichiarato di aver dovuto rinunciare a delle cure negli ultimi 12 mesi. La rinuncia alle cure è causata da motivi economici nel 69% dei casi, una percentuale in crescita di 8 punti percentuali rispetto alla precedente edizione e del +17% rispetto al 2021.
Le pagelle complessive della Sanità Pubblica e Privata restano stabili rispetto all’edizione precedente, con la prima che rimane sulla soglia della sufficienza con un voto di 6,3 su 10 mentre la seconda registra una migliore performance raggiungendo un voto di 7.
«La fotografia che emerge dalla ricerca si differenzia da quella delle tre precedenti edizioni, prendendo le distanze dalla pandemia e tracciando uno scenario di nuova normalità per la Sanità italiana - afferma Guido Borsani, Partner di Deloitte Italia e Government & Public Services Industry Leader -. L’edizione attuale restituisce l’immagine di un Paese che secondo gli italiani necessita, anche in ottica di sostenibilità, di potenziare alcuni aspetti ritenuti critici e valorizzare la traiettoria di innovazione dell’ecosistema sanitario, attraverso un uso consapevole di strumenti digitali. In questo senso, sono stati introdotti alcuni elementi di novità nell’analisi, coerentemente con l’obiettivo primario dello studio, che è quello di raccontare luci e ombre di un sistema complesso come quello sanitario. Sistema della Salute che, nel tener conto dei mutamenti in atto nel Paese, deve continuare a garantire equità nella produzione e nella distribuzione della salute della popolazione e fornire un’assistenza sanitaria di valore».
Visite specialistiche, esami di laboratorio e attività di prevenzione tra le prestazioni sanitarie più fruite
Rispetto al periodo pre-pandemia (2019), si conferma una significativa diminuzione degli accessi verso i medici di medicina generale (dal 64% al 50%), oltre una contrazione della domanda di indagini strumentali e nelle cure odontoiatriche. Al contrario, le visite specialistiche, gli esami di laboratorio e le attività di prevenzione risultano le prestazioni più fruite. In particolare, sul lato della prevenzione primaria e secondaria aumenta il ricorso a vaccinazioni (+40%), campagne di screening oncologico (+23%) e check-up completi (+24%).
Accesso alle cure: le fasce di reddito più basse rinunciano di più a visite specialistiche e prevenzione
Nell’ultima edizione del report si conferma una generale disparità in termini di accesso ad alcune prestazioni sanitarie, determinata principalmente dalla fascia di reddito di appartenenza. Nello specifico i soggetti che possiedono un reddito mensile superiore a 2.500 euro accedono alle visite specialistiche in misura maggiore (72%) rispetto a quelli con un reddito basso (68%). Un divario ancora più marcato riguarda le attività di prevenzione, con il 60% di chi ha reddito elevato contro il 39% che ha un reddito basso. Per quanto riguarda il ricorso a prestazioni di prevenzione, si evidenzia un picco più alto a Nord-Est (58%) e più basso nelle Isole (45%).
Rinuncia alle cure: i motivi economici pesano sempre di più. Tra coloro che dichiarano di aver dovuto rinunciare alle cure negli ultimi 12 mesi, 4 su 10 lamentano liste d’attesa eccessivamente lunghe
Il quadro generale mostra come la rinuncia alle cure abbia colpito tutte le fasce di reddito, con effetto maggiore su quelle economicamente più deboli: nel 2021 i motivi di tipo economico pesavano per il 52%, nel 2022 per il 61%, e quest’anno per il 69%. Ma la rinuncia alle cure non avviene solo per motivi economici: a pesare sono anche le lista d’attesa sempre più lunghe secondo il 40% degli intervistati (+5% rispetto all’anno precedente).
Il pubblico si conferma la prima scelta per alcune prestazioni
La struttura pubblica continua a essere la prima scelta per attività di prevenzione (49%), interventi di chirurgia maggiore (42%) e interventi di chirurgia minore (33%). La tendenza a rivolgersi al pubblico per le attività di prevenzione è in aumento rispetto all’anno scorso, mentre per gli interventi di chirurgia minore e maggiore, sempre rispetto alla scorsa rilevazione si ha un incremento della quota di chi si indirizza verso le strutture pubbliche con servizi in libera professione in intramoenia. Per esami di laboratorio e diagnostica strumentale le strutture private convenzionate con il Ssn si confermano la prima scelta.
Farmacie: l’87% degli italiani è soddisfatto dei servizi offerti sul territorio
Nel 2023 il 42% degli italiani che hanno usufruito di almeno una prestazione sanitaria ha utilizzato servizi in farmacia, come prenotazioni esami ed Ecg. Sebbene la qualità dei servizi sia valutata in modo positivo, si registra un calo della quota dei fruitori di 10 punti percentuali rispetto all’anno precedente, quando era il 52% (tale diminuzione risente del ruolo che le farmacie avevano durante la pandemia). Le regioni del Sud registrano un maggiore ricorso a questi servizi (48%), mentre il Centro mostra una domanda contenuta (38%) e una contrazione maggiore rispetto al 2022 (-13%). Nonostante il calo, il livello di soddisfazione complessivo per i servizi in farmacia rimane alto (87%), con il 25% molto soddisfatto e il 62% soddisfatto.
