Aziende e regioni

Guerra alle liste d’attesa: nel Lazio tempi rispettati al 90% entro due anni

di B.Gob.

I conti «finalmente in ordine» e ospedali, di nuovo, «finalmente» ripopolati di operatori sanitari consentono alla Regione Lazio di passare allo step successivo del risanamento del suo servizio sanitario: «aggredire in maniera nuova e strutturale il problema delle liste d’attesa». Suona più o meno così il senso del Piano regionale per il governo delle liste d’attesa nel Lazio, versione 2016-2018, presentato dal governatore Nicola Zingaretti insieme alla ministra della Salute Beatrice Lorenzin. Che ha annunciato: «Credo che il Lazio stia uscendo dal commissariamento. Manca pochissimo e per me sarà una grandissima soddisfazione».

L’obiettivo del Piano anti-liste del Lazio è arrivare in due anni al 90% delle prestazioni erogate entro i tempi stabiliti e nel luogo più vicino ai cittadini. Oggi siamo al 62%, mentre nel 2013 la Regione Lazio arrivava appena al 50 per cento.
La prima scelta importante contenuta nel Piano è la separazione di due flussi di tipologie di prestazioni: il primo accesso, e cioè le prime visite e le prime prestazioni terapeutiche, e le visite di controllo non urgenti e perciò programmabili direttamente dalle strutture e dai medici. Ovviamente la distinzione tra i due flussi andrà a decongestionare il primo accesso, con le urgenze vere e proprie. Che saranno distinte per lettere corrispondenti a tempi massimi: U (Urgente, da eseguire entro le 72 ore); B (breve, entro 10 giorni); D (differibile, 30 giorni per le visite e 60 per le prestazioni strumentali): P (programmata, entro 180 giorni).

La Regione punta sulla trasparenza: tutte le agende di prenotazione diventano visibili al ReCup, i calendari delle agende non possono essere chiusi, quindi non sarà più possibile rifiutare la richiesta di una prestazione; è garantita la prenotabilità delle prestazioni fino a un anno. Alla celerità della risposta le Asl dovranno poi contribuire con un’autovalutazione della propria capacità per tipologia di prestazioni, con l’indicazione dei fabbisogni e la relativa chiarezza sulle quantità di prestazioni che possono essere prodotte “in house” e quelleche possono essere acquistate dalle Ao e dai privati accreditati; ottimizzando i turni e l’uso dei macchinari. Afinché il cittadino possa essere agevolato, inoltre, si individuano tre “ambiti territoriali di garanzia”: dal più vicino, distrettuale, per le cure più semplici, a quello aziendale per la media complessità, a quello sovra-aziendale, per prestazioni di alta tecnologia.

Sull’intramoenia scatta un giro di vite: con attese oltre i limiti stabiliti, le aziende dovranno ridurla o sospenderla fino al ripristino dei tempi massimi indicati dal Piano. Perché la misura sia efficace, sono rafforzati i sistemi di monitoraggio su tempi, inadempienze e irregolarità.

Quanto invece alle lunghe code che si sono accumulate, in particolare su otto prestazioni ecografiche e tre tipi di visite specialistiche (cardiologica+Ecg, dermatologica, oculistica), e che è prioritario smaltire, da maggio per 12 settimane e con un investimento di 12 milioni si provvederà ad anticipare gli appuntamenti già prenotati, a partire dalle attese più lunghe. Da settembre invece partiranno le “soluzioni strutturali”, velocizzando i tempi per queste prestazioni che andranno effettuate entro 10 giorni dalla prenotazione, che potrà avvenire direttamente dallo studio del medico di medicina generale. Da settembre le aziende sono chiamate anche ad estendere l’apertura dei servizi e l’impiego dei macchinari: fino alle 22 e anche nel weekend.
Il territorio farà la sua parte: in ogni distretto saranno attivati ambulatori aperti (almeno due nelle Asl del Comune di Roma), a partire dalle Case della salute. Le tre visite specialistiche critiche saranno effettuate sperimentalmente in alcuni ambulatori senza prenotazione.


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