Aziende e regioni

La gestione dell’ipercolesterolemia e il raggiungimento degli obiettivi lipidici nei pazienti più esposti a rischio cardiovascolare: il modello della Asp di Enna

di Calogero Russo *, Stefania Saragoni **, Marco Barbanti *, Mario Giuffrida *, Paola Maria Greca *, Francesco La Tona *, Carmela Nappi **, Alessandro Ghigi **, Maria Cappuccilli **, Luca Degli Esposti **, Mario Carmelo Zappia *

S
24 Esclusivo per Sanità24

Le malattie cardiovascolari e cerebrovascolari costituiscono la principale causa di morte in Italia: con circa 230 mila casi annui, infarti, cardiopatie, ischemie e ictus sono responsabili di circa il 36% di tutti i decessi nel nostro paese. Questo scenario allarmante ribadisce l’importanza di non abbassare la guardia su tali patologie che spesso si presentano come killer silenziosi, in ragione del fatto che i principali determinanti del rischio cardiovascolare, quali dislipidemia, ipertensione, infiammazione cronica sono condizioni per lo più senza sintomi evidenti.
In particolare, gli ultimi dati dell’Associazione nazionale medici cardiologi ospedalieri (Anmco) hanno posto l’accento sulla gestione ancora insoddisfacente dell’ipercolesterolemia, documentando come ben l’80% dei pazienti dislipidemici non riesca a rientrare nei target raccomandati dalle linee guida per il colesterolo Ldl, il cosiddetto “colesterolo cattivo” che, se presente in eccesso, tende a depositarsi sulla parete delle arterie.
Storicamente, nel trattamento dell’ipercolesterolemia le statine hanno rappresentato e rappresentano ancora l’opzione di prima linea, tuttavia in pazienti particolarmente a rischio (ad es. diabetici, nefropatici, soggetti con ipercolesterolemia familiare o con precedenti eventi cardiovascolari), è spesso necessario mettere in atto strategie più aggressive in grado di dimezzare i valori iniziali di Ldl. Se con le statine ad alta potenza cioè a dosaggio aumentato (atorvastatina 40-80 mg, rosuvastatina 20-40 mg) non vengono comunque ottenuti gli obiettivi terapeutici, altre opzioni disponibili sono le combinazioni di statine con ezetimibe e con inibitori della proproteina convertasi subtilisina/kexina di tipo 9 (PCSK9-i), fino all’acido bempedoico, ultimo trattamento orale approvato dall’Aifa “first-in-class” (ovvero con un meccanismo d’azione nuovo rispetto ai farmaci ipolipemizzanti esistenti), e al primo farmaco appartenente alla categoria degli Small Interfering Rna (siRna) approvato per il trattamento dell’ipercolesterolemia nei pazienti che non raggiungono il target.
A fronte dei progressi della ricerca farmaceutica, molti risultati sono rimasti tuttavia disattesi nel corso degli anni, in considerazione dell’assioma “the lower-the better”, ovvero “più bassi livelli di Ldl, minore rischio cardiovascolare”. Diverse evidenze hanno infatti dimostrato come, oltre alla quota elevata di pazienti non a target (circa 4 su 5), esista anche un notevole divario tra i valori di Ldl osservati dopo trattamento e quelli raccomandati. Se le opzioni terapeutiche innovative oggi disponibili hanno comprovato la loro efficacia nel ridurre i livelli di colesterolo Ldl, esistono dunque altri aspetti su cui convogliare l’attenzione per il miglioramento della gestione dell’ipercolesterolemia, come l’aderenza alle terapie, la consapevolezza del paziente, la comunicazione tra medico e assistito, e soprattutto il monitoraggio dell’appropriatezza prescrittiva dei farmaci ipolipemizzanti.
L’analisi con l’Asp di Enna. Con la finalità di definire strategie di intervento per ridurre il numero di pazienti non a target di Ldl e ottimizzare l’utilizzo della terapia ipolipemizzante, è stata condotta un’analisi retrospettiva, nata dalla collaborazione tra CliCon S.r.l. e l’Azienda sanitaria provinciale (Asp) di Enna con un’area di 170.009 assistiti nell’anno 2022 (Figura 1). Da questa popolazione, estrapolando i dati contenuti nei database amministrativi e del laboratorio analisi della Asp, sono stati identificati 8.055 (5%) soggetti con una determinazione di colesterolo Ldl nel 2022, da cui ne sono stati selezionati 2.896 che risultavano in trattamento con farmaci ipolipemizzanti nei 6 mesi precedenti l’ultima rilevazione di Ldl. Di questi sono stati poi inclusi nell’analisi 1.035 (36%) pazienti con rischio cardiovascolare molto alto e 1.618 (56%) con rischio alto. Per la classificazione del rischio cardiovascolare, è stato applicato un adattamento delle linee guida europee, precedentemente descritto dal gruppo di ricerca di CliCon, basato sul riscontro di trattamenti farmacologici e diagnosi di ricovero. Nello specifico, la classe di rischio cardiovascolare molto alto è stata definita dalla presenza di diabete associato a malattia coronarica (precedente ricovero per ischemia cardiaca acuta e/o angioplastica coronarica cronica o infarto del miocardio) o precedente infarto del miocardio, mentre la classe di rischio cardiovascolare alto è stata definita dalla presenza di diabete, precedente ricovero per ischemia cardiaca acuta, angina pectoris, ischemia cardiaca cronica, emorragia cerebrale, occlusione dell’arteria cerebrale, ischemia cerebrale transitoria, disturbi circolatori cerebrali, aterosclerosi, altre malattie vascolari periferiche o terapia con aspirina associata a beta-bloccanti e/o Ace inibitori.