Digitalizzazione della sanità: più di 1 italiano su 2 prenota visite online
La trasformazione digitale della sanità sta progredendo, il 54% degli italiani prenota prestazioni online, il 58% riceve referti digitali, il 38% usa servizi e piattaforme digitali per informarsi o scegliere professionisti sanitari e il 45% condivide referti in modalità digitale. Le opportunità legate alla digitalizzazione della sanità che gli italiani apprezzano sono facilità di accesso (48%), la maggiore scelta di servizi (36%) e la continuità delle cure (29%). Tuttavia, il 46% teme di perdere il contatto diretto con i medici, e il 29% segnala complessità nell’accesso e utilizzo degli strumenti digitali, mentre il 31% dichiara la mancanza di competenze digitali. Nel complesso, il giudizio sulla digitalizzazione della sanità pubblica è sufficiente per la maggioranza degli intervistati, mentre il 23% lo ritiene insufficiente; per la sanità privata il giudizio è buono, con solo il 13% di insufficienze.
Intelligenza Artificiale e salute: il 57% crede che sia utile per la diagnosi e la cura
L’Intelligenza Artificiale (AI) sta trovando progressivamente applicazione in campo medico. Si tratta di un’importante novità, di cui è a conoscenza più della metà degli intervistati, in particolare nella fascia dei più giovani (18-24 anni). Chi è consapevole dell’utilizzo di queste nuove tecnologie in ambito sanitario basate sull’AI è fiducioso: infatti, più della metà degli intervistati (57%) crede che potrà essere utile alla diagnosi e alla cura. Tuttavia, è presente una quota di persone che mostra preoccupazione (18%): tra questi il 54% esprime timore per quanto riguarda la possibilità di errore nella diagnosi e cura, mentre il 50% teme la non ancora adeguata competenza dei professionisti sanitari.
Polizze sanitarie: meno di un italiano su cinque ne possiede una
Il livello di conoscenza delle polizze sanitarie tra gli italiani rimane stabile, ma la percentuale di chi ne possiede una è diminuito rispetto ai livelli pre-pandemici. Oltre quattro italiani su dieci conoscono le polizze salute e le consiglierebbero, ma meno di uno su cinque ne possiede una. Chi ha un’assicurazione sanitaria la utilizza con una frequenza annuale costante, principalmente per visite specialistiche, esami di laboratorio e cure odontoiatriche, che sono in aumento dal pre-pandemia ad oggi. Tra chi non possiede una polizza, uno su cinque sarebbe propenso ad acquistarne una, mentre circa la metà non è interessata principalmente per aspetti economici. La percentuale di chi non sente la necessità di una polizza è diminuita dal 30% nel 2019 al 20% oggi.
Pnrr e salute: 4 italiani su 10 non si ritengono ancora adeguatamente informati sul tema
L’informazione sulle iniziative della Missione 6 del Pnrr in ambito sanitario è limitata. In particolare, il 43% non conosce: le Case della Comunità, il 38% gli Ospedali di Comunità e il 43% le Centrali Operative Territoriali. Tuttavia, a prescindere dal livello di conoscenza delle singole iniziative relative alla Sanità territoriale, il 42% degli italiani prevede effetti positivi sulla sanità italiana grazie agli investimenti del Pnrr – percentuale inferiore di 4 punti rispetto alla precedente rilevazione – contro il 16% che non crede ci potranno essere impatti legati a queste riforme.
«Il report mostra un sistema sanitario italiano in profonda trasformazione, in cui, nei fatti, si sta configurando un nuovo equilibrio tra i servizi effettivamente coperti dal Ssn, ruolo del comparto privato in alcuni ambiti come la specialistica ambulatoriale e un annunciato sviluppo del mercato assicurativo che, tuttavia, stenta ad imporsi alla luce dell’elevata spesa out of pocket che ancora caratterizza il nostro Paese. Questo processo di riconfigurazione “dal basso”, sta avvenendo contestualmente ad un complesso processo istituzionale di riforma strutturale e digitalizzazione del Ssn attraverso l’attuazione del Pnrr che dovrebbe restituire al Ssn produttività, slancio e centralità nel rapporto con il cittadino-paziente», commenta Davide Lipodio, Health & Human Services Sector Leader di Deloitte Italia. «Il futuro della sanità italiana sarà quindi determinato: dalla combinazione delle spinte che provengono “dal basso”, generate da fenomeni reali quali la crescita delle liste di attesa e che richiedono soluzioni immediate, e “dall’alto” con riferimento alla qualità e alla velocità con cui saranno implementare le riforme del Pnrr relative agli aspetti organizzativi legati alla riforma della sanità territoriale e alle grandi infrastrutture di sanità digitale a livello nazionale e regionale».
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