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Epidemiologia dei migranti, Catania fa «diagnosi in banchina»
di Giorgio Santonocito (direttore generale Arnas - Azienda ospedaliera di Rilievo Nazionale di Alta Specializzazione Garibaldi di Catania)
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Tra i tanti vantaggi che le tecnologie e le innovazioni acquisite nell’ultimo secolo hanno apportato, vi è senz’altro l'accorciamento delle distanze e la rapidità di spostamento delle merci e delle persone. Una vera rivoluzione rappresentata, non solo dalla capacità di accorciare le distanze riuscendo ad arrivare in ogni luogo in poco tempo, ma anche dal sempre più incisivo processo di globalizzazione, che oggi abbraccia ogni settore umano.
Tutto questo assume una prospettiva ben più delicata se si considera l'importanza del fenomeno migratorio e l'impatto che questo continua ad avere alle porte del vecchio Continente, rendendo sempre più urgente la necessità di consolidare una stretta cooperazione sanitaria all'interno di ciascun Paese oltre che tra le varie Nazioni, cercando di ridurre al minimo i rischi di veicolazione di malattie infettive.
A fronte di queste dinamiche in continuo mutamento, Catania, situata nel cuore del Mediterraneo e crocevia di popoli provenienti da diversi continenti, non è rimasta a guardare. Ormai da tempo, infatti, la città etnea ha raggiunto livelli ragguardevoli non solo nell'accoglienza e nel controllo sui flussi migratori, ormai divenuti una tendenza fisiologica per la nostra Isola, ma soprattutto nella gestione di emergenze sanitarie che sbarcano sulle nostre coste, con particolare riguardo alle malattie infettivo-diffusive.
L'attenzione all'aspetto epidemico del fenomeno migratorio, rappresenta il cuore degli sforzi di una compagine di attori variegata e dall'azione complementare, che vede nella città di Catania la sede di elezione non solo per la posizione baricentrica sulla costa dell'isola, ma soprattutto per le risorse professionali che con grande spirito di collaborazione sono state in grado di dare una risposta fattiva a eventi di interesse europeo e globale.
In tale prospettiva, un ruolo fondamentale è stato svolto dalla Direzione Strategica dell'Arnas Garibaldi e dai medici dell'Ospedale che hanno progettato un meccanismo di accoglienza dei migranti già al momento dello sbarco in banchina, in grado di farsi carico dell'eventuale rischio infettivo di cui gli stessi potrebbero essere portatori.
Il programma “Diagnosi in banchina” è un protocollo multidisciplinare di assistenza medica concepito per scongiurare il rischio di contagio e diffusione di patologie infettive fin dall'approdo dei migranti al porto, grazie alle postazioni sanitarie in loco dell'Usmaf - Ufficio di Sanità Marittima Aerea e di Frontiera e della Croce Rossa Italiana.
Al manifestarsi di casi infettivi sospetti, scatta il meccanismo di screening delle probabili patologie, soprattutto la Tbc, grazie all'utilizzo di moderne tecnologie biomolecolari in grado di dare gli esiti dell'indagine condotta su campioni di escreato, entro due ore dalla raccolta del campione. In caso di positività, il migrante, divenuto paziente, entra nel percorso di Biocontenimento, un percorso realizzato grazie all'intesa raggiunta fra la Direzione Strategica del Garibaldi, l'Usmaf, la Croce Rossa, il 118, la Capitaneria di Porto, la Marina e l'Aeronautica Militare; avviene quindi il trasporto e lo stazionamento del paziente in apposite strutture ad Alto Biocontenimento, le quali consentono un ottimale isolamento dell'agente infettante.
L'unità di Alto Biocontenimento, situata presso il Pronto Soccorso dell'Ospedale Garibaldi, costituita da una struttura mobile di livello BSL3, consente di arginare patologie quali tubercolosi, SARS, rabbia, encefalite, febbre gialla, brucellosi, virus del Nilo, leishmaniosi.
Il progetto, ormai da tempo messo in atto è stato illustrato nel recente 1° Convegno Euromediterraneo sul biocontenimento, dal titolo “Gestione dell'emergenza Infettivologica”, tenutosi presso l'Arnas Garibaldi. Due giornate di confronto e dialogo che hanno visto riunirsi attorno a un tavolo tecnico, la compagine sanitaria dell'Azienda, la Croce Rossa Italiana, il 118, la Marina e l'Aeronautica Militare, nonché gli Uffici di Sanità Marittima Aerea e di Frontiera del Ministero della Salute. Al centro del dibattito, soprattutto l'importanza del lavoro sinergico tra le parti e la formazione assidua di quanti operano per la tutela della salute pubblica, costituendo un vero e proprio anello sanitario che orbita intorno alle strutture “sensibili” dell'Ospedale Garibaldi, grazie all'Unità di Alto biocontenimento, del porto, tramite il protocollo “Diagnosi in banchina”, e dell'aeroporto di Catania, il quale a breve vedrà l'inaugurazione di un padiglione sanitario gestito dall'Usmaf, divenendo in questo modo l'Aeroporto sanitario del meridione, dopo Milano e Roma.
Proprio in virtù di queste sperimentali soluzioni di prevenzione sanitaria, Catania continua a essere sotto i riflettori dell'Organizzazione mondiale della sanità e, di recente, è stata individuata come polo sanitario del Sud Italia e del Mediterraneo per le malattie infettive da parte dell'Osservatorio sulla Comunicazione Digitale dell'ONU.
Al di là dell'imponente macchina di intervento attivata al momento degli sbarchi e dei sofisticati dispositivi tecnologici messi al servizio della sanità pubblica, quali l'Alto Biocontenimento e le metodiche di biologia molecolare per l'isolamento e la diagnosi delle patologie infettive, ciò che realmente è da segnalare è il ruolo che la Sicilia, e in special modo Catania, continuano ad avere nella gestione dei flussi migratori lungo le proprie coste, trovando una risposta concreta a scenari di carattere internazionale.
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