Aziende e regioni
Dal Report Oasi del Cergas-Bocconi un Ssn «in mezzo al guado» e in affanno sulla Long Term Care
di Barbara Gobbi
Un servizio sanitario nazionale «a metà del guado», in un equilibrio sempre più difficile tra vicoli finanziari, invecchiamento e cambiamenti sociali: da una parte, i conti bilanciati, una spesa sanitaria “sobria”, appropriatezza e punte di eccellenza pure a fronte di spazi di miglioramento; dall’altra parte, un’offerta pubblica in progressiva riduzione - in cui aumenta la percezione di rinuncia dichiarata alle cure -, una copertura pubblica limitata al 65% della spesa per assistenza sanitaria a lungo termine (Long Term Care) e al 60% della spesa per prestazioni ambulatoriali. A fronte di questi dati, c’è una domanda sanitaria e socio-sanitaria in crescita, in un contesto di welfare che resterà bilanciato ancora per poco, davanti ai trend demografici destinati a invertirsi.
Questo il ritratto della sanità italiana tracciato dal Rapporto Oasi 2017 -Osservatorio sulle aziende e sul sistema sanitario italiano del Cergas-Bocconi, presentato all’Aula Magna dell’Università meneghina. Nel 2016 - ricordano dalla Bocconi - il Servizio sanitario nazionale ha speso 115,8 miliardi di euro, una cifra in crescita dell’1,1% sul 2015, ma che - tra il 2010 e il 2016 - è aumentata in media dello 0,7% l’anno – un tasso inferiore a quello dell’inflazione. Il Tallone d’Achille è la cura ai non autosufficienti: i posti letto coprono meno del 10% del fabbisogno e le cure domiciliari si riducono, in media, a 17 ore per paziente l’anno. In sofferenza - sottolineano ancora dall’Università Bocconi - la spesa per il personale, con conseguente invecchiamento dei professionisti del Ssn. E permane il divario Nord-Sud: basti pensare che al Nord il 49,6% dei cronici si percepisce in buona salute, a fronte del 36,6% del Sud. Ancora: la speranza di vita in buona salute passa da 60 anni al Nord a 56 anni al Sud, con il divario massimo tra Calabria e Bolzano: 50 anni contro 70.
La spesa sanitaria, che nel 2010 costituiva il 24% della spesa di welfare pubblico, sei anni dopo è scesa al 21,9%, a favore della spesa assistenziale, passata dall’8 al 10%, mentre la spesa pensionistica rimane sostanzialmente stabile al 68%. La spesa per il personale è diminuita del 6% tra il 2010 e il 2016, con la conseguente, allarmante crescita dell'età media degli operatori: il 52% dei medici dell'Ssn ha più di 55 anni, contro il 13% del Regno Unito, il 43% della Germania e il 46% della Francia. Nel complesso la spesa per beni e servizi (33,6% di quella totale) supera quella del personale (29,7%).
I nodi Long Term Care e Adi. «Le fonti pubbliche - ribadiscono i curatori del Rapporto, Francesco Longo e Alberto Ricci, coprono ancora il 95% della spesa ospedaliera, ma solo il 60% della spesa per prestazioni ambulatoriali e il 65% delle spese di assistenza di lungo termine nelle strutture residenziali». E proprio il lungo termine e le cronicità si rivelano essere sempre più chiaramente il tallone d'Achille del sistema. I posti letto pubblici o privati per i non autosufficienti coprono meno del 10% del fabbisogno: 270.000 posti letto rispetto a 2,8 milioni di non autosufficienti. Le cure domiciliari sono, inoltre, largamente insufficienti a colmare il gap: si tratta, in media, di 17 ore per paziente preso in carico – ipotizzando pacchetti di due ore settimanali, l'intervento si riduce in poco più di due mesi. Le soluzioni a cui ricorrono le famiglie sono il ricovero in regime di solvenza completa, l'impegno diretto nella cura del parente o il ricorso a una badante. «Tale meccanismo si regge grazie a una combinazione di equilibri sociali destinati a scomparire», afferma Longo. Se oggi, infatti, il rapporto tra anziani e popolazione attiva è 35 a 100, nel 2065 sarà 60 a 100. Il sistema pensionistico ha, inoltre, tutelato i redditi medi degli anziani, rimasti pressoché invariati tra il 2006 e il 2014 mentre quelli dei giovani tra i 19 e i 34 anni sono diminuiti di 20 punti percentuali, ma il progressivo passaggio al sistema contributivo è destinato a ridurre anche i redditi da pensione.
Il divario Nord-Sud. Mentre il sistema è, da qualche anno, in equilibrio economico in tutta Italia, il Rapporto evidenzia un allarmante e permanente divario tra Nord e Sud del paese in tema di salute della popolazione. La speranza di vita in buona salute è di 60 anni al Nord e 56 al Sud, con un divario di ben 20 anni tra i due estremi: i 70 anni di Bolzano e i 50 della Calabria. Anche l'auto-percezione del proprio stato di salute da parte degli ammalati cronici solleva lo stesso campanello d'allarme: al Nord il 49,6% di loro si percepisce in buona salute, al Sud solo il 36,6%. E proprio il lungo termine e le cronicità si rivelano essere sempre più chiaramente il tallone d'Achille del sistema.
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