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Fondazione Gimbe: «Per il Ssn saccheggio da 37 miliardi in dieci anni, il nuovo Governo investa più risorse e le blindi»

di Barbara Gobbi (da www.ilsole24ore.com)

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Cinque richieste al nuovo Governo e in particolare al ministro della Salute, Roberto Speranza, per mettere in sicurezza il Servizio sanitario nazionale. A lanciarle è la Fondazione Gimbe, think thank di politica sanitaria che parte da un dato drammatico: quei 37 miliardi di euro sottratti al Ssn tra definanziamento e tagli nel periodo 2010-2019. «Negli ultimi anni – spiega il presidente Gimbe Nino Cartabellotta - tutti i Governi hanno contribuito a sgretolare quella maestosa opera pubblica che è il Ssn, nato per tutelare la salute delle persone. Al nuovo Esecutivo impegnato nell’aggiornamento del Def e soprattutto nella stesura della legge di Bilancio, chiediamo di invertire nettamente questa tendenza». Come? Con una ricetta che "mixa" cambio di passo culturale e azioni concrete.

Cinque richieste al Governo. Al ministro Speranza in primis ma a tutto l’Esecutivo, perché è indubbio il peso che il Mef avrà nella partita, si chiede di passare dalle dichiarazioni di intenti della prima ora – «preservare e rilanciare la sanità pubblica e universalistica e rifinanziare il Ssn» e «lanciare un piano straordinario di assunzioni di medici e infermieri» - alla «reale consapevolezza che – avvisano da Gimbe - servono volontà politica, investimenti rilevanti, un programma di azioni a lungo termine e innovazioni di rottura».
Priorità assoluta sarà trovare la quadra sul Patto per la salute 2019-2021 tra Governo e Regioni, ancora in stand-by malgrado l’ultima manovra finanziaria abbia vincolato alla sua stipula l’aumento del Fondo sanitario nazionale: 2 miliardi nel 2020 e 1,5 miliardi nel 2021 che rischierebbero di saltare senza un accordo. Occorre poi blindare le risorse per la sanità, saccheggiata nell’ultimo decennio di crisi perché più facilmente aggredibile di altri capitoli di spesa pubblica, come le pensioni. «Va rilanciata - spiega Cartabellotta - la mozione presentata lo scorso luglio dalla presidente della commissione Affari sociali della Camera Marialucia Lorefice (M5S), che ha fatto proprie le nostre istanze chiedendo al Governo di definire una soglia minima del rapporto spesa sanitaria/Pil (scenderà al 6,4% nel 2022, ndr) e un incremento percentuale annuo del Fondo sanitario nazionale pari ad almeno il doppio dell’inflazione. Solo così si riuscirà davvero a programmare e a pianificare». A cominciare dal personale, che ai 37 miliardi di tagli ha contribuito per oltre il 50% tra blocco del turnover e mancato rinnovo del contratto. Medici e infermieri che certo, come hanno annunciato il ministro Speranza e il premier Conte, vanno adeguatamente "rimpiazzati", ma soprattutto motivati con retribuzioni allineate agli standard europei. L’alternativa è la fuga dall’Italia, già in atto, di almeno 1.500 professionisti l’anno, solo a guardare i camici bianchi. Perché tutto questo sia possibile servono investimenti e quindi una netta inversione di rotta: a fronte dei tagli, in termini assoluti il finanziamento pubblico in 10 anni è aumentato di appena 8,8 miliardi, con una media dello 0,9% l’anno, inferiore al tasso dell’inflazione media annua. Basti pensare che nel 2018 la differenza tra la spesa pubblica per la sanità tra Germania e Italia è stata di 2.511 dollari pro capite, cioè 5.056 dollari a fronte dei 2.545 nostrani.

La doppia scommessa Nadef e legge di Bilancio. Il Programma di Governo – precisano da Gimbe – non prevede esplicitamente il rilancio del finanziamento pubblico per il Ssn. Ma il piano di rifinanziamento e di corretta allocazione della spesa non può attendere: la Nadef e la legge di Bilancio sono due traghetti da prendere al volo. Secondo le stime della Fondazione, ad esempio, l’eventuale attuazione della "Quota 10" proposta dal Partito democratico - 10 miliardi di investimenti in più nei prossimi tre anni – dovrebbe portare a un aumento del rapporto spesa sanitaria/Pil dello 0,2-0,3% almeno per ciascuno degli anni 2020-2022.

Tagliare i rami secchi e guardare ai risultati. Ma non finisce qui: contemporaneamente - è la tesi della Fondazione Gimbe - la spesa va riqualificata per aumentare il ritorno in termini di salute (value for money) delle risorse investite in sanità. Che significa ridefinire il perimetro dei Livelli essenziali di assistenza – un libro dei sogni aggiornato tre anni fa ma in buona parte inattuato - sulla base dell’efficacia; disinvestire da sprechi e inefficienze; integrare spesa sanitaria e spesa sociale d’interesse sanitario per arrivare a definire un fabbisogno socio-sanitario nazionale; rivedere la spesa fiscale per detrazioni e deduzioni per spese sanitarie e contributi versati a fondi sanitari e società di mutuo soccorso, una volta fatta che sarà stata fatta la riforma della sanità integrativa.


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