Aziende e regioni
Il ruolo dell’assistenza domiciliare: la “Rsa aperta” in Regione Lombardia
di Luca Degani *, Stefania Pozzati **
24 Esclusivo per Sanità24
Il potenziamento dell’assistenza domiciliare è uno dei pilastri su cui si fonda la riforma dell’assistenza alla non autosufficienza oltre che un elemento cardine per la riorganizzazione della medicina territoriale.
Più in particolare il Pnrr, che ha imposto all’Italia l’adozione tanto del Dm 77/2022 che ridefinisce i luoghi della sanità territoriale, quanto della legge 33/2022 cd. “legge anziani”, ha previsto un finanziamento in parte corrente per arrivare alla presa in carico domiciliare del 10% della popolazione ultrasessantacinquenne.
Al di là della evidenza che la presa in carico del 10% di un quarto della intera popolazione italiana attraverso un sistema organizzato di servizi domiciliari è forse più una mera dichiarazione di intenti che sottende un preminente obbiettivo di territorializzare la assistenza sanitaria, l’elemento di maggior interesse è comprendere quali siano gli asset di tipologia di servizi domiciliari presenti e prevedibili che rispondano ai bisogni differenziati della popolazione target.
È evidente infatti che un ultrasessantacinquenne sia portatore di bisogni sostanzialmente diversi rispetto un ultrasettantacinquenne e oltre.
Nella miglior dottrina di politica sociale si ritiene che gli obiettivi strategici di una presa in carico domiciliare si debbano ispirare ai seguenti principi:
1. Creare risposte unitarie per il cittadino per superare la separatezza tra gli strumenti disponibili. Attualmente le risposte ai bisogni di domiciliarità vengono soddisfatte dal sistema di welfare pubblico attraverso due strumenti: il Sad dei Comuni e l’Adi (Assistenza domiciliare integrata, oggi Cure domiciliari) della sanità regionale; in particolare, e parte principale del presente articolo, negli ultimi 10 anni Regione Lombardia ha integrato il panorama dei servizi domiciliari attraverso la Rsa Aperta. Una misura che prevede che le oltre 700 Rsa presenti sul territorio lombardo siano in grado di rispondere potenzialmente a una popolazione ancora a domicilio con una età media di circa dieci anni di meno e un livello di minor comorbilità rispetto alla popolazione delle Rsa (vd slide 1 ove si evidenzia l’età all’ingresso in costante aumento dei circa 60.000 ricoverati in Rsa in Regione Lombardia);
2.Progettare e articolare gli interventi secondo nuove modalità che mettano il lavoro di équipe multidisciplinare e interistituzionale al centro della valutazione dei bisogni sanitari, sociosanitari e sociali. Per offrire a casa agli anziani e alle categorie fragili il giusto mix delle diverse prestazioni loro necessarie utilizzando anche professionisti sociosanitari con competenze specifiche dell’asset residenziale (v. slide 2);
3.Puntare a realizzare servizi di domiciliarità innovativi e di alta qualità, grazie all’introduzione dell’uso delle tecnologie che arricchiscano e non deprivino contatti e relazioni umane, offrendo un valore aggiunto apprezzabile dal cittadino. Un utilizzo integrato di strumenti innovativi digitali contestualmente alle modalità “classiche” di erogazione dei servizi potrà permettere di raggiungere importanti obiettivi quali l’aumento della platea dei beneficiari, l’incremento del numero di visite/accessi per utente (=intensità) e di durata nel tempo (la prospettiva deve essere quella del long-term care, ovvero di cure per molti mesi e anche anni). In questo di fondamentale importanza, in prospettiva, l’uso dell’asse Pnrr sulla digitalizzazione e sullo sviluppo della telemedicina e, per la cronicità, ancor più del telemonitoraggio.
Ed è in linea con queste premesse che la misura Rsa Aperta vede un’importante crescita soprattutto negli ultimi anni (slide 3).
La Rsa Aperta è una misura introdotta da Regione Lombardia nel 2013 che si rivolge ad anziani con demenza e a ultrasettantacinquenni non autosufficienti, con l’obiettivo di erogare al domicilio degli anziani prestazioni di natura sociosanitaria di norma usufruibili solo all’interno di una Rsa: una misura che porta letteralmente nelle case degli anziani le Rsa, che mettono a disposizione dei territori i propri professionisti e la propria esperienza di cura.
Le ragioni di questo crescente interesse sono molteplici: sul lato della domanda ci sono i dati relativi all’invecchiamento della popolazione e alla crescita delle demenze, su quello dell’offerta c’è l’evidente beneficio indotto dalla disponibilità di un servizio che contribuisce concretamente a prevenire e/o rinviare i ricoveri nelle strutture residenziali.
Nel 2024 Regione Lombardia ha allineato la remunerazione per singola prestazione a quelle del consolidato servizio Adi (oggi cure domiciliari) riconoscendo così il valore di una misura che sostiene l’anziano e la sua famiglia all’interno del proprio contesto di vita ed utilizzando gli appositi fondi di Pnrr per implementare tariffe e numero di prestazioni
Tali azioni confermano il ruolo che questa misura può e deve poter svolgere all’interno della sanità territoriale attraverso professionisti specificamente formati che entrano nelle case di anziani fragili, supportando il percorso di cura e monitorando costantemente l’evoluzione dei bisogni.
Soprattutto, a livello di ripetibilità, questo tipo di servizio indica la possibilità di uscire da una logica di contrasto tra residenzalità in Rsa e al domicilio, analizzando in termini di appropriatezza il bisogno della persona anziana assistita e comprendendo come il continuum di cure passi dal domicilio tanto in termini prestazionali, attraverso figure di professionisti sociosanitari abituati anche alla alta complessità, quando con percorsi di adeguamento domotico o con le nuove tecnologie che permettono, a titolo esemplificativo, il controllo della aderenza terapeutica da remoto.
* presidente Uneba
** direttore sociale Fondazione Sacra Famiglia
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