Nella fase iniziale dell’analisi, sono stati identificati i pazienti che non avevano raggiunto l’obiettivo lipidico raccomandato dalle linee guida, che sono risultati pari al 77% nella classe di rischio molto alto e al 74% in quella di rischio alto (Figura 1), essenzialmente in linea con quanto riportato dall’Anmco. Tali pazienti non a target, grazie alla fattiva collaborazione tra le Uoc Cure primarie e farmacia territoriale, sono stati quindi segnalati a partire da luglio 2023 ai Medici di medicina generale (Mmg) per rivedere la terapia ipolipemizzante. Questo primo step di audit volto all’individuazione dei pazienti “critici”, formazione/informazione sull’uso corretto delle terapie ipolipemizzanti e comunicazione ai Mmg ha consentito di riportare entro il target di Ldl mediamente il 12% dei pazienti a rischio molto alto e il 14% di quelli a rischio alto nell’arco di soli sei mesi (Tabella 1). Tale risultato è stato reso possibile principalmente con l’intensificazione della terapia, ottenuta mediante la combinazione di ezetimibe alla statina e un miglioramento dell’aderenza in tutti i pazienti in esame. Infatti, dal baseline (ovvero l’ultima rilevazione di Ldl nel 2022) alla fine del follow-up, nei pazienti non a target in terapia ipolipemizzante la proporzione dei trattamenti a base di sole statine si è ridotta in favore di combinazioni di statine più ezetimibe ed ezetimibe in monoterapia (Figura 2). Focalizzando l’analisi sui pazienti che avevano raggiunto l’obiettivo lipidico, è risultato che in entrambe le classi di rischio circa la metà dei trattati aveva ricevuto nel follow-up una combinazione di statina più ezetimibe, sia come formulazione precostituita che estemporanea. Al contrario, nei pazienti che non avevano raggiunto il target raccomandato di Ldl durante il follow-up, la quota di trattati con una combinazione statina ed ezetimibe scendeva al 43,2% e al 32,9% nelle classi a rischio molto alto e alto, rispettivamente. Tali risultati rappresentano pertanto un’ulteriore conferma di come l’aggiunta di ezetimibe (10 mg/die) alla statina porti a una riduzione più marcata del colesterolo Ldl rispetto al trattamento con la sola statina, anche se a dosaggio elevato.
Riguardo all’aderenza, utilizzando l’approccio del Fail-to-Refill (che definisce come aderenti coloro che non interrompono la terapia ipolipemizzante) si è rilevato, dal baseline fino alla fine del follow-up, un aumento della quota di pazienti aderenti dall’83% all’88% tra quelli a rischio cardiovascolare molto alto, e dall’81% all’86% tra quelli a rischio cardiovascolare alto (Tabella 1). Inoltre, la percentuale di aderenti era sensibilmente maggiore tra i pazienti a target rispetto a quelli non a target, andando a suffragare quanto noto in letteratura nazionale e internazionale, cioè che l’aderenza alla terapia ipolipemizzante impatta positivamente sulle chance di raggiungere l’obiettivo lipidico raccomandato, a prescindere dal rischio cardiovascolare individuale.
Alla fine del follow-up, nonostante gli interventi descritti, ancora un’elevata quota di pazienti a rischio molto alto e alto non avevano raggiunto il valore di Ldl raccomandato e di questi circa il 43,2% e il 50,6% circa, rispettivamente, avevano una distanza dal target lipidico inferiore al 40%. Per riportare anche questi pazienti entro il target, una valida strategia sarebbe quella di estendere nel tempo e potenziare gli stessi interventi attuati sul modello organizzativo e rivelatisi vincenti sui pazienti che avevano invece raggiunto gli obiettivi lipidici entro un follow-up relativamente breve. Pertanto, i soggetti con una distanza dal target contenuta potrebbero essere riportati a target implementando azioni semplici, ma mirate ad aspetti quali la comunicazione, la modulazione della terapia e la gestione del proprio trattamento da parte del paziente.
Al contempo, i pazienti con valori di colesterolo Ldl molto distanti dai valori raccomandati, tramite l’intervento degli specialisti Cardiologi, potrebbero beneficiare dei nuovi farmaci ipolipemizzanti come PCSK9-i ed acido bempedoico di recente introduzione nell’armamentario terapeutico delle dislipidemie.
In sintesi, l’esperienza della Asp di Enna da un lato dimostra come, un processo di audit, già entro sei mesi dall’avvio, può contribuire a ridurre in maniera cospicua il numero di pazienti non a target, dall’altro fornisce, per i restanti pazienti, un modello organizzativo che propone strategie terapeutiche mirate in funzione della distanza dal livello target.
L’analisi suggerisce come la gestione della dislipidemia possa essere sensibilmente migliorata da interventi organizzativi mirati e da un approccio patient-tailored, finalizzati a ottimizzare l’appropriatezza prescrittiva, gli esiti clinici e la corretta allocazione delle risorse assistenziali.

* Azienda Sanitaria Provinciale (ASP) di Enna
** CliCon S.r.l. Health, Economics & Outcomes Research, Bologna


© RIPRODUZIONE RISERVATA