Aziende e regioni

Autonomia differenziata: le performance alla celluloide dei presidenti delle Regioni

di Ettore Jorio

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24 Esclusivo per Sanità24

Dalla politica delle ideologie, ciascuna con una diversa visione del mondo, si è passati alla politica delle categorie generiche, del tipo populismo e sovranismo. Oggi sta assumendo prevalenza la politica della celluloide. Di conseguenza, è venuta a mancare l’utilità dei programmi, causa marketing del consenso catturato a prescindere da cosa si promette.
La nuova politica, quella della celluloide, è divenuta quella dei media e dei social, ove anche a dire scemenze si può diventare qualcuno, così come fanno gli influencer. Gli esempi sono quotidiani e spesso straordinariamente accattivanti per i più, non certamente per quella maggioranza della Nazione che non crede più nel voto.

Nella logica delle performance alla celluloide iniziano a prevalere i presidenti di Regione che con il regionalismo asimmetrico dovranno fare i conti. Molti sono già in piena attività contro la legge “Calderoli”, compresa la governatrice della Sardegna, da considerarsi intrusa perché sine titulo per rivendicare il referendum e impugnarla avanti la Consulta perché legale rappresentante di una Regione a statuto speciale.

Nel Veneto
Qualcuno più avvezzo ai coup de théâtre tenta di occupare la scena, dentro e fuori dal proprio partito. Lo fa, inizialmente in pochi byte per poi allargarsi in una conferenza stampa comunicando di volere accedere immediatamente ad una maggiore autonomia legislativa. Ciò in relazione alle nove materie ritenute dal legislatore “Calderoli” non riconducibili ai Lep e, dunque, alle regole della loro sostenibilità attraverso costi e fabbisogni standard. Al riguardo, Luca Zaia in siffatte occasioni informa di avere reiterato l’istanza alla Premier, a mezzo PEC, anche relativamente alle quattro materie negoziate nel 2018 con Gentiloni: politiche del lavoro, istruzione (concorrente e non già norme generali di competenza esclusiva statale di cui alla lett. n), salute, tutela dell’ambiente e dell’ecosistema. Non solo. Propone un gemellaggio nel gestire la differenziazione ad una Regione del sud (alla Calabria di Occhiuto o alla Puglia di Emiliano?). Non si comprende però se lo fa per dimostrare una sorta di incomprensibile “generosità” istituzionale ovvero per concretizzare un atto di presunzione, generativo di un sfida all’O.K. Corral sulla migliore efficienza.

Ed è proprio nelle nove materie differenziabili da subito che si presume la cosiddetta “cascata dell’asino” del legislatore, oltre all’infortunio cui saranno suscettibili le Regioni a seguito della prevista durata a tempo determinato della maggiore autonomia regolativa. Riesce infatti difficile comprendere da quale fonte proviene il risultato di pervenire per differenza delle materie riconducibili ai Lep da tutte quelle differenziabili a mente dell’art. 116, comma 3, della Costituzione. Ciò in quanto è di conoscenza pubblica la relazione finale del lavoro del Clep, perfezionato nel trascorso mese di ottobre, che non ha avuto seguito in tal senso in termini di recepimento in alcun provvedimento avente valore di legge ovvero regolamentativo.

Quanto comunque alla esclusione dai Lep delle anzidette nove materie, sono numerose le osservazioni anche nel merito della loro non riconducibilità ad essi, attesa l’assenza di una accorta valutazione con la loro trasversalità con tutte le materie differenziabili e con quelle residuali, che sono numerosissime. Ciò con particolare riguardo alla protezione civile e al commercio con l’estero, entrambi configurabili come materia con ricaduta diretta in favore dei cittadini. In quanto tali associabili alla tutela dei diritti civili e sociali da assicurare mediante standard, costituenti «il nucleo invalicabile per rendere effettivi tali diritti su tutto il territorio nazionale» (art. 1, c. 2, legge 86/2024). Stesso discorso meriterebbe il tema della previdenza complementare e integrativa, altrimenti scambiato per introdurre competizioni retributive, che farebbero tanto male nella sanità.

Nella Lombardia
In tutto questo bailamme emerge una posizione più responsabile in tema di applicazione delle regole del regionalismo asimmetrico. Protagonista il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana. Dopo l’affermazione che anche la sua Regione è pronta a richiedere l’Intesa con il Governo, Fontana conclude dicendo che «avevo pensato di chiederne almeno una, in cui i Lep fossero già previsti, come la sanità». Ciò in linea con quanto sostenuto anzitempo in un mio articolo pubblicato lo stesso giorno dell’approvazione definitiva alla Camera della legge 86/2024 (19 giugno scorso ). Sempreché il Governo – in via (molto) sperimentale - approvi un decreto legislativo, sentito il Parlamento, di determinazione dei costi standard per Lep sociosanitari e individui il fabbisogno standard lombardo. Pensando sin da ora a rivedere il tutto con la prossima legge di bilancio per il 2025 con la previsione del fabbisogno standard nazionale della salute.


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