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L’Intelligenza Artificiale cambierà realmente la sanità?
di Davide Croce *
24 Esclusivo per Sanità24
Lo sviluppo dell’intelligenza artificiale suscita in molti di noi numerosi interrogativi e timori. Mentre il segnale dell’uso ampio di questa logica è segnalato dall’introduzione massiccia sui software di uso corrente dei cellulari, un domanda ricorre tra i professionisti sanitari con insistenza: qual è l’utilità di queste tecnologie nell’assistenza sanitaria?
Alcuni temono che l’IA possa sostituire i medici: niente di più lontano da quanto accade/accadrà, la realtà è che questa tecnologia promette un futuro con diagnosi più precise, trattamenti personalizzati e una migliore gestione delle risorse. D’altro canto, il suo ingresso all’interno dei meccanismi e processi sanitari è così inevitabile e prossimo che l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha pubblicato il documento “Ethics and Governance of Artificial Intelligence for Health” per regolare l’impiego di questa tecnologia nel settore.
Se da un lato l’IA supporta la diagnostica in vari campi applicativi, avendo “appreso” da milioni di casi abbinando alle immagini diagnostiche la storia clinica del paziente, lanciando un avviso al refertatore con consiglio ad approfondire il caso, è altrettanto vero che alcune analisi riportano un incremento di falsi positivi. A prescindere dalla curva di apprendimento durante l’introduzione di una nuova tecnologia e dal grado di maturità di questa tecnologia, è indubbio che la riduzione di errori umani dipende molto dalla capacità ed esperienza dello specialista, ed i sistemi di supporto aiutano in maniera importante chi ha bassa esperienza.
Tra gli ambiti che si prestano all’applicazione dell’IA sono il Pronto soccorso (Ps) e la somministrazione di terapie in ambiente ospedaliero, dove la gestione dei pazienti in funzione della gravità delle condizioni cliniche, dei bisogni di assistenza e dei tempi di intervento sono importanti. In questo contesto, l’intelligenza artificiale offre un potenziale reale e immediato per ottimizzare i processi e migliorare l’assistenza ai pazienti, avvicinandosi alla capacità di sintesi della mente umana tra molte variabili indipendenti.
A esempio nel Ps il triage si basa su protocolli e Linee guida e un supporto statistico sarebbe ovviamente utile. Lo stesso supporto statistico sarebbe utile nella coda in sala d’attesa in funzione non solo del codice colore ma anche delle postazioni interne, del personale in servizio e dei tempi di attesa per consulenze ed esami strumentali che hanno un tempo di erogazione storico in funzione della richiesta. Riempire in modo efficiente gli slot da un vantaggio complessivo intuibile nel tempo di attraversamento del servizio.
Nella somministrazione delle terapie ai pazienti in ospedale il tempo di erogazione dipende dall’esito dei controlli al paziente, dai tempi di approntamento terapia, dalla durata della somministrazione, dai letti disponibili ma anche dal tipo di attività che è programmato o in esecuzione da parte degli altri pazienti. E queste sono variabili troppo numerose per essere gestite manualmente, ma invece sono gestibili con un buon grado di efficienza da un SW specifico che apprenda da quanto usualmente accade nella pratica.
Dall’ammissione al monitoraggio, l’IA ha quindi un potenziale enorme per rendere gli ospedali più “intelligenti” ed efficienti, migliorando la qualità dell’assistenza e potenzialmente aiutando ad allargare i servizi.
Nonostante le prospettive future, l’integrazione dell’IA nella sanità italiana non è priva di sfide. La protezione dei dati sensibili dei pazienti, la necessità di formare adeguatamente il personale sanitario all’utilizzo di questi strumenti e la definizione di un quadro normativo chiaro sono solo alcune delle questioni non insormontabili da affrontare.
* Centro di Ricerca in Economia e Management in Sanità e nel Sociale (Crems)
